Posts by: redazione

No alla legge Maroni – Di Pietro. Applicare rigorosamente leggi vigenti e maggior prevenzione

“No alla sindrome di Genova, per garantire l’ordine pubblico e manifestazioni pacifiche è sufficiente applicare rigorosamente le leggi vigenti e fare una vera e scrupolosa attività  di prevenzione.
Fallì nel 1977 la legge Reale, anno terribile per il nostro Paese,  fallirebbe ancor di più oggi la legge Maroni – Di Pietro.”
Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
 
“E’ singolare – continuano i senatori del Pd –  questa comunanza di idee tra l’ex commissario Di Pietro, di estrazione politica non certo di sinistra e oggi spesso su posizioni populiste, e l’ex di Democrazia proletaria oggi Ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Le leggi speciali sono la risposta debole di un Governo che si è fatto sfuggire di mano una situazione largamente annunciata e prevedibile, perché è evidente che una presenza più massiccia di forze dell’ordine e una più capillare opera di prevenzione avrebbe dissuaso le frange più estremiste dal compiere gli atti criminali che hanno messo a ferro e fuoco la città  di Roma.
I violenti devono essere arrestati e puniti duramente, ma virare verso  uno stato di polizia comprimendo le libertà  e i diritti che sono costituzionalmente garantiti ai cittadini non è la soluzione.
Non vorremmo – concludono i senatori del Pd –  che l’intento del Ministro Maroni, che ha assecondato il dissanguamento dei fondi per far funzionare la sicurezza, ricalchi quello che lo stesso Oronzo Reale affermò essere il principio ispiratore della sua legge, ovvero migliorare lo stato d’animo delle forze di polizia e combattere i fenomeni di rassegnazione o di disinteresse che nascono da un lavoro svolto in condizioni estremamente difficili.”

Indignati sì, ma veri

Gli indignati che si ritrovano oggi a Roma e in mezzo mondo sono un fenomeno pieno di tante cose, tante suggestioni, tante persone diverse. Ma ci sono alcuni fili che queste cose, persone, suggestioni tengono insieme. Il primo filo e forse il più promettente è nel fatto che questo nuovo “popolo” – fatto non solo ma soprattutto di quei giovani che sentono di avere davanti una vita più incerta e meno attraente di quella toccata ai loro genitori –  sembra avere più chiaro di tutti che la crisi che sta rischiando di squassare le economie occidentali segna un salto d’epoca, che affrontarla con gli stessi strumenti, la stessa mentalità  che l’hanno creata non è possibile. Per esempio, si sono accorti gli indignati che per salvare il loro e il nostro futuro bisogna convincersi che la crescita, lo sviluppo, se avvengono a discapito dei beni comuni – l’ambiente, la coesione sociale, l’istruzione – non fanno crescere la ricchezza, alla lunga nemmeno la ricchezza economica. In questo, la loro “novità ” ne ricorda un’altra, l’irruzione improvvisa sulla scena pubblica un decennio fa dai movimenti di critica alla globalizzazione. Anche i “no-global” erano un movimento molto articolato e molto contraddittorio: diedero forma e voce a domande, bisogni, aspirazioni del tutto inedite, e al tempo stesso offrirono insperato rifugio a ragionamenti che appartenevano assai di più al Novecento che al nuovo millennio. Ma i “no-global” nella loro non lunga stagione hanno cambiato in meglio e ben oltre se stessi il punto di vista di tanti sulla modernità , cancellando soprattutto l’idea – per lungo tempo un pensiero unico assai frequentato anche a sinistra – che per restare protagonisti nel mondo globale tutti i Paesi, tutte le economie dovessero omologarsi ad uno stesso modello. 

Gli indignati pongono domande diverse, ma come i “no-global” hanno il merito di gridare a tutti che “il re è nudo”, che i problemi di oggi  impongono risposte che non vengano dal passato. Per questo sono importanti, per questo vanno ascoltati pure vedendone e segnalandone i limiti, i difetti, le confusioni cominciando da un rapporto ambiguo con il tema, decisivo, del no ad ogni forma di violenza. Vanno ascoltati anche in Italia e vanno ascoltati dal Pd, sebbene per la maggioranza di loro – dobbiamo dircelo – noi non siamo al momento un interlocutore. In Italia di una grande mobilitazione di indignati c’è un enorme bisogno: siamo il Paese europeo con più distanza tra ricchi e poveri, quello con la più alta percentuale di giovani senza lavoro e dove si fa di meno per tutelare i beni comuni,  quello governato nel modo peggiore sul piano della politica come dell’economia come dell’etica pubblica. Ma in Italia più che altrove si avverte il rischio che sotto l’etichetta degli indignati passino parole d’ordine, proposte, piccole leadership direttamente riciclate dal peggiore conservatorismo di sinistra: di chi, altro che “indignados”, pensa che le pensioni di anzianità  siano un totem,  di chi si oppone ogni volta che si prova a liberalizzare l’accesso a mercati chiusi e corporazioni professionali. 

Insomma, gli indignati possono portare una boccata d’ossigeno e possono portarla tanto più a casa nostra. Basta che siano veri. 

 

Roberto Della Seta 

Francesco Ferrante 

 

 

 

Condono per impianti rinnovabili sarebbe provvedimento scaigurato

“Se fosse confermato quanto anticipato da fonti di stampa in merito al proposito del Governo, su input del ministro delle Politiche agricole Romano, di fare un condono ad hoc per gli impianti di produzione elettrica da rinnovabili ci troveremmo di fronte a un provvedimento sciagurato, che premierebbe qualche furbetto e svilirebbe un intero settore virtuoso.” Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle politiche relative ai cambiamenti climatici, che aggiunge – “Un condono tombale, amministrativo e addirittura penale, per chiunque abbia interesse in un impianto di energie rinnovabili costruito senza autorizzazione o con la stessa in via di annullamento, è di tutta evidenza un provvedimento ad hoc per chi ha deliberatamente aggirato la legge, intascando furbescamente gli incentivi che hanno invece permesso di lanciare uno dei settori più dinamici della nostra economia. 

Il Governo, invece di premiare I truffatori, dovrebbe decidersi a emenare quei decreti che servono a dare certezze agli operatori onesti, e affrontare seriamente il problema degli accumuli(pompaggi e batterie) senza I quali non si può adeguare la rete alle esigenze delle rinnovabili. 

“Ma non vogliamo credere – conclude Ferrante – che il ministro Romani si pieghi alle richieste dell’indagato Romano.” 

1 350 351 352 353 354 745  Scroll to top