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Agenzia nucleare è braccio propagandistico del Governo

ORA VERONESI SI DIMETTA DA SENATORE
 

“L’Agenzia  per  la  sicurezza  nucleare  nasce  con  grande  ritardo,  e a
prescindere  dalle  nomine,  l’organo,  non  essendo  prevista  dalla legge
nessuna  caratteristica  di  indipendenza  e  terzietà , sarà  unicamente  il
braccio  operativo   del  Governo,  col  compito  di propagandare la scelta
nucleare,  più  che  di  vigilare  in autonomia sulla sicurezza delle nuove
centrali e dei depositi per le scorie”.
Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Ci  dispiace  che  Veronesi,  persona  di così larga autorevolezza, si sia
prestato  a  un’operazione del genere. Del resto – aggiungono gli esponenti
ecodem  –  non si comprende per quale motivo sia un oncologo, il presidente
di un’Agenzia per la sicurezza sul nucleare. In Francia, presa come modello
da  Veronesi  stesso,  presidente  è un ingegnere, da 17 anni con incarichi
direttivi nel settore della sicurezza nucleare e direttore è un laureato in
fisica  teorica  che  ha  ricoperto  incarichi di vertice nel controllo sul
ciclo del combustibile e dei rifiuti”.
“Comunque  –  concludono  Ferrante  e Della Seta –  rivolgiamo al professor
Veronesi   i migliori auguri  e ci aspettiamo che in tempi rapidi, come più
volte    promesso,   si   dimetta   da   parlamentare,   essendo   evidente
l’incompatibilità  tra il suo ruolo elettivo e questo nuovo incarico”.

Rottamatori e lungimiranti

Nel Partito democratico si discute molto e molto ci si divide, ma le  

categorie di questa ricca dialettica interna sembrano tutte ben piantate nel  

Novecento. Chi sta con la Cisl e chi con la Cgil, chi fa l’apologia delle  

tute blu e chi dei colletti bianchi (che oggi si chiamano partite Iva), chi  

guarda alla sinistra radicale e chi al centro moderato, chi è laicista e chi  

è teodem. 

 

Novecentesco è anche il disagio di quei Democratici che sognando un Pd meno  

cattocumunista, o magari per ripulirsi dal “karma” di ex-comunisti, lo  

vorrebbero molto più “liberale”. E declinano questo bell’aggettivo nel segno di un amore e di una deferenza  assoluti per il mercato: come se il mondo  

fosse ancora quello di trenta o quarant’anni fa, se le crisi – ambientale,  

finanziaria, economica – di questi anni non avessero insegnato che un mondo  

lasciato alle regole spontanee del fare economico è sia iniquo che  

inefficiente. 

 

Non per riecheggiare il “rottamiamoli” del sindaco di Firenze Matteo Renzi,  

che insieme a Giuseppe Civati riunisce nei prossimi giorni a Firenze la  

convention, appunto, dei “rottamatori”, ma davvero viene da dire: che noia!  

Si cambi musica. 

 

Il punto non è solo generazionale. O meglio: se in Italia per il  

centrosinistra l’esigenza di un ringiovanimento dei gruppi dirigenti è così  

pressante, ciò dipende dal fatto che le leadership attuali, con rare  

eccezioni, hanno fatto tutte il loro apprendistato nella Dc e nel Pci: cioè  

in partiti le cui culture politiche, i cui criteri di analisi della realtà   

sono oggi largamente insufficienti per dare corpo a una vera e credibile  

prospettiva riformista.  E d’altronde: avevamo capito male o fu proprio da questa 

consapevolezza che nacque la scelta di fare, con il Pd, un partito “nuovo”?  

 

La resistenza dei gruppi dirigenti del Pd a dare adeguato spazio alla  

questione ambientale è un buon indicatore dell’estrema difficoltà  di questo  

cambiamento. La sottovalutazione del tema ambiente da parte di quasi tutti i  

leader e leaderini democratici è sconcertante, e va di pari passo con  

un’acuta insofferenza verso quanti ritengono e sostengono che sia  

impossibile costruire nel 2010 una grande forza popolare e riformista senza  

mettere l’ambiente nelle fondamenta. Ora, è mai possibile che in un partito  

dove gran parte dei dirigenti più importanti è cresciuto a pane e  

ideologia – l’ideologia vera e tragica del Novecento – gli unici a venire  

tacciati come “ideologici” siano gli ecologisti? E ancora una domanda: è più  

ideologico chi continua a considerare ambiente e sviluppo come un’antinomia  

e per esempio non è in grado di capire la differenza – in termini di utilità  generale – tra una nuova autostrada e una nuova ferrovia -, oppure chi chiede che un Paese in difficoltà  strategica come l’Italia punti, per il suo futuro nella  

globalizzazione e per il rilancio del sistema economico e industriale,  

sulla valorizzazione delle proprie risorse più tipiche, tra cui l’ambiente, e sull’innovazione ecologica? 

 

L’ambiente in questo nuovo secolo non si può più guardare come soltanto un  

prezioso bene comune. Evoca valori, bisogni, interessi dal peso crescente,  

evoca soggetti sociali rilevanti. E’ una priorità  tanto per settori significativi dell’economia reale quanto per segmenti di elettorato – quello giovanile, quello urbano – decisivi per far vincere i riformisti. E’ una priorità  crescente anche in questi tempi di crisi, sennò non si capirebbe come mai pesa sempre di più nelle parole identitarie del centrosinistra nel mondo: dalla Francia di 

“Europe à‰cologie”, alla Germania dove i Verdi nei sondaggi hanno raggiunto l’Spd, al Regno Unito dove il nuovo leader del Labour si professa ecologista. La ragione è che in settori non marginali delle nostre società  sta crescendo, sia pure in modo confuso e contraddittorio, la percezione che dalla crisi epocale in atto, che pone in particolare l’Europa davanti a un rischio evidente di rapido declino,  si esce non “more solito” ma cambiando almeno qualche parametro dell’idea di sviluppo. 

 

Il Pd è ancora in tempo per cambiare musica, la sua musica, facendosi  

ascoltare un po’ di più dai moltissimi che ci hanno votato e sono delusi e  

anche da tanti altri che potrebbero sceglierci se trovassero in noi una politica  

con gli occhi sul futuro. I “rottamatori”, ci pare, l’hanno capito:  

liquidarli come disfattisti sarebbe stupido prima che sbagliato. 

 

ROBERTO DELLA SETA 

FRANCESCO FERRANTE 

 

Per prefetto Brescia va bene il sole delle Alpi ma non la bandiera di Legambiente

“Mentre  centinaia di simboli politici della Lega sono ancora esposti nella
scuola  di  Adro,  un’innocua e solitaria bandiera di Legambiente posta dai
ragazzi  di  una  scuola  media di irmione sul cancello del loro istituto è
stata  rimossa  per  ordine dei carabinieri, sembrerebbe su indicazione del
Prefetto  di  Brescia. Ci troviamo evidentemente di fronte ad una questione
di  diversa sensibilità  o interpretazione della legge ,perché  il prefetto,
lo  stesso  per  molti  giorni  silente  sull’indecente questione dei ‘soli
padani,
ha  ritenuto  che  la  bandiera di un’associazione ambientalista, non di un
partito  politico,  non potesse campeggiare per qualche giorno sul cancello
di una scuola”.
Lo dichiarano i senatori del Pd Francesco Ferrante e Roberto Della Seta.
“Chiederemo  al  ministro  Maroni  con  un’interrogazione  parlamentare  se
effettivamente  sia  stato il Prefetto di Brescia a richiedere l’intervento
dei carabinieri.
Comunque sia – continuano gli esponenti democratici –  l’arrivo delle forze
dell’ordine   per   far    rimuovere    una   bandiera  di  un’associazione
ambientalista,  che  nei  giorni precedenti aveva coinvolto i ragazzi delle
scuole in una giornata ecologica per la pulizia delle spiagge, pare un atto
sproporzionato e che poteva avvenire con altre modalità “.
“Sarebbe grave – concludono i senatori Pd –  se l’episodio potesse
costituire un precedente e quindi permettere che sul territorio nazionale
si ripetessero iniziative incomprensibili volte a nascondere i simboli
delle associazioni del terzo settore operanti nel mondo della scuola”.

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