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Emendamento con i radicali per introdurre la carbon tax

Il senatore radicale Marco Perduca ha presentato un emendamento per l’introduzione di un contributo ecologico sui consumi energetici non rinnovabili (generalmente combustibili fossili per riscaldamento, autotrazione e per utilizzo in tutti i settori non inclusi nell’Emission Trading System) che a partire da un prezzo a tonnellata di CO2 pari a 13 Euro, puo’ fornire un gettito iniziale attorno ai 3 miliardi di euro/anno, ma che potrebbe generare cifre ben piu’ elevate (35 miliardi) se, con gradualita’, si raggiungesse l`attuale livello della carbon tax svedese. L’introito e’ destinato a sgravare il fattore lavoro per costituire un’indubbia misura di crescita.
La proposta emendativa e’ firmata anche dalla senatrice Radicale Donatella Poretti e dai senatori Pd Roberto della Seta e Francesco Ferrante. “La proposta di introdurre un contributo ecologico sui consumi energetici non rinnovabili (fatti salvi quelli che rientrano nel sistema ETS) ha finalita’ economiche ed ambientali – spiegano Perduca ed Elisabetta Zamparutti, deputata Radicale in Commissione ambiente e presentatrice di proposta di legge di analogo contenuto -. Da un lato, permette di spostare il peso fiscale ‘dalle persone alle cose’ e, piu’ in generale, alle cose che inquinano. Dal’altro, la destinazione del relativo gettito ad una riduzione della pressione fiscale sul lavoro, come si propone, favorisce la crescita e lo sviluppo tecnologico, perche’ riguarda settori ad alta intensita’ di lavoro e di innovazione, come l’edilizia efficiente e lo sviluppo di tecnologie piu’ efficienti in primis per la climatizzazione e i trasporti”. I due parlamentari Radicali hanno poi concluso: “La tassazione ambientale, ferma nel nostro Paese ad appena lo 0,1% del Pil, offre ampi margini di intervento che vanno assolutamente colti”.

Manovra: bloccare norma scippa referendum

“Il Pd e tutte le opposizioni chiedano con forza l’abrogazione dell’art.4 della manovra finanziaria, che di fatto annullerebbe il risultato dei referendum di due fa la volontà  di 30 milioni di italiani per i quali i servizi pubblici vanno gestiti come beni comuni”. E’ quanto dichiarano Roberto Della Seta, capogruppo Commissione ambiente del Senato e Francesco Ferrante, membro Commissione ambiente del Senato, e aggiungono, “in base all’art.4 verrebbe vietato l’affidamento diretto a società  pubbliche di tutti i servizi locali ad eccezione dell’acqua. Questa norma è palesemente incostituzionale e rappresenta in modo evidente uno scippo della volontà  referendaria. E’ piú che legittimo riorganizzare i servizi pubblici locali per renderli piú efficienti, ma questo obiettivo – concludono – non puó che partire dalla indicazione dei referendum”.

PDA 27-AGO-11 14:32 NNNN

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Una caccia a prova d’ambiente

Articolo uscito su L’Unità 

Fra pochi giorni apre la caccia. L’appuntamento trova un Paese assillato da altre, più urgenti preoccupazioni, ma gli italiani, malgrado la crisi difficilissima di queste settimane, continuano ad appassionarsi al tema. E’ così da molti e molti anni, da quando l’ambiente, la tutela della fauna sono diventati oggetti prioritari di attenzione per l’opinione pubblica.
Queste antenne particolarmente sensibili quando si discute di caccia sono un bene, per l’oggettiva rilevanza della questione, ma contengono anche un rischio: il rischio che il dibattito si riduca a una sorta di “guerra di religione” tra difensori e nemici della caccia “senza se e senza ma”. Tra chi invocando tradizioni ataviche  – l’uomo è stato cacciatore prima ancora di diventare raccoglitore e poi agricoltore – vede nella caccia un “diritto”, e quanti – bisogna dirlo: sempre più numerosi –  condannano la caccia sul piano etico, considerandola una pratica ormai incompatibile con l’evoluzione culturale della specie umana.
Chi scrive non ha mai imbracciato un fucile, nemmeno un fucile da caccia, né si riconosce nelle  posizioni “abolizioniste” di chi vorrebbe proibire l’attività  venatoria. E pure riconoscendo a queste dispute piena legittimità  e anche interesse, però da ambientalisti ci poniamo una diversa priorità : regolamentare la caccia dando concretezza al principio costituzionale che individua nel patrimono faunistico un bene superiore che lo Stato ha il dovere di conservare.
Conciliare l’attività  venatoria con l’esigenza di tutelare la fauna fu l’obiettivo della Legge 157 del ’92: un’ottima legge che ha consentito all’Italia di mettersi al passo della normativa comunitaria e resta un punto di riferimento irrinunciabile. Questa legge va difesa, aggiornandone alcuni aspetti marginali ma salvaguardandone rigorosamente l’ispirazione. Va difesa dai tentativi ricorrenti di smantellarla, l’ultimo del Pdl che in Senato aveva proposto un’improbabile e dannosa deregulation dell’attività  venatoria. E va difesa anche da troppe iniziative unilaterali di diverse Regioni (non tutte – va detto – governate dal centrodestra…) che in questi mesi hanno varato calendari di caccia in violazione delle regole di tutela fissate dall’Italia e dall’Europa.
La via da battere, per il Pd e il centrosinistra, è la stessa che vent’anni fa portò al varo della Legge 157: sostenere l’impegno condiviso delle associazioni ambientaliste, della parte più avanzata del mondo venatorio a cominciare da Arci Caccia, delle associazioni agricole, per un goveno dell’attività  venatoria che garantisca una rigorosa tutela faunistica, scongiuri ogni ipotesi di privatizzazione della caccia, eviti all’Italia nuove e più gravi messe in mora dall’Unione europea.
 
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante
Parlamentari del Pd
 

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