Posts by: redazione

“Rifiuti: Alta tecnologia significa alto inquinamento”

Gli Ecologisti Democratici condividono l’azione dimostrativa realizzata questa mattina dagli attivisti di Greenpeace che hanno depositato davanti all’ingresso del ministero dell’Ambiente alcuni rifiuti elettronici denunciando la pessima e pericolosa gestione di questo tipo di materiale che in moltissimi casi non viene custodito e riciclato a norma di legge.

In Italia, il decreto legislativo 151 del 25 luglio 2005 impone infatti a tutti i produttori e importatori di apparecchi elettrici ed elettronici di occuparsi anche delle operazioni di trattamento e di recupero delle apparecchiature elettroniche inutilizzati o usurati. Il decreto recepisce la direttiva europea 2002/96/CE entrata in vigore 13 agosto 2005.

“Alta tecnologia – sottolinea Francesco Ferrante membro dell’esecutivo nazionale degli Ecologisti Democratici – diviene sinonimo di elevato inquinamento ambientale perché i rifiuti elettronici, che negli ultimi anni sono aumentati esponenzialmente, non gestiti correttamente rilasciano sul terreno sostanze altamente inquinanti come il piombo, il cadmio, il mercurio o il cromo”.

“Possibile – sottolinea Francesco Ferrante che occorrano questo tipo di azioni provocatorie per sollecitare il ministro ad emanare provvedimenti su una tematica di stretta attualità  che riguarda direttamente il suo dicastero e che rischia di mettere a repentaglio la salvaguardia del territorio e la salute dei cittadini?”.

“E’ stato inoltre stimato che un riciclo ottimale di tali apparecchi – conclude l’esponente Ecodem – potrebbe inoltre permettere notevoli risparmi pari a circa 2,8 milioni di tonnellate di petrolio all’anno. Inoltre, sarà  possibile recuperare materie prime preziose dai rifiuti, evitando lo sfruttamento di risorse naturali e di giacimenti. Un riutilizzo dei componenti che vanno dal 90 per cento per i grandi elettrodomestici e del 50 per cento per i piccoli strumenti elettronici”.

Un destino evitabile

In questo momento la priorità  assoluta – come istituzioni, come forze politiche, come singoli cittadini – è sostenere in tutte le forme possibili l’intervento della protezione civile in soccorso delle popolazioni colpite dal terremoto. Giustissimo.
Questo non è il momento delle polemiche sulle responsabilità  per le quali spesso in Italia le conseguenze di eventi naturali o comunque imprevedibili sono ingigantite dall’inadeguatezza complessiva dei sistemi urbanistici e del patrimonio edilizio. Giusto anche questo.
Però la tragedia accaduta in Abruzzo non chiede solo un efficace ‘pronto intervento’. Parla del presente, ma parla anche del futuro del nostro paese.
Ricorda a tutti che l’Italia ha sempre fatto i conti, e sempre dovrà  farli, con un rilevante, diffuso rischio sismico, che coinvolge buona parte dei nostri territori e riguarda milioni di persone. E ricorda due altre cose importanti. La prima è che l’età  media delle case italiane è relativamente alta, e dunque è alta la quantità  di immobili costruiti senza requisiti anti- sismici.
La seconda è che la qualità  media delle costruzioni realizzate negli ultimi decenni è relativamente bassa, e in particolare nel Sud (ma non solo) una notevole percentuale delle case di recente edificazione è abusiva: cioè si tratta di edifici costruiti senza nessun controllo né sulle caratteristiche statiche del progetto né sulla localizzazione. Queste due circostanze significano che centinaia di migliaia di italiani vivono in abitazioni totalmente insicure dal punto di vista anti-sismico.
Si è discusso molto nelle ultime settimane di piano-casa, termine decisamente improprio con cui viene indicato il progetto del governo di dare sostegno all’edilizia penalizzata dalla crisi liberalizzando la possibilità  allargare ville, villette, palazzine e di demolire e ricostruire palazzi o addirittura interi quartieri.
Mai come in questo caso, l’idea per come verrà  dettagliata può dare frutti benefici o avvelenati, cioè contribuire a rendere più moderno, efficiente, sicuro il nostro patrimonio edilizio, o invece portare nuove e più gravi ferite al territorio, al paesaggio e alla stessa sicurezza abitativa.
Nei prossimi giorni il piano edilizia darà  luogo, così pare, a un decreto legge del governo che ne fisserà  i criteri generali, e affiderà  alle regioni, come da Costituzione, il compito di trasformare tali indirizzi in norme specifiche e attuative.
Se nel decreto e poi nelle leggi regionali ci sarà  scritto che per accedere a bonus volumetrici e altri incentivi bisognerà  certificare la sicurezza anti-sismica dell’immobile da ampliare o di quello ricostruito – oltre che garantire la buona qualità  energetica di ristrutturazioni e ricostruzioni -, allora davvero avremo fatto un grande passo avanti per convivere al meglio col nostro ‘destino’ di paese a rischio di terremoti.

ROBERTO DELLA SETA FRANCESCO FERRANTE

Il piano casa ripudia Berlusconia

Berlusconi si fa bello dell’accordo fra Regioni e Governo raggiunto ieri sul cosiddetto piano casa. Ma la verità  è che quell’accordo in larga parte ha smentito clamorosamente gli annunci in cui si produsse lo stesso Berlusconi quando iniziò a parlare con i consueti toni trionfalistici del provvedimento.

Mentre la prima bozza del Governo obbediva all’ideologia berlusconiana del superamento di qualsiasi vincolo – più o meno giustificato – e prefigurava un pericolosissimo condono preventivo che avrebbe causato scempi in un territorio, che da una parte custodisce cose preziose e dall’altra ha già  dovuto sopportare gravi devastazioni, l’accordo di ieri si muove nel solco della riqualificazione energetica dell’edilizia che era al centro anche della proposta del PD e delle richieste della parte più avanzata di quel settore industriale e che può davvero costituire un volano di sviluppo, una parte di quella manovra anticiclica che la crisi reclamerebbe e che questo nostro Governo inane si rifiuta di mettere in campo.

Intanto va rivendicato alla reazione dell’opposizione e delle Regioni l’aver sventato il blitz che mirava a espropriare le Regioni stesse delle loro prerogative costituzionali.

Nel merito del provvedimento, per Berlusconi si sarebbe potuto operare qualsiasi ampliamento anche in deroga ai Piani Regolatori, e questa deroga le Regioni l’hanno cancellata; Berlusconi avrebbe voluto innescare una compravendita dei diritti di ampliamento, anch’essa sparita dall’accordo finale; Berlusconi non avrebbe voluto porre alcun limite territoriale agli interventi edificatori e invece l’accordo prevede che le Regioni possano escludere zone vincolate, quali ad esempio le zone B e C dei parchi (nelle zone A resta in vigore il vincolo di inedificabilità  assoluta).

Ma il punto forse più importante è che la possibilità  di aumento del 35% delle volumetrie in caso di demolizione e ricostruzione viene  vincolato a interventi di riqualificazione energetica, che uscendo dalla genericità  dell'”auspicio” come era nella formulazione berlusconiana, può diventare il vero volano di sviluppo appunto. Ovviamente come ogni accordo a maglie larghe, la sua concreta applicazione da parte delle Regioni andrà  attentamente sorvegliata, per evitare che inevitabili vaghezze dell’accordo siano interpretate da Governatori più spregiudicati per un via libera a scelte pericolose per il governo del territorio. Ma intanto un punto lo abbiamo segnato contro questa destra irriducibile che ritiene le questioni ambientali solo un impaccio e mai un’occasione anche economica. D’altra parte se non si tiene conto di questa “ideologica” contrarietà  non ci si potrebbe spiegare l’assurda mozione sull’ambiente della destra al Senato dove testualmente si definisce “moderato” il riscaldamento terrestre, si mette in dubbio l’origine antropica dei mutamenti climatici e si conclude che se pure ci fosse un qualche innalzamento della temperatura questo sarebbe da salutare positivamente per i suoi benefici (sic!). Ebbene sì, Berlusconi, unico leader al mondo, si presenta ai vertici internazionali con il biglietto da visita della sua maggioranza negazionista: chissà  che ne pensa quel Presidente degli Usa che gli ha appena chiesto di organizzare un vertice su clima ed energia in occasione del G8 della Maddalena?

La questione ambientale si conferma una di quelle su cui maggiormente si misura la distanza fa noi, il Partito Democratico, e questa destra. E su questo tema, innegabilmente, siamo noi avanti, siamo noi in sintonia con i più innovativi governi del mondo (alcuni persino di centrodestra) e sono loro, i berluscones, che arrancano in difesa e in difficoltà . Ma per trasformare questo nostro vantaggio in consenso si deve anche formare al nostro interno una classe dirigente sul territorio in grado di cogliere questa opportunità , ed è questo uno degli obiettivi più importanti della Scuola di Formazione sull’ambiente del Partito Democratico che si inaugura proprio oggi ad Amalfi.

1 605 606 607 608 609 745  Scroll to top