Legambiente: la sfida verde compie trent’anni
Trent’anni fa nasceva Legambiente. E’ passato veramente tanto tempo, basti dire che il suo primo presidente è stato Chicco Testa, a quel tempo comunista convinto e anti-nuclearista duro e puro, e che l’Italia di calcio doveva ancora vincere il suo primo mondiale del dopoguerra.
La sede iniziale dell’associazione fu in due stanze di un ufficio dell’Arci, l’associazione culturale dei partiti di sinistra, in coabitazione con l’Arci Caccia. Contiguità forse paradossale, o forse già un segno dell’originalità , per qualcuno dell’anomalia, del nostro ambientalismo, una prima traccia di ciò che volevamo diventare: un’associazione ecologista molto radicale nelle idee e nelle proposte, ma decisa ad aprire la questione ambientale alla contaminazione con mondi, interessi, bisogni apparentemente lontani. Decisa ad utilizzare la ragione ecologica, come spesso ricorda Ermete Realacci, non solo per denunciare i mali dell’ambiente maltrattato, ma soprattutto quale leva per un cambiamento sociale complessivo. Questa ispirazione ci ha spinto, di volta in volta, a condividere analisi e proposte sulla tutela della fauna insieme con i cacciatori, sul no agli Ogm con gli agricoltori, sull’edilizia e l’urbanistica sostenibili con le associazioni dei costruttori, sulla lotta alle ecomafie con l’Arma dei Carabinieri, sul buon governo del territorio con centinaia di sindaci di piccoli comuni.
Oggi Legambiente è un’organizzazione grande e solida. Non tocca a noi che ne abbiamo diviso gran parte del cammino, tracciare il bilancio di questi tre decenni. Qualcosa invece ci preme dire sul presente e sul futuro dell’ambientalismo. Di fronte a problemi planetari drammatici come il riscaldamento globale, di fronte a una crisi globale che vede saldate crisi finanziaria, economica, energetica, di fronte a problemi italiani che sembrano quasi perpetui come il dissesto di larga parte del nostro territorio o l’estrema difficoltà del Paese, delle sue classi dirigenti, ad imboccare la via di una vera innovazione industriale e produttiva che nel segno della sostenibilità , chi si batte per le ragioni dell’ecologia non ha che una scelta: moltiplicare gli sforzi perché l’ambiente sia pienamente assunto, nella consapevolezza delle persone e nelle scelte di chi decide anche per gli altri, come pietra angolare del progresso.
Per vincere questa partita bisognerebbe che i “corpi intermedi” – l’associazionismo, il volontariato, il terzo settore, le innumerevoli forme della cittadinanza attiva -, forse i presìdi principali dell’interesse generale in un Paese che nella politica come nella società appare sempre più frammentato e ripiegato, prendessero un po’ più di spazio nel dibattito pubblico, che mostrassero un po’ più di civile “arroganza”. Altrimenti si corre il rischio che le mille Legambiente che ci sono facciano egregiamente il loro mestiere, e che intanto l’Italia se ne vada alla deriva.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante