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Rifugiati, decidere subito

Un’emergenza, ancora nascosta, si aggira per l’Italia e minaccia di esplodere da un momento all’altro, fino adesso nel disinteresse di media e istituzioni, ma con il rischio concreto che una volta in atto scateni reazioni incontrollate e sbagliate. Si tratta della situazione dei rifugiati che arrivarono nell’estate scorsa e che sono stati ospitati in numerosi Comuni italiani da allora. E’ passato più di un anno dall’accordo del 6 aprile 2011 tra Regioni, Province, Comuni e Governo con cui si concordarono le linee guida di un piano straordinario di accoglienza dei migranti provenienti dal Nord Africa, finanziato attraverso l’accise sui carburanti. Il quadro odierno è molto preoccupante: nonostante i solleciti, formalizzati in numerose e circostanziate relazioni, sia da parte del Dipartimento Nazionale Protezione Civile che del Dipartimento Libertà  Civili ed Immigrazione del Ministero dell’Interno, il Governo dall’inizio dell’anno continua a non dare risposte concrete sulle risorse che sarebbero esaurite. Non ci sono più soldi né per chiudere le pendenze del 2011 e di questi primi mesi del 2012, né quelli per finanziare il Piano fino al dicembre 2012, data di fine del commissariamento. Già  più di una Regione ha scritto dichiarando l’impossibilità  di far fronte agli impegni contrattuali sottoscritti con Associazioni, Cooperative sociali, Organizzazioni che stanno gestendo i CARA, grandi o piccoli, distribuiti su tutto il territorio nazionale. E, cosa ancora più grave, siamo in assenza di qualunque indirizzo politico sul futuro di circa 21000 migranti, ospitati nei Centri, e su quali politiche il Governo intenda adottare nei confronti dell’immigrazione. Il problema è che la stragrande maggioranza di queste persone è ancora in attesa di risposta da parte delle Commissioni, il cui lavoro procede troppo a rilento, per vedersi riconosciuto lo status formale di rifugiato Non c’è più tempo da perdere e il Governo deve dare immediate risposte a molte domande. Cosa si intende fare di tutti questi cittadini stranieri presenti sul nostro territorio? Continuare ad assisterli tutti, come sarebbe doveroso, ma fino a quando e con quali risorse? In che modo eventualmente rimpatriare coloro che, al termine delle procedure, ricevano parere negativo? Quali strumenti di accoglienza e integrazione utilizzare se non ci sono più risorse? Oppure si pensa di scaricare il problema sugli Enti Locali? E i minori, che nel frattempo stanno diventando quasi tutti maggiorenni? Facciamo finta che non esistono, o anche quello è un problema di Comuni e Province? E le decine di bambini nati durante quest’anno nei Centri, che cittadini saranno? E se, come è altamente probabile, con il miglioramento del clima e il perdurare di condizioni politiche incerte in tutto il Continente Africano e non solo, cominceranno nuovi sbarchi? Oltre a pensare di replicare, magari a Mineo, il disastro Lampedusa dell’estate scorsa, il Governo ha qualche altra idea? E’ indispensabile oggi, che il Governo riconvochi immediatamente quel tavolo con gli Enti Locali e chiarisca se intende confermare l’accordo precedente, e quindi rifinanziarlo, o rinegoziarlo. Ma deve essere chiaro che va garantita la continuità  amministrativa e gli impegni finanziari già  sottoscritti dal Governo devono essere mantenuti. Veniamo da una stagione di governi che hanno perseguito le politiche dei respingimenti e della bassa soglia di accoglienza, se non addirittura dell’emarginazione dei migranti, più volte sanzionata in sede Europea. Sarebbe davvero grave se il Governo Monti proseguisse su quella strada senza segnare una profonda discontinuità  con quelle scelte

Luca Odevaine e Francesco Ferrante
Gli autori sono rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Fondazione Integra/Azione

Intervento in aula sul ddl che modifica norme ambientali

FERRANTE (PD). Signor Presidente, mi rivolgo innanzitutto ai colleghi dell’Italia dei Valori, con riferimento all’intervento appena svolto dal senatore De Toni. Ho come l’impressione che, a volte, scatti un meccanismo di pregiudizio per cui, stando all’opposizione, si ritiene sia automatico dover contestare il provvedimento, a prescindere dai contenuti.

Lo dico, colleghi, perché invece credo che il disegno di legge in esame rappresenti, non soltanto l’esempio positivo di collaborazione tra forze politiche di orientamento diverso – che restano di orientamento diverso, ma che trovano sui contenuti concreti dei punti di vista comuni – e tra Parlamento e Governo, ma anche, nei fatti, ciò che si dovrebbe sempre realizzare in tema di semplificazioni e aggiornamenti della legislazione ambientale, senza cedere nulla sulle tutele. Questo è il punto.

In proposito, voglio fare l’esempio dell’articolo 14 del disegno di legge che noi esaminiamo, che interviene su un punto che noi avevamo criticato molto del cosiddetto semplifica-Italia del Governo Monti, che da poco il Parlamento ha approvato, punto con il quale, con una pretesa di semplificazione, in realtà  si facevano saltare i controlli ambientali in maniera indifferenziata, incontrollata e pericolosa. Noi qui troviamo una soluzione per tutelare da eccessi di controllo quelle aziende che si sono davvero certificate dal punto di vista ambientale – quindi possono essere verificate sul punto – e non procediamo, come invece era previsto nella legge che adesso modificheremo con questo nostro intervento, ad una semplificazione senza controllo.

Quindi, davvero dico che – invece -, contrariamente a ciò che hanno sostenuto e sostengono i colleghi dell’Italia dei Valori, approvando questo disegno di legge (e sperando che i colleghi della Camera dei deputati lo vogliano fare nel tempo più rapido possibile, compatibilmente con i loro lavori), noi facciamo un piacere alla questione ambientale nel suo complesso, in quanto non diminuiamo la tutela, ma – anzi – in qualche caso la miglioriamo e la ampliamo. Il provvedimento, infatti, contiene, ad esempio, norme per agevolare la raccolta dei rifiuti dei cosiddetti RAEE e ciò significherà , nei fatti, una diminuzione dell’abbandono di quei rifiuti sul nostro territorio e, quindi, un miglioramento ambientale. Inoltre, diamo finalmente delle risposte a delle categorie che da tempo lamentano che la legislazione, a volte in effetti un po’ contorta, impedisca loro la normale pratica agricola (mi riferisco, in particolare, agli agricoltori), in quanto abbiamo inserito un corpus di norme che semplificano la vita degli agricoltori, senza – lo ridico e insisto – diminuire per nulla la tutela ambientale, che è intoccabile.

Oltre a ciò, con questo disegno di legge operiamo una spinta positiva nei confronti della green economy, di cui molte volte ci si riempie la bocca, facendo però poco in tal senso. Se mi permette, signor Presidente, intendo aprire una breve parentesi su questo punto, rivolgendomi anche al Governo. Siamo in una fase di recessione grave e di crisi economica che morde i redditi di tutte le nostre famiglie. Di questa crisi, che ormai dura da anni e con cui temo dovremo fare i conti anche nei prossimi mesi, ha risentito meno un settore economico-industriale che – anzi -, al contrario, ha avuto una funzione anticiclica, perché in questi mesi è andato occupando più persone e ha dato più sviluppo e più economia: parlo, appunto, della green economy.

Essa, attraverso il rinnovamento e l’innovazione nella chimica, sostituendo i prodotti della materia prima di origine fossile (il petrolio) con la materia prima di origine vegetale e rinnovabile, sta stando una possibilità  nuova alla chimica nel nostro Paese. Penso alle energie rinnovabili, che hanno permesso l’occupazione di quasi 100.000 persone in questi ultimi anni. Tuttavia, i decreti emanati dal Governo (che sono ora all’esame della Conferenza Stato-Regioni, che noi auspichiamo voglia modificare profondamente) rischiano e minacciano concretamente di interrompere la storia positiva delle energie rinnovabili.

Con questo disegno di legge proviamo ad adottare alcune norme che possano davvero favorire la green economy. Mi riferisco, per esempio, a quella che recupera la materia dei rifiuti e che riesce, in qualche maniera, a sostituire la materia prima (di cui il nostro Paese, come noto, non dispone molto) con materia prima seconda, con materia prima che viene dal recupero di materia dei rifiuti urbani e speciali.

A tal proposito, desidero segnalare all’Aula che vi sono norme che agevolano finalmente quello che con una parola inglese si chiama green public procurement, che altro non è che l’incentivazione per gli uffici pubblici a ricorrere a materiali che provengono dalla raccolta differenziata (penso alla carta e alla plastica riciclate e a materie di questo genere). Voglio segnalare con forza quanto prevediamo all’articolo 5, che rappresenta una vera e propria rivoluzione nel mondo dei rifiuti, in quanto interviene nel mercato e prova a dare l’adeguata valorizzazione al recupero di materia nei confronti del recupero di energia.

In questo Paese, nonostante le direttive europee siano chiare nella gerarchia per cui si indica di ridurre rifiuti, di recuperarli in maniera differenziata e di recuperare materie ed infine energia, noi incentiviamo soltanto il recupero di energia, e non di materia.

Con l’articolo 5, invece, trattiamo le modalità  della formazione dei prezzi sul mercato per provare a tutelare meglio il recupero di materia e questa norma avrà  un effetto davvero rivoluzionario.

Infine, con gli altri due punti – su cui, seppur molto brevemente, mi voglio soffermare – interveniamo a favore delle aziende certificate EMAS, riducendo significativamente l’obbligo economico di fideiussione da versare. Avevamo provato a farla passare in moltissimi provvedimenti nella scorsa come in questa legislatura ma è sempre stata bocciata. Ma è una norma altrettanto importante, che riguarda il modo di calcolare il costo che i cittadini sostengono per lo smaltimento dei rifiuti.

Si è svolto un grande dibattito innescato anche da una sentenza della Corte costituzionale sulla tariffa. Tuteliamo pertanto quei Comuni che hanno applicato procedure più avanzate di calcolo per far spendere ai cittadini soltanto quello che effettivamente devono, cioè soltanto la tariffa per i rifiuti che davvero non riescono a smaltire in maniera differenziata. Lo facciamo con una norma che ci auguriamo possa trovare rapidamente approvazione alla Camera dopo essere stata approvata al Senato perché questo sarà  il miglior incentivo ai Comuni ed alle aziende virtuose che sapranno spingere sulla raccolta differenziata nel nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

Rinnovabili: se Governo vuole crescita non può affossare settore

“L’Italia deve continuare a sostenere il settore delle rinnovabili dando stabilità  al quadro normativo ed evitando di cambiare le regole ogni sei mesi, come successo negli ultimi anni.
Ben venga una graduale diminuzione e rimodulazione degli incentivi, ma le proposte di decreti inviate alle Regioni, su fotovoltaico e rinnovabili  elettriche, sono talmente mal calibrate da minare la tenuta dell’intero comparto.”
Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club, intervenuto oggi agli Stati generali delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica.
 
“Il precedente Conto energia, varato dopo un serrato confronto con un Governo che di certo non si è distinto per la propensione alla diffusione delle energie rinnovabili, aveva raggiunto una posizione sostenibile.
Il fondo – continua Ferrante –  stabilito solo pochi mesi fa di 7 miliardi di euro per il fotovoltaico era una cifra che consentiva il sostegno del settore, in ottica del raggiungimento degli obiettivi del 2020.
Occorre dunque che il Governo ritorni su quell’impostazione di spesa, e si deve dare la possibilità  di usufruire dello scambio sul posto anche agli impianti sopra i 200 kW come percorso alternativo agli incentivi.
Per quanto riguarda gli incentivi è incomprensibile che siano stati tolti quelli più virtuosi e premianti.
Infatti – aggiunge Ferrante –  è grazie a quelli previsti per la rimozione dell’amianto sui tetti che nel nostro Paese si è fatta una, seppur ancora parziale, bonifica di un materiale fuorilegge e pericoloso.
Ma non è solo un problema di incentivi e denaro, perché per quanto riguarda l’elettrico il vero ostacolo è il surplus di burocrazia ad essere penalizzante: occorre eliminare l’insensato sistema dei registri, se non sopra il limite dei 250 kw, e dei limiti annui allo sviluppo delle diverse tecnologie, sostituendolo  con un meccanismo di riduzione della tariffa che si autoregoli in funzione del volume di installazioni.
Il quadro di difficoltà  e incertezza è peggiorato poi dal fatto che ancora non sono stati emanati il decreto sulle rinnovabili termiche e quelli sulle norme per l’immissione in rete e la promozione del biometano.
Quello delle imprese non è un semplice ‘cahiers de doléances’, ma è un richiamo preciso al Governo: se vuole ora realmente fare della crescita la sua cifra- conclude Ferrante –  deve essere consapevole che a fronte di un limitato impatto sulle tariffe con il taglio degli incentivi, c’è il rischio di affossare un settore trainante.”
 
 

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