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Incredibile la richiesta di Enel di oscurare il sito di Greenpeace

“La richiesta di Enel di oscurare un sito di Greenpeace relativo ad una campagna dell’associazione ambientalista contro l’elevato impatto ambientale e sanitario dei grandi impianti a carbone dell’azienda elettrica è letteralmente incredibile.

Enel deve rassegnarsi: l’Italia è un paese libero dove nessuno può mettersi al di sopra delle regole democratiche con censure fuori dal tempo.”

Lo dichiarano i senatori ecodem del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, in merito all’udienza di domani per discutere dei provvedimenti restrittivi richiesti da Enel nei confronti di Greenpeace Italia e del sito www.FacciamoLuceSuEnel.org 

 

“Invece di prendersela con chi come Greenpeace legittimamente informa i cittadini sulle conseguenze ambientali e sanitarie delle centrali a carbone, Enel – continuano i senatori del Pd –  farebbe bene  a rivedere le proprie strategie industriali, cessando di investire i suoi soldi, che sono in larga misura denaro pubblico, in tecnologie come il carbone dannose per la salute e che contribuiscono in misura rilevante ai cambiamenti climatici.

In ogni caso – concludono i parlamentari – sarebbe inaccettabile qualunque limitazione alla libertà  di informazione di Greenpeace, come di chiunque altro non sia d’accordo con le scelte di Enel.”

 

Legge Fini – Giovanardi: è ormai emergenza umanitaria, priorità  dei progressisti cancellarla

“Più  di un terzo di tutti i detenuti nelle carceri italiane sono in galera
per reati connessi al consumo di stupefacenti, spesso per possesso e uso di
droghe  leggere. La causa è nella Fini-Giovanardi, che ha dato luogo ad una
autentica  emergenza  umanitaria,  aggravata dalle condizioni di vita nelle
prigioni  italiane,  e che hanno prodotto un’intollerabile sovraccarico sul
sistema  giudiziario”. E’ quanto hanno dichiarato i senatori del Pd Roberto
Della Seta e Francesco Ferrante, intervenuti stamane alla presentazione del
terzo  Libro  Bianco  sui  “danni  collaterali  della  Legge  sulle  droghe
Fini-Giovanardi”, promossa da Antigone e Forum Droghe.
“Insieme  alle  norme  sull’immigrazione irregolare – continuano i senatori
del  PD  –  la  Fini-Giovanardi   è una delle eredità  peggiori del decennio
berlusconiano.
Cancellare  queste  due  vergogne  giuridiche  e  civili dovrà  essere, come
finora non è stata, una priorità  dei progressisti.”

La green economy dopo Rio

Rio+20 si è concluso come era iniziato. Molto lontano dalle speranze suscitate dall’appuntamento di vent’anni fa, allora una vera svolta sul piano culturale ma anche politico, e con risultati assai insufficienti rispetto alle esigenze delle crisi economiche e ambientali in atto. Degli aspetti positivi, che pure ci sono nella dichiarazione finale, abbiamo parlato negli articoli pubblicati nei giorni scorsi sottolineando l’importanza della definizione della green economy equa e solidale quale “infrastruttura” su cui investire anche per combattere la povertà . Ed è forse utile fare qualche numero: secondo l’Onu la green economy è in grado di creare milioni di nuovi posti di lavoro, solo in Europa – dati della Commissione Europea – 20 milioni di nuovi occupati al 2020, tra cui 14 milioni nella manutenzione del territorio e nella conservazione della biodiversità  , 2 milioni nell’efficienza energetica e 3 milioni nelle rinnovabili e il resto nella gestione dei rifiuti. E anche di quanto sia pronta la società  civile – movimenti sociali e settori sempre più ampi della business community – abbiamo dato conto, semmai ce ne fosse stato bisogno, in questo giorni da Rio. Alla Cupola dos Povos, dove si è tenuto il “controvertice”, si Ä— andati oltre la protesta, peraltro in effetti assente dalle strade di Rio , se si eccettua la bella, civile e partecipata manifestazione organizzata dai sindacati giovedì pomeriggio, e si è preferito raccontare le buone esperienze di green economy dal basso, attente alle filiere e alla giustizia sociale. E anche nel vertice ufficiale , a parte qualche eccezione di fastidioso tentativo di green washing, la presenza delle imprese è stato fattore positivo di racconto della innovazione e di responsabilità . A fronte di ciò l’incapacità  dei Governi di tradurre in impegni concreti una realtà  che in questi vent’anni ha fatto comunque straordinari passi avanti, ha a che fare con i meccanismi decisionali inadeguati delle Nazioni Unite, con questioni di geopolitica – il ruolo dei Paesi emergenti (Brasile, Sud Africa, Cina, India) consapevoli della loro nuova forza, orgogliosi nel rivendicarla contro i ricchi, ma riluttanti o farne conseguire le responsabilità  globali relative – e soprattutto risente del ruolo negativo dei poteri reali – tutti quelli legati all’economia del fossile, se vi pare poco – che si sentono minacciati dalla rivoluzione della green economy.
Se questo è il quadro, è alla politica, e in particolare a quella dei progressisti di tutto il mondo, che tocca trovare la strada per uscire dall’impasse, cogliere con coraggio le opportunità  e costruire un mondo più giusto e a basso tenore di carbonio. A noi in Italia il compito di far cambiare strada già  a questo Governo, che su questo fronte si sta dimostrando deludente (vedi alle voci fonti rinnovabili ed efficienza energetica in edilizia per esempio) , nonostante il positivo ruolo – svolto anche a Rio – dal Ministro Clini, e poi di proporre un programma per vincere le elezioni che consideri centrale davvero la green economy.. Spetta a tutta la sinistra europea considerare questo aspetto fondante nell’indispensabile riforma delle istituzioni, insieme alle nuove regole per le banche, al nuovo regime fiscale, al rafforzamento del ruolo del parlamento. Insieme, non dopo. Ed è anche, se non soprattuto, con questa speranza che dobbiamo guardare all’auspicata rielezione di Barack Obama e puntare sul fatto che voglia considerare il suo secondo mandato i quattro anni con cui potrebbe davvero passare alla storia, mettendosi alla guida di questa rivoluzione. Unico modo peraltro per provare a salvare il ruolo della nostra parte del mondo, quella ricca, quella che sullo sfruttamento delle fonti fossili ha fondato il suo benessere e che oggi, se non prendesse davvero la guida di processi che ci devono condurre a una nuova era low carbon, per una sorta di contrappasso rischia di essere spazzata via da quei paesi che per troppo tempo hanno pagato un prezzo troppo alto per garantirci le nostre comodità  e che oggi insieme alla mostruosa crescita economica, stanno dimostrando che possono sorpassarci anche nelle tecnologie più innovative e promettenti. Una sfida difficile ma ineludibile, vale la piena giocarla questa partita: vincerla oggi è anche la risposta migliore per le generazioni future

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