Posts by: redazione

Rio+20: le conclusioni, l’ottimismo di Clini e Passera che rema contro

Pubblicato su www.qualenergia.it

Ero stato facile profeta: nessuna sorpresa nelle ultime ore. Rio+20 si è concluso come era cominciato, con molte belle parole, anche importanti – la green economy equa e solidale – nel documento finale, ma nessun impegno concreto. Il ministro Clini, sia nel suo discorso in plenaria che negli interventi meno formali, ha insistito molto sugli aspetti positivi legati all’affermazione di principi da cui sarà  difficile tornare indietro, e ai numerosi accordi tra pubblico e privato, soprattutto in paesi emergenti e importanti come il Brasile e la Cina, di cui l’Italia è e potrà  essere protagonista. A nostro avviso il Ministro pecca di eccessivo ottimismo: senza adeguate leadership politiche la strada della green economy rischia di restare lastricata solo di buone intenzioni. E d’altra parte è proprio la storia del nostro paese che dovrebbe essere istruttiva. Mentre Clini era qui a Rio, impegnato nelle trattative internazionali a difendere le ragioni della green economy, il suo collega Passera proponeva un decreto legge in cui insultava letteralmente le possibilità  di efficienza energetica in edilizia con una riforma inguardabile degli incentivi ad essa connessa. Nello stesso decreto c’era poi una soluzione pasticciata, una sorta di sanatoria ad aziendas che permetteva trivellazioni a breve distanza dalle coste e l’Eni, con una scelta comunicativa a tutti apparsa incredibile, ha deciso di caratterizzare la sua presenza a Rio chiedendo “trivelle libere”. Infine in queste ultime ore continuavano a rimbalzare dall’Italia notizie sui decreti sulle rinnovabili elettriche secondo le quali il Mise non avrebbe intenzione di accogliere nemmeno le tiepide proposte di correzioni che erano venute dalle Regioni, confermando arroganza dei dirigenti della sua tecnostruttura e una curiosa concezione politica dei rapporti tra istituzioni.
Se Clini al suo ritorno non troverà  il modo di correggere queste tre vicende, tra le più eclatanti dell’arretratezza italiana, confermerà  il giudizio negativo di chi qui a Rio ritiene che le belle parole non servono a niente. Se invece il nostro Ministro troverà  , grazie anche al sostegno che ha potuto riscontrare sia nel mondo economico che tra i suoi colleghi di governo in questi giorni brasiliani, lo slancio e la forza di correggere almeno le enormità  più gravi commesse dal suo collega Passera, si potrà  guardare con qualche speranza in più al nostro futuro.

Rio+20: delusione ma non sottovalutare importanza green economy equa e solidale

“La delusione per la mancanza di impegni concreti nella dichiarazione finale è senz’altro più che giustificata, ma sarebbe sbagliato sottovalutare l’importanza del notevole passo avanti sul piano dei principi: una green economy equa e solidale quale ‘infrastruttura’ fondamentale da costruire e con la quale combattere anche la povertà  e le diseguaglianze sono acquisizioni condivise da cui sarà  difficile in futuro tornare indietro. Certo qui a Rio si Ä— misurata una distanza fortissima tra la la società  civile e la business community da una parte, e i Governi dall’altra. Se infatti nell’economia reale si colgono sempre più le opportunità  offerte da innovazione tecnologica per marciare verso la decarbonizzazione e lottare contro le diseguaglianze, la politica appare ancor troppo succube di poteri forti che combattono ogni cambiamento e da qui anche la difficoltà  di definire nuovi e più adeguati modelli di governance dei fenomeni globali a livello di Nazioni Unite.”

Bioshopper tra compostabilità  vera e tentate truffe

Pubblicato su www.ecodemonline.it

Centoottantamila tonnellate di CO2: è la quantità  di anidride carbonica che l’anno scorso non abbiamo emesso in atmosfera grazie al fatto che abbiamo prodotto trentamila tonnellate di plastica in meno per realizzare shopper usa e getta. Un primo, concretissimo, risultato del divieto in vigore dall’1 gennaio del 2011 sulla commercializzazione di shopper non biodegradabili. Sempre più cittadini infatti scelgono di portare con sé una sporta riutilizzabile e rinunciano ad acquistare uno shopper ogni volta che escono a fare la spesa. Un cambiamento negli stili di vita che era forse il primo e più importante obiettivo della norma che introducemmo ormai cinque anni fa nella finanziaria del 2007. Un cambiamento che, come appunto dimostra la cifra iniziale, porta con sé benefici effetti dal punto di vista ambientale. Effetti che saranno completi quando riusciremo a togliere definitivamente dal mercato tutti gli shopper realizzati a partire dal petrolio. Sì, perché  essendo questa la patria del “fatta la legge trovato l’inganno”, nel corso del 2011 sono “magicamente” apparsi sul mercato strani sacchetti che si autodefinivano “biodegradabili” ma che in effetti erano fatti di plastica tradizionale con aggiunta di additivi che appunto l’avrebbero degradata, ma non secondo le normative europee, e che non l’avrebbero certo resa compostabile. In altre parole, sacchetti che di fatto rischiano di essere persino più inquinanti di quelli tradizionali.

 

Il decisivo intervento chiarificatore del ministro Clini

 Grazie alla collaborazione efficace con il Ministro Clini, cui va dato atto di avere spinto con forza in questi mesi sul tasto “chimica verde”, abbiamo tolto di mezzo questo inganno con il decreto legge del marzo scorso che specifica che può essere considerato biodegradabile solo quello a norma UNI EN 13432 (cercate questa sigla sullo shopper se non volete essere truffati), prevedendo la possibilità  di commercializzare quelli non biodegradabili esclusivamente se sono davvero riutilizzabili, con la ulteriore prescrizione di spessori molto significativi. Ora quindi il mercato – comunque ridotto fortunatamente grazie al cambiamento negli stili di vita che si dovrà  continuare a promuovere – resta a disposizione unicamente dei nuovi prodotti che non usano più materia prima fossile e inquinante, bensì quella vegetale e rinnovabile.

Una storia positiva questa del divieto sugli shopper, che infatti viene guardata in Europa, ma anche in Usa, con interesse e che, per una volta, mette il nostro Paese all’avanguardia nella promozione della green economy e nelle politiche di riduzione dei rifiuti, dove di solito latitiamo.

 

I nemici della chimica verde e del progresso

 Una storia che però come è noto ha dovuto superare parecchi ostacoli: prima la lobby della vecchia chimica, organizzata da Unionplast, che ha sempre scommesso sulla proroga dell’entrata in vigore del divieto riuscendo però a farlo slittare solo di un anno;  poi il tentativo di truffa di cui sopra. Fino a una vicenda di queste ultime settimane che sarebbe anche ridicolo raccontare se non fosse l’esempio di un problema più grave  di questo Paese: l’inadeguatezza delle rappresentanze del sistema delle imprese.

La stessa Unionplast, sconfitta sulle proroghe, infatti si è inventata una fantasiosa interpretazione dell’ultimo decreto e, cosa assai grave, ha mandato una circolare a tutti i suoi aderenti (trasformatori e produttori di sacchetti tra gli altri) in cui si diceva che bastava utilizzare una certa percentuale di plastica riciclata  e si sarebbe potuto continuare a produrre shopper tradizionali come se nulla fosse, ignorando in tal modo l’obbligo previsto dalla stessa legge su biodegradabilità  e riutilizzabilità . Un’interpretazione della norma che ho immediatamente ritenuto talmente folle da risultare una sorta di “istigazione a delinquere” attirandomi immediatamente minaccia di querela (dichiaro sin da subito che rinuncerei immediatamente a qualsiasi immunità  parlamentare se tali cialtroni volessero davvero suicidarsi in aula di tribunale). Ora, dopo che oltre al Tar e al Consiglio di Stato che gli avevano bocciato incauti ricorsi, anche il Ministero dell’Ambiente gli ha formalmente dato torto, spiegando l’insensatezza di quella interpretazione, in un Paese normale i vertici di quell’associazione dovrebbero quanto meno dimettersi e i loro associati magari attivare nei loro confronti un’azione di responsabilità ,  prendendo finalmente atto di quanti danni gli hanno recato in questi anni in cui, invece di assecondare e accompagnare l’innovazione, hanno remato contro gli stessi interessi che avrebbero dovuto rappresentare. Temo però che non succederà .

* Francesco Ferrante, senatore PD, fa parte dell’esecutivo nazionale dell’Associaizone ecologisti democratici. E’ vice presidente di Kyoto Club. E’ stato direttore generale di Legambiente.

1 261 262 263 264 265 745  Scroll to top