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Quanti altri morti per avere Dl su dissesto idrogeologico?

“Ieri ennesimo stop del governo a Bertolaso e Prestigiacomo”

“Non è bastata l’ennesima tragedia, la levata di scudi di Bertolaso e il richiamo alla linea della responsabilità  del presidente Napolitano per mandare in porto il decreto legge da un miliardo di euro per la difesa del suolo. In un anno, il 2009, denso di tragedie e morti causate dal profondo dissesto idrogeologico in cui versa  il nostro Paese, il ministro Prestigiacomo incassa l’ennesimo, gravissimo, nulla di fatto in Consiglio dei Ministri. Quanti altri morti ci vorranno prima che il governo Berlusconi si decida a trovare le risorse per un programma serio e urgente di messa in sicurezza del territorio?”. Lo dicono i senatori del Partito democratico Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Ieri mattina – proseguono i due senatori ecodem –  dopo tanti tentennamenti, pareva cosa fatta l’approvazione del decreto legge, tanto da spingere il principale giornale economico italiano a parlare di ‘evitata figuraccia e accusa di irresponsabilità ’. Dopo l’alluvione in Piemonte della scorsa primavera – sottolineano i senatori ecodem –  e le recenti tragedie di Messina e Ischia, quest’anno gli italiani hanno pienamente compreso quale sia il rischio permanente che si corre, quale  prezzo sta pagando il nostro Paese per aver devastato il territorio con enormi e incontrollate colate di cemento. Invece – proseguono Della Seta e Ferrante – i cittadini italiani assistono alla distribuzione, da parte del Cipe, di fondi per ogni genere di opere mentre al piano per la difesa del suolo spetta ancora il ruolo della cenerentola. L’Italia non può più aspettare: è necessaria una forte assunzione di responsabilità  e una chiara volontà  politica, destinando alla manutenzione del suolo le necessarie risorse. Senza disperderle in mille rivoli o, peggio, utilizzarle per opere faraoniche dalla dubbia utilità .” – concludono Ferrante e Della Seta.

Giustizia: il “processo breve” la nega ai carcerati, e in prigione si continua a morire

“Ogni anno muoiono nelle carceri mediamente 150 persone per cause che non sono sempre certe, ma che anzi, come nei recenti e noti fatti di cronaca, sollevano serissimi dubbi. Cucchi, Saladino, Bianzino, detenuti in vari istituti del nostro Paese, non sono i primi a morire in situazioni poco chiare in un penitenziario e, se il sistema carcerario non cambia, probabilmente non saranno gli ultimi. Ma col ‘processo breve’ il Governo ha pronta la legge che tra l’altro nega giustizia proprio ai detenuti ”. Lo dice il senatore Francesco Ferrante(Pd), reannunciando un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia.
“Il caso del povero Stefano Cucchi – dice ancora Ferrante – ha acceso i riflettori sulle morti sospette che avvengono tra le mura di un carcere, che secondo il dossier di Ristretti Orizzonti ‘Morire di carcere’, sono dal 2000 ad oggi 1531, di cui un terzo classificate sotto la dicitura ‘cause da accertare’. Il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria afferma che vi è una discrepanza tra questi dati e quelli in suo possesso, mentre sono inconfutabili le cifre che lo stesso Dap fornisce sulle presenze in carcere: 65.416 persone sono attualmente detenute negli istituti di pena italiani, il maggior sovraffollamento dal dopoguerra ad oggi, un numero che supera di ben 2000 unità  il limite di tollerabilità . Nel frattempo – continua Ferrante – il numero dei detenuti va aumentando e ci si avvicina inesorabilmente a quello che il Dap ritiene il punto di caduta: quota 70mila detenuti. Tutto questo – aggiunge il senatore Pd – in vista del piano carceri più volte annunciato da Alfano. In questo contesto di vera e propria emergenza il Paese assiste al tentativo della maggioranza di varare la legge Gasparri – Quagliariello sul ‘processo breve’ che dovrebbe abbreviare a sei anni complessivi la durata dei processi. Nelle intenzioni della maggioranza, se l’imputato è incensurato e il primo grado supera i due anni, il giudizio decade; se non si sono commessi reati prima, o semplicemente non si è stati colti in flagranza, in due anni dunque si archivia tutto. Tutto ciò con buona pace del diritto alla precedenza che spetterebbe agli imputati già  detenuti, che dividono celle da due con quattro, sei persone o più, e degli agenti penitenziari sottoposti a difficilissime condizioni lavorative perché impegnati con un drammatico soprannumero di detenuti.” – conclude Ferrante.

Sull’ambiente e sulla questione morale, così non basta

Non poteva parlare di tutto Pier Luigi Bersani nel suo discorso d’insediamento da segretario del Pd. Doveva parlare dell’essenziale, ed è questo che ci preoccupa. Il pochissimo che ha detto sulla questione ambientale e sul peso che essa ha nella sua idea di Partito Democratico (soltanto un breve accenno all’utilità  della “economia verde”) e il quasi nulla che ha detto sulla questione morale e sul suo peso nell’azione politica e di governo del Pd in giro per l’Italia, riducendo il problema a casi spiacevoli e deplorevoli di deviazioni individuali, lasciano temere che per lui questi due temi non siano “l’essenziale”.
Qui c’è una vistosa differenza dalle premesse e dalle speranze da cui è nato il Pd: nelle quali erano centrali tanto l’ambizione di ricostruire il legame di fiducia spezzato tra i cittadini e la politica, quanto il progetto di allargare lo sguardo oltre l’orizzonte delle tradizioni socialiste e cattoliche democratiche, per mettere in campo una prospettiva riformista con la testa e le gambe nel presente, capace di riconoscere e valorizzare bisogni, problemi e ambiti di progresso inediti a cominciare proprio da quelli evocati dall’ambiente.
E qui, soprattutto, c’è una grande distanza dalla consapevolezza che su questi due terreni si gioca una bella fetta del futuro del Pd e del futuro dell’Italia.
Che il Partito Democratico debba sentirsi direttamente e pesantemente interrogato dal crescente appalesarsi di un diffuso e pervasivo  costume politico che nel migliore dei casi replica i modelli del più classico clientelismo e di un rapporto opaco con interessi privati, e nel peggiore sconfina nell’aperta illegalità  o addirittura nella complicità  con interessi criminali, ci pare difficile da negare. E’ un dato  di tutta evidenza, confermato dalle numerose inchieste giudiziarie che in particolare nel Sud ma pure altrove vedono coinvolti nostri eletti ed amministratori, come  da recenti fenomeni di tesseramento abnorme (il Pd che nella provincia di Caserta ha più iscritti che in Lombardia) o da casi eclatanti e raccapriccianti come il killer camorrista di Castellammare candidato a coordinatore del circolo del Pd. Questo problema va guardato in faccia e va preso di petto con scelte coraggiose di discontinuità , che a partire dalle prossime elezioni regionali offrano al giudizio degli italiani un Partito Democratico ripulito da mele marce, capi bastone, feudatari vari: solo così saremo credibili come forza “di alternativa”, solo così avremo davvero le carte in regola per contrapporci a una destra rappresentata in Campania da Nicola Cosentino o in Parlamento dal senatore Fazzone, padre politico della giunta di Fondi che il ministro Maroni avrebbe voluto sciogliere perché infiltrata dalla mafia. Su questo aggiungiamo una postilla: sarebbe paradossale se il Pd, che chiama a votare i suoi elettori per eleggere il segretario e giustamente contesta l’attuale legge elettorale che sottrae ai cittadini e consegna ai leader di partito la scelta dei parlamentari, decidesse senza primarie, dunque per cooptazione, chi saranno i candidati governatori alle prossime elezioni regionali.     

Quanto al posto che deve avere la questione ambientale nel profilo del Pd, ci limitiamo a due banali constatazioni: oggi l’ambiente è un tema di prima fila nel discorso pubblico di tutte le grandi forze riformiste, che si chiamino socialiste, democratiche, liberali o verdi, un tema strettamente intrecciato con le analisi e le proposte sullo sviluppo e sulle stesse strategie contro la crisi economica; e oggi sarebbe impensabile per qualsiasi leader progressista di qualsiasi Paese del mondo presentare la sua visione politica tacendo del tutto che fra poche settimane si terrà  a Copenaghen un appuntamento – la Conferenza mondiale sul clima – considerato da tutti decisivo per la possibilità  di salvare l’umanità  dal collasso climatico.

Per tutto questo noi ci auguriamo che Bersani sappia rapidamente integrare e rendere centrali la questione morale e la questione ambientale nella costruzione del “suo” Pd. Che sappia sorprenderci, e smentire le nostre preoccupazioni, con atti simbolicamente forti. Gliene suggeriamo due fra i tanti possibili: perché non chiede, come altri hanno già  fatto, a Roberto Saviano di candidarsi per il centrosinistra alla presidenza della Regione Campania? E perché tra i suoi primi viaggi all’estero non ne programma uno a Copenaghen nei giorni della Conferenza sul clima, per chiarire che di questo tema, l’impegno per fermare i cambiamenti climatici, il Pd farà  una propria bandiera?  

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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