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Elogio del moralismo

Qualche anno fa all’ineffabile ministro Lunardi, l’ingegnere famoso per le gallerie che divenuto Ministro delle Infrastrutture finanziò parecchi tunnel in giro per l’Italia, scappò detto che visto che la mafia esisteva, le imprese dovevano farci i conti. Lo scandalo provocato, in alcuni, da quella dichiarazione finì però nel nulla, ed è forse da questa assuefazione del Paese, e comunque della sua classe dirigente, al malaffare, al cinismo della cattiva politica, persino alla convivenza considerata inevitabile con la criminalità  organizzata, che bisogna partire per comprendere sino in fondo molte delle difficoltà  che ha l’Italia nel liberarsi dalle vecchie incrostazioni ereditate dalla Prima Repubblica e che si sono aggravate in questo quindicennio. In nessun Paese del mondo libero, credo, si legge nell’editoriale del giornale più diffuso che la corruzione “va ridotta perché non è conveniente”. Eppure è proprio questo che Panebianco sostiene sul Corriere della Sera in polemica esplicita con quelli che lui chiama “moralisti”. Ma ve la immaginate una tesi simile sostenuta dal New York Times, Le Monde, El Pais, The Times ? Semplicemente impossibile. E certo non è che quei paesi siano immuni dalla corruzione politica, ma lì, la stessa, è considerata una “devianza” da colpire duramente se scoperta, non la normalità . Ed è questo che gli stranieri non capiscono quando guardano alla sostanziale indifferenza con cui i grandi media italiani – a parte la vistosa eccezione del giornale-partito che lo avversa – osservano le vicende “private” del premier. Non certo il fatto che qualche politico, seppur di primissimo piano, sfrutti il proprio potere per ottenere favori sessuali da qualche donna compiacente, ma che questo comportamento non venga considerato talmente vergognoso da doverlo nascondere. Si favoleggia delle “avventure” di molti Presidenti Usa (a partire dal più famoso e venerato Kennedy), ma l’unica volta che quella avventura fu provata insieme alla bugia che la voleva nascondere, Clinton pagò un prezzo politico altissimo e i media (anche quelli della sua parte politica) non gli fecero alcuno sconto. C’è una qualche ipocrisia in questo approccio? Sapere che “tutti lo fanno” , ma farla pagare solo a chi viene scoperto? Ma allora bisognerebbe spendersi in un elogio collettivo a questa ipocrisia! Se non recuperiamo, seppur considerando tutte le “complessità ” che si vogliono, alcune sane discriminanti per cui è chiaro cosa è “bene” e cosa è “male”, sarà  difficile lavorare su un senso di identità  nazionale nuovo che sappia dare speranze e forza a questo Paese: Saviano è “giusto, Pecorella è “sbagliato”; pagare le donne per fare sesso è pratica “umiliante”; mischiare interessi privati, economici con funzioni pubbliche non è “ammissibile”, e ciò vale per Berlusconi ma anche per ogni amministratore; stipendi e consulenze milionarie non sono “compatibili” specie in periodi di crisi.
Parole chiare che il Partito Democratico deve dire per offrire di sé al Paese l’immagine “giusta”, con l’orgoglio di considerale, non patrimonio di una “minoranza”, ma al contrario fondamentali proprio per conquistare il consenso dei nostri concittadini sufficiente per tornare a governare il Paese.

Francesco Ferrante

Il Passante di Mestre: una storia esemplare

Una storia esemplare, ma non c’è peggior sordo di non vuol sentire. Così si potrebbe riassumere ciò che è avvenuto sabato scorso sul Passante di Mestre e i relativi commenti di politici, amministratori e anche molti giornalisti. I fatti: il Passante di Mestre, grande opera pubblica inaugurata poche settimane fa da Berlusconi, Galan e compagni in pompa magna alla presenza di imprenditori e rappresentanti di media e istituzioni varie, l’opera simbolo della “vittoria contro il fronte del no”, l’opera pubblica che sarebbe stata la prima di una serie che avrebbe finalmente messo in pari il nostro Paese con l’Europa sul piano delle infrastrutture, è andata clamorosamente in tilt alla prima prova seria e si sono create file di 30 (trenta) chilometri di automobilisti esasperati. Era difficile da prevedere? No, non lo era affatto (e appare sinceramente ridicola l’inchiesta aperta successivamente dall’Anas): chiunque ne sappia un po’ di trasporti avrebbe potuto prevedere che sabato 1 agosto si sarebbe creato un volume di traffico, che per un’antica ma non superabile legge della fisica – l’impenetrabilità  dei corpi – avrebbe determinato l’ingorgo. E’ inevitabile e peraltro, come dimostra la storia in tutto il mondo – si pensi alle highways di Los Angeles -, che grandi strade chiamino traffico, sono miele per le api (automobili). E davvero si resta senza parole , quando per spiegare il problema si scopre il nuovo “diavolo”: la mancanza della terza corsia sulla A4 (Venezia – Trieste) che avrebbe creato l’imbuto e il fatto (ma che sorpresa!) che le mete marine di Croazia e Slovenia quest’anno sono molto ambite. Di grazia, cosa pensano Tondo, Galan, il suo assessore, ma anche Sergio Rizzo del Corsera? Che con le tre corsie si debba arrivare di fronte al portone dell’appartamento in Slovenia che il nostro concittadino ha deciso di affittare per le sue vacanze di quest’anno? Potremmo spostare l’imbuto più a est o più a ovest, ma se non cambiamo sistema di trasporti, le modalità  con cui scegliamo di muoverci il problema non lo risolveremo mai. Non si tratta qui di discutere se fosse giusto o meno spendere un miliardo di euro per il Passante. Anche Legambiente aveva inserito quell’opera tra quelle utili e “da fare”. Ma ciò che veramente non è più sopportabile è che anche questa piccola storia esemplare non aiuti a capire che non esistono “opere salvifiche”, che non ha senso inseguire gli ingorghi, che bisognerebbe invece fare investimenti straordinari sul ferro e spostare persone e merci dalla gomma alla rotaia, e che solo così si potrebbe “organizzare” meglio il traffico, con la consapevolezza che comunque sabato 1 o anche 8 agosto sono giorni eccezionali e se si vuole (o si deve) partire proprio quel giorno in auto ci si deve rassegnare a stare in coda.
P.S. Abbiamo dovuto leggere in questa occasione anche la solita litania sugli “ambientalisti del no” che avrebbero posto ostacoli, persino impedito di costruire un’area di servizio (sic!). Non mi risulta però che siano stati comitati di ambientalisti a fermare la ristrutturazione della Salerno – Reggio Calabria (altro immancabile luogo di ingorghi). Se per il futuro si potesse dismettere anche quest’altro luogo comune per cui è la sindrome nimby a bloccare lo sviluppo del Paese, forse aiuterebbe.

Francesco Ferrante

Sacchetti di plastica: rinviato il divieto di produzione nonostante le richieste di mercato e consumatori


  

“Ancora una volta Berlusconi cancella o rinvia l’entrata in vigore di una norma a sostegno dell’ambiente e che favorisce la competitività  dell’industria più innovativa”: questo il commento di Francesco Ferrante, dell’esecutivo nazionale degli Ecodem sul il rinvio di un anno dell’entrata in vigore del divieto di produzione e commercializzazione dei sacchetti di plastica, introdotto nel decreto anticrisi sul quale la Camera dei Deputati voterà  la fiducia nei prossimi giorni.
 

“Quel divieto che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2010 – prosegue – fu introdotto con la Finanziaria 2007 con tre anni di anticipo proprio per dare il tempo all’industria chimica di riconvertirsi e adeguarsi agli standard più innovativi che la ricerca e proprio l’industria italiana hanno prodotto realizzando sacchetti in plastica biodegradabile provenienti dal mais”.
 

“il governo però non ha fatto ancora niente, non ha avviato la sperimentazione che avevamo previsto nella stessa norma e non trova di meglio da fare che sospendere l’entrata in vigore del divieto alla vigilia. Per fortuna il mercato e le richieste dei consumatori stanno andando spontaneamente in quella direzione: le industrie innovative godono di sempre maggior successo e aumentano le produzioni di sacchetti ‘ecologici’. Tra industria e agricoltura crescono anche accordi innovativi di filiera per realizzare sul territorio vere e proprie ‘bioraffinerie’, e anche le grandi catene di supermercati si stanno attrezzando per offrire volontariamente ai consumatori alternative alla plastica inquinante”
 

“Un governo lungimirante – conclude Francesco Ferrante – dovrebbe sostenere questi sforzi in modo da contribuire alla difesa dell’ambiente e rafforzare la capacità  competitiva del nostro paese senza nascondersi dietro un’inutile e controproducente proroga. Basti pensare che un sacchetto di plastica disperso nell’ambiente impiega oltre 400 anni per distruggersi mentre il nuovo shopper biodegradabile pochi mesi. Nel corso del 2008 in Italia si sono prodotti 300 mila tonnellate di buste in plastica: l’equivalente di 430mila tonnellate di petrolio e si stima che la Co2 emessa in atmosfera derivante da tale produzione sia di circa 200mila tonnellate annue”.

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