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Volontariato: decreto aumento 500% tariffe postali mette in ginocchio il no profit

“Che questo Governo non avesse molto a cuore le sorti del terzo settore, quello dell’associazionismo e del volontariato, ce ne eravamo già  accorti con l’odissea del 5 per mille, misura tenuta in dubbio e in stand by per mesi. Ma che ora addirittura si tarpino le ali a migliaia di associazioni, praticamente impedendo loro di effettuare una campagna informativa o di raccolta fondi, con un aumento del 500% delle tariffe di spedizione postale, è una cosa indegna per un Paese che del volontariato e dell’associazionismo non può assolutamente fare a meno.” – lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, preannunciando un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico.
“L’abolizione delle tariffe postali agevolate, decisa dal Governo con un vero e proprio colpo di mano, comporterà  per larghissima parte del mondo non-profit l’impossibilità  di comunicare con i propri associati o donatori, compromettendo l’essenza stessa dell’associazionismo che si basa prevalentemente sulle sovvenzioni dei privati. La parziale toppa messa dal Governo, con la possibilità  di riconsiderare le tariffe agevolate nel corso del 2010, unisce il danno alla beffa, perché è proprio in questi mesi di vitale importanza per le associazioni spedire il  materiale informativo.”
“Una mossa azzardata e miope quella del governo, che colpisce al cuore uno dei settori più vitali e preziosi della vita sociale del Paese, cui occorre mettere subito rimedio ripristinando le tariffe postali agevolate” – concludono Della Seta e Ferrante.
 

Roma 7 aprile 2010

Carceri: molte sono Cayenne, ma il Governo pensa solo all’edilizia

“Il livello di suicidi nelle carceri italiane è un dato di enorme gravità , che è miope sperare di risolvere innalzando la capienza massima delle strutture di detenzione. Dall’inizio dell’anno sono 16 le persone che si sono tolte la vita in un penitenziario, e l’ultimo caso, quello di Romano Iaria nel carcere di Sulmona, ci pone di fronte ad una questione gravissima perché in quella ed in altre strutture carcerarie i suicidi e le morti sospette si susseguono con una frequenza inquietante, che fa inorridire e pensare ad una moderna Cayenna”. Lo dichiara il senatore del PD Francesco Ferrante, che ha presentato sul drammatico fenomeno delle morti nelle carceri e nei Cie già  8 interrogazioni al governo, senza mai ricevere risposta.

“àˆ in corso una strage silenziosa continua Ferrante -che colpisce alcune carceri più di altre: solo nel carcere di Cagliari, con una presenza media di 500 detenuti, vi sono stati 21 morti in 7 anni, mentre, per fare un paragone, a Regina Coeli a Roma, nello stesso periodo ci sono stati 20 decessi, ma a fronte di più di 1.000 detenuti, dunque un tasso doppio rispetto al sovraffollato carcere romano. Il sovraffollamento è senza dubbio un delle maggiori fonti di disagio per la popolazione carceraria e per il personale di sorveglianza, ma non è assolutamente da sottovalutare lo stato di prostrazione e inedia cui sono obbligate le persone, come Romano Iaria, che si trovano recluse nelle cosiddette ‘Case di lavoro’, che a dispetto del nome non offrono nessuna o quasi attività , anzi nel caso in questione del carcere di Sulmona costringono l’internato a vivere per venti ore al giorno nella propria cella, che è uno spazio di nove mq per tre persone. Quello che invece prospetta l’imminente ‘Piano carceri’ del Governo è la creazione di 47 nuovi padiglioni e 18 nuove carceri ‘flessibili’ (sul modello delle case del post-terremoto all’Aquila) che assieme ad altre strutture penitenziarie porteranno entro il 2012 alla creazione di quasi 22mila nuovi posti, con un’ordinanza che affida al Commissario straordinario Franco Ionta poteri speciali, tali da poter agire in deroga alle normali procedure, con la segretazione delle gare di appalto e avvalendosi della Protezione Civile, e un finanziamento di 600 milioni di euro.”“Un piano carceri dunque conclude Ferrante – che è teso solo a sostenere l’edilizia carceraria in deroga alle procedure ordinarie, mentre per rendere più umane le condizioni della vita quotidiana nei penitenziari occorre aumentare la pianta organica delle guardie carcerarie, occorre diradare le carceri attraverso il ricorso, quando possibile, alle pene alternative, che vanno finanziate, e garantendo a chi sta scontando la pena un adeguato sostegno psicologico.”

La sfida del Pd resta al palo

Onore a Sandro Bondi, che si è detto deluso per l’arretramento del Pdl rispetto alle elezioni politiche del 2008 e alle europee dello scorso anno. Se si adotta lo stesso metro, onesto e realistico, appare davvero inspiegabile parlare, come ha fatto Bersani,  di “inversione di tendenza” o addirittura dichiararsi soddisfatti del risultato del Pd e del centrosinistra.

Inversione di tendenza? Il Pd è attorno al 26%, dunque al suo minimo e ha perso un milione di voti anche rispetto alle ultime europee. Siamo il primo partito solo nelle regioni “rosse”, mentre in Lombardia e in Veneto siamo terzi dietro Pdl e Lega. Quanto al centrosinistra, ha tenuto bene nell’Italia “appenninica”, dove le sue posizioni erano più solide e tradizionali. L’unico vero successo quello in Puglia, il cui merito va per metà  alla popolarità  e alla tenacia di Nichi Vendola, che non è un uomo del Pd e che una parte del Pd ha fatto di tutto per non ricandidare, e per metà  a Raffaele Fitto, che rifiutando l’appoggio del Pdl alla Poli Bortone ci ha consentito di vincere.

Bisogna guardare in faccia la realtà , non raccontare e raccontarsi favole consolatorie. In un quadro che più favorevole non si poteva – elezioni di mezzo termine tradizionalmente sfavorevoli a chi governa, crisi economica in atto, prevedibile aumento dell’astensionismo che per opinione generale avrebbe penalizzato la destra, pasticci del Pdl sulle liste  – il centrosinistra e il Pd escono gravemente sconfitti da questa tornata elettorale. Le Regioni più popolose sono tutte in mano al centrodestra, nel nord comanda la Lega e nel sud , Puglia e Basilicata a parte, il Pdl; e dato non meno rilevante, il centrosinistra è diventato minoranza nella Conferenza Stato Regioni, che gioca un ruolo decisivo su molte materie di governo.

Il Pd perde colpi, e  non va meglio per i nostri esangui alleati di sinistra né per l’Udc che galleggia. Insomma non è proprio questione di alleanze, piuttosto vengono al pettine nodi irrisolti, irrisolti soprattutto per noi, di questi vent’anni di transizione italiana: un ventennio nel quale le uniche novità  nell’offerta politica apprezzate dai cittadini si sono manifestate a destra – la Lega, Forza Italia, la stessa An finiana -, mentre nell’altro campo, nel nostro campo, le sole novità  sono state nei nomi nuovi dati a cose vecchie. La stessa Idv, che riesce a intercettare la parte di elettorato più sensibile alla questione morale, nei suoi gruppi dirigenti in realtà  proviene in larghissima parte dalle seconde file della prima repubblica. E a proposito di questione morale: che titoli abbiamo per farne una nostra bandiera, come pretendiamo e come chiede la gran parte dei nostri elettori, se dove governiamo, in particolare nel Sud, mettiamo in mostra comportamenti politici che oscillano tra il più vecchio clientelismo e rapporti non proprio lineari con l’affarismo economico?

La novità  vera nel centrosinistra doveva e poteva essere il Pd, ma finora la sfida è rimasta al palo: anche il Partito democratico è stato fino a qui più che altro un nome nuovo dato a cose vecchie. Allora non ci sono scorciatoie: bisogna utilizzare i prossimi tre anni senza appuntamenti elettorali (paradossalmente augurandoci che le divisioni interne al centrodestra non esplodano prima) per ripartire dall’atto di nascita del Pd, dall’ambizione di offrire al Paese parole, idee, facce capaci di capirlo, il Paese; capaci di parlargli non soltanto di Minzolini o di quanto è cattivo Berlusconi o genericamente di lavoro, ma di proporre risposte credibili, concrete alle sue attese e ai suoi bisogni. Un solo esempio: possibile che con un mercato del lavoro sempre più precario, e con noi che ci riempiamo la bocca tutti i giorni di lotta al precariato, quegli stessi giovani precari continuino a votare imperterriti per Berlusconi e i suoi alleati? Tutti vittime del “Grande Fratello”, o non siamo piuttosto noi che non sappiamo vederne i problemi, le attese, le aspirazioni?

Per il Pd i risultati di queste elezioni sono come per i corridori la campana dell’ultimo giro di pista: o cambiamo passo per riacciuffare il nostro avversario, utilizzando le scarpe nuove che ci eravamo scelti nell’ottobre 2007, oppure questa  esperienza politica finirà , lasciando l’Italia con i suoi grandi problemi e senza un’autentica speranza riformista.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

 

 

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