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Battisti: D’Elia con Lula per sconcertante riflesso condizionato

“La mancata estradizione di Battisti è un’offesa intollerabile alla memoria e ai familiari delle vittime, e nessuno dovrebbe strumentalizzare la vicenda. Cosa che irresponsabilmente ha invece fatto l’ex componente di ‘Prima Linea’ e attuale segretario di ‘Nessuno tocchi Caino’ Sergio D’Elia in una sconcertante intervista al quotidiano ‘Il Riformista’ con cui difende la scelta del governo brasiliano con argomentazioni che tradiscono palesemente il suo oscuro passato”. Lo dichiara il senatore del PD Francesco Ferrante.

“Il sentimento di solidarietà  verso chi ha avuto un passato di violenza continua Ferrante – induce evidentemente D’Elia a formulare una difesa d’ufficio della decisione del presidente brasiliano mettendo sul piatto una tragica realtà , qual è la condizione di vita dei reclusi nelle carceri italiane, che nulla ha a che fare con il principio della certezza della pena e con la sacrosanta esigenza di riconoscere giustizia a coloro che hanno perso i propri cari a causa della violenza di Battisti”.“Il riflesso condizionato del passato di D’Elia – conclude il senatore del PD – lo ha portato a una personale quanto impressionante assoluzione di Cesare Battisti, squalificando però in questo modo l’attività  meritoria dell’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ che dovrebbe forse considerare l’idea di farsi rappresentare da qualcun altro per portare avanti più degnamente le proprie importanti battaglie”.

Tra 48 ore scatta l’addio ai sacchetti di plastica

E’ iniziato il conto alla rovescia: tra 48 ore gli italiani potranno finalmente dire addio agli shoppers di polietilene, i dannosi e inquinanti sacchetti di plastica fatti col petrolio.
Grazie ad una nostra battaglia iniziata con la finanziaria 2007 del Governo Prodi, sono finalmente al bando, con un anno di ritardo, le buste di plastica che durante lo smaltimento immettono nell’atmosfera 200 mila tonnellate di anidride carbonica.
Durante tutto il tempo che vi sarà  relativo ai tempi di adeguamento al decreto vigileremo perchè questa importante misura non sia nuovamente messa in pericolo dalle pressioni delle lobby dei produttori di plastica.”
Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle politiche relative ai cambiamenti climatici.

“I cittadini e gli esercenti – spiega Ferrante – avranno il tempo per abituarsi e adeguarsi a questa importante misura, e ovviamente vi sarà  il tempo per esaurire le scorte. La vecchia industria inquinante tuttavia ha continuato in questi giorni la sua battaglia di retroguardia, facendo persino circolare notizie false, parlando di inesistenti quanto inutili decreti attuativi: la legge 296 è stata approvata, non c’è bisogno di nessun decreto attuativo, e a beneficiarne sensibilmente sarà  il nostro ambiente.
Chi si ostina a difendere i sacchetti di plastica vuole continuare a vedere le vergognose immagini di Napoli: i sacchetti diventano rifiuto e vanno ad inquinare l’ ambiente in modo pressoche’ permanente poiche’ occorrono almeno 200 anni per decomporli.”

“L’Italia sarà  il primo Paese europeo a proibire la produzione e la commercializzazione di buste in plastica non biodegradabili: un risultato importante per la salvaguardia dell’ambiente, ottenuto anche grazie a chi ha scommesso sull’innovazione e sulla chimica verde” – conclude Ferrante.

Roma 30 dicembre 2010

Auto non strategica

Un anno fa su questo giornale ebbi l’occasione di scrivere che la vicenda della chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, in quei giorni molto calda, rischiava di essere emblematica anche dell’incapacità  della classe dirigente di questo Paese di avere lo “sguardo lungo” necessario per pensare il futuro. Un rischio che mi pare confermarsi, in tutta la sua drammaticità , adesso di fronte al tentativo di Marchionne di riportare i termini dei rapporti tra azienda, lavoratori e sindacati indietro di 50-60 anni. Un tentativo che pare talmente fuori dalla storia da far temere che in realtà  quello che la dirigenza Fiat stia perseguendo ostinatamente – Termini, Pomigliano, Mirafiori – sia la “scusa”, il pretesto, per delocalizzare, andare definitivamente via dall’Italia e trovare così la “propria” risposta alla globalizzazione: cercare, nel mondo, luoghi dove produrre automobili assicurando meno diritti e salari più bassi ai lavoratori.
Contro questo rischio, tragico innanzitutto per i 20mila lavoratori Fiat, molti nel campo dei riformisti – pezzi di sindacato, dirigenti politici, intellettuali – provano a prendere sul serio Marchionne e accettare quel piano di discussione. Io credo che lì sia l’errore. Dovuto a miopia. La domanda da farsi invece dovrebbe essere se – nella globalizzazione – sia giusto intestardirsi a considerare il settore dell’auto, strategico per l’industria di questo Paese come è stato nel XX secolo o se invece la strada da percorrere sia diversa. E se, addirittura, ciò stia già  avvenendo senza nemmeno che noi ce ne si sia accorti. Alcuni dati: nel Regno Unito, che da anni non ha più una propria industria automobilistica e invece un sistema economico molto più finanziario e meno manifatturiero del nostro, già  quest’anno si sono prodotte il doppio delle auto realizzatenell’Italia dei cassaintegrati della Fiat; in questi ultimi tre anni la misura del 55% (quella che permette lo sconto fiscale per ristrutturazioni con risparmio energetico) ha assicurato 50mila posti di lavoro nell’edilizia (più del doppio dei lavoratori Fiat!); il più grande produttore di elettrodomestici al mondo (un cinese) per penetrare il mercato europeo ha deciso di produrre i suoi frigoriferi in uno stabilimento vicino Padova, applicando quel contratto nazionale che sarebbe così drammaticamente penalizzante secondo Marchionne ei suoi corifei, ma confidando sulla capacità  italiana nel design, strategico in quel settore.
Insomma, abbiamo sotto gli occhi i segnali giusti che indicano dove instradare l’economia del nostro Paese – green economy, innovazione tecnologica, manifattura d’avanguardia ad alto contenuto di know how – e però non siamo in grado di fornire la cornice adatta affinché queste eccellenze siano davvero “guida” di una trasformazione complessiva.
Solo così invece si potrebbe uscire dalla tenaglia crisi-globalizzazione. Certo, intanto c’è da rispondere alla sfida della Fiat, respingere il tentativo di isolamento di una parte importante del sindacato, non accettare la riduzione di diritti. Ma andrebbe fatto con questa consapevolezza di futuro, che forse aiuterebbe anche nella ricerca di una soluzione immediata per la produzione di auto in Italia, altrimenti temo che ci siano già  tutte le condizioni per una sconfitta grave per i lavoratori e per il Paese.
 
FRANCESCO FERRANTE

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