Giusto, come dicono in molti, non considerarlo una resa dei conti, un “ok corral” dove chi vince piglia tutto. Ma il congresso di ottobre peserà eccome sul futuro del Pd, anzi deciderà in buona misura di cosa il nostro partito sarà nei prossimi anni. E’ qui la ragione vera del sostegno di gran parte degli ecologisti democratici a Franceschini; nella convinzione che se il Partito Democratico ripiegherà dall’ambizione di essere altro, di essere di più che la somma tra post-comunisti e post-popolari, se diventerà , come a noi sembra che proponga nei fatti Bersani, l’omologo italiano delle socialdemocrazie europee con una sventagliata di cattolici di sinistra e al massimo qualche spruzzatina di innovazione liberale, allora sarà molto più difficile promuovere l’ambiente da capitolo non eliminabile di qualsiasi programma, a vera e fondamentale parola chiave del Pd, della sua lettura della società e della sua proposta di cambiamento.
L’ambiente è questione squisitamente contemporanea, estranea ai riformismi e alle culture popolari del Novecento; per questo, da una parte, ha bisogno di occhiali diversi da quelli tradizionali per essere visto, letto, capito, e dall’atra rappresenta un formidabile nuovo strumento e leva di cambiamento.
Purtroppo rimane ancora oggi uno scarto molto grande tra l’attenzione, la sensibilità , la passione persino, che suscitano le questioni ambientali in chi vota Pd, e l’elaborazione del gruppo dirigente, che come d’altronde gran parte della classe dirigente italiana – rappresentanze imprenditoriali e sindacali, media – è su questo drammaticamente in ritardo . In ritardo rispetto a ciò che chiedono i cittadini, le imprese più dinamiche, soprattutto i giovani, e in ritardo rispetto alle proposte delle più autorevoli leadership internazionali. Molti hanno ironizzato, e Paolo Franchi sul Corriere più esplicitamente di altri, su un’ espressione colorita usata giorni fa da Francesco Rutelli. Ma è del tutto evidente che la “botta di culo” cui si riferiva colui che tra i leader del Pd è il più sensibile e attento alle questioni ambientali – forse proprio perché non è mai stato né democristiano né comunista – non era quella di avere dato vita al Pd, scelta niente affatto fortunosa e che al contrario nasce da una forte volontà soggettiva di alcuni dirigenti e di alcuni milioni di cittadini che parteciparono alle primarie dell’ottobre del 2007, bensì al fatto che quell’atto di fondazione fosse coinciso con la crisi pressoché definitiva della classica socialdemocrazia europea e con l’avvento sulla scena di Barak Obama. Ed è proprio ai fenomeni internazionali più nuovi e densi di speranza per il futuro – la coalizione messa insieme da Cohn Bendit in poche settimane in Francia attorno agli ambientalisti e che ha ottenuto uno straordinario risultato elettorale, e ancora di più ovviamente la presidenza Obama – che il Pd dovrebbe guardare per trarre nuova linfa e proporre le idee adatte a questo Paese, nel pieno della crisi economica. Dovremmo, dobbiamo guardare alla felice intuizione e pratica di Obama in cui sono tutt’uno l’impegno per la giustizia sociale – la difficilissima battaglia sulla riforma sanitaria – e l’impegno per affrontare i cambiamenti climatici che tiene insieme motivazioni etiche (“salviamo il pianeta”) e convenienze economiche (“liberiamoci dalla dipendenza dal petrolio e dai Paesi che lo producono”).
Questa visione, qui da noi, fa fatica ad affermarsi. Nella mozione con cui Dario Franceschini ha proposto la sua candidatura alla segreteria del Pd, questi temi sono invece chiaramente affermati, e sono esplicitati con chiarezza alcuni “sì” e altrettanti “no” che servono a disegnare la futura identità del Partito e la proposta politica concreta rivolta agli italiani. Ma perché le migliori intenzioni non restino tali, serve un protagonismo degli ambientalisti nel percorso congressuale: di questo si discuterà nell’incontro che terremo giovedì 30 luglio a Roma, all’Hotel Nazionale – “La sfida del Pd per il futuro dell’Italia. Ambiente e green economy, cultura, territori” -, che sarà concluso da Realacci e Franceschini, di questo e dell’opportunità di presentare liste ambientaliste, legate al territorio e alle migliori esperienze di valorizzazione delle qualità italiane, in vista delle “primarie” del 25 ottobre. Vogliamo che le nostre ragioni pesino altrettanto nel gruppo dirigente del Pd come nelle opinioni dei nostri elettori, e il congresso è un’occasione irrinunciabile per ottenerlo.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante