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In Italia xi sono ancora gas dannosi per buco dell’ozono

OCCORRONO SANZIONI PER CHI NON SMALTISCE GLI HCFC
 
“Credevamo di esserci liberati di alcune sostanze che da anni sono state individuate come responsabili del buco dell’ozono e che da tempo sono state messe al bando,ma in Italia sono ancora diffusissime e potenzialmente pericolose.
Nel Paese infatti solo una piccola parte delle 1500 tonnellate di HCFC , le sostanze che impoveriscono l’ozono essendo potenti gas a effetto serra,  sono state inviate nei centri di raccolta e recupero previsti dalla legge in  Italia sin dal 2001.
Occorre portare a termine la raccolta nei tempi più rapidi possibili, perché il  più comune HCFC utilizzato è circa duemila volte più potente dell’anidride carbonica nell’aumentare il riscaldamento globale.”
Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile delle politiche relative ai cambiamenti climatici per il Pd, che ha presentato in merito un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Ambiente.
 
“A  distanza di 11 anni – continua Ferrante –  bisogna constatare che, nonostante il preciso obbligo di smantellamento sancito poi da un decreto  ministeriale del 2005, la raccolta degli HCFC, specie quelli ad uso antincendio, è estremamente carente.
La principale causa della mancata applicazione del decreto è certamente dovuta all’assenza di un chiaro quadro di sanzioni per chi possiede ancora questo tipo di impianti.”
 
“Questi impianti antincendio – conclude Ferrante – si trovano in edifici pubblici, aziende, ospedali, per cui occorre procedere ad una rapida operazione di ricognizione per avviare lo smaltimento degli HCFC, prevedendo finalmente delle sanzioni per chi insiste nell’utilizzare prodotti altamente dannosi.”
 
 
Roma 16 marzo 2012

L’addio agli shopper in plastica: la grande vittoria degli ambientalisti italiani

Pubblicato su Greenreport

Approvando con la fiducia il decreto ambientale, la Camera ha praticamente messo fine alla nuova puntata sul divieto agli shopper in plastica. Infatti il passaggio in Senato la settimana prossima sarà  piuttosto una formalità . Per dare un giudizio su quest’ultimo provvedimento è utile fare una breve cronistoria.

Il tutto nasce da un nostro emendamento alla finanziaria del 2007 (la prima dell’ultimo Governo Prodi) che prevedeva il divieto di produzione e commercializzazione di shopper non biodegradabili dal gennaio 2010. Una rivoluzione – primo paese al mondo che prevedeva un così drastico divieto – che dava tempo tre anni all’industria chimica del nostro paese di adeguarsi e di cogliere al meglio le opportunità  offerte dalla chimica verde e dalla green economy.

Da quel momento invece le lobby della vecchia chimica, dei “plasticari”, hanno puntato tutto sulle proroghe. Brutta consuetudine tutta italiana, e il tentativo per un anno ha successo. Infatti il Governo Berlusconi proroga l’entrata in vigore del divieto al gennaio 2011. Ma poi, con l’unico atto “ambientalista” cui è dato ricordarsi dei suoi tre anni di permanenza al Ministero, Prestigiacomo si impunta e non concede più proroghe. E quindi da più di un anno grazie al divieto nel nostro Paese è cominciata quella rivoluzione.

L’aspetto più importante della quale Ä— senz’altro la modifica negli stili di vita dei cittadini – quella norma legislativa voluta, non dimentichiamolo, dagli ambientalisti e da Legambiente in primo luogo – si sono dimezzate le vendite di sacchetti, i cittadini hanno preso l’abitudine di portarsi la sporta da casa per fare la spesa, e un sondaggio dell’Ipso conferma che più dell’80% apprezza fortemente quel divieto. Altro aspetto fondamentale, ovviamente, il sostegno alle industrie più innovative della chimica che sostituiscono il petrolio con materia prima di origine vegetale e rinnovabile.

Ma come spesso accade, “fatta la legge, trovato l’inganno” e sul mercato appaiono strani sacchetti “biodegradabili” ma non compostabili, ottenuti grazie ad additivi chimici e partendo sempre dal petrolio. Una specie di truffa che causa grande confusione, quei sacchetti non sono smaltibili insieme ai rifiuti organici, e soprattutto vanifica la spinta verso la green economy.

Da qui si è reso necessario un nuovo intervento legislativo che specificasse oltre ogni dubbio cosa era davvero biodegradabile (ciò che è anche compostabile secondo la norma UNI EN 13432). E così il divieto è stato meglio specificato e la rivoluzione può continuare. Certo gli ostacoli delle lobby non sono finiti e con qualche colpo di coda alla Camera hanno prorogato la possibilità  di comminare sanzioni a chi non obbedisce al divieto al Gennaio 2014 e un improbabile ordine del giorno della Lega che vanificherebbe la norma stessa.

Ma tant’è: il divieto c’è e dalla settimana prossima, quando lo approveremo definitivamente in senato, i sacchetti che non siano biodegradabili e compostabili saranno fuori legge e a rischio sequestro. Un successo indubitabile per ambientalisti e industrie della green economy, ma anche di questo Governo che si è battuto nella giusta direzione nonostante una lobby trasversale conservatrice e retrograda

 

Bioshopper : approvato decreto. L’odg della Lega non conta niente

“L’ordine del giorno della Lega appena approvato dalla Camera sui bioshopper è assai curioso perché, se interpretato alla lettera, sembrerebbe vanificare la stessa norma contenuta nel decreto sulla quale ieri il governo ha incassato il voto di fiducia. Per questo è lecito avanzare dubbi persino sulla sua ammissibilità “. Lo dice il senatore del Pd Francesco Ferrante, componente della commissione Ambiente e titolare dell’iniziativa legislativa che ha portato all’introduzione del divieto in Italia di commercializzare shopper non biodegradibili.
“Ad ogni modo – prosegue Francesco Ferrante –  rimane un ordine del giorno e dunque un documento di puro orientamento, rispetto invece al testo del decreto che fa finalmente chiarezza sulla biodegradibilità  dei sacchetti per gli acquisti, che è stato approvato dalla Camera e che sarà  certamente licenziato in modo definitivo dal Senato la prossima settimana”.

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