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Corruzione al Ministero Agricoltura: stupiscono dichiarazioni Ministro Catania su Ambrosio

“Il giro di malaffare e corruzione svelato dalle indagini della magistratura che avrebbe avuto luogo all’interno del Ministero dell’Agricoltura è inquietante, in considerazione dell’ampiezza e del volume di denaro pubblico sottratto. 

Ma le parole riportate in un’intervista al quotidiano ‘la Repubblica’ del ministro Catania lasciano francamente stupiti, tanto che ci auguriamo voglia smentirle.” 

Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante, che continua – “In sostanza il ministro Catania, da decenni operante all’interno del Ministero, dice che di tutto ciò che ha portato all’arresto di funzionari e dirigenti lui non aveva sentore. 

Non vogliamo dubitarne, ma è grave invece che affermi di aver ‘agevolato l’uscita’ di Giuseppe Ambrosio, il dominus della vicenda criminale all’interno del Ministero, verso il posto di direttore del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione. 

E questo è avvenuto quando Catania era in carica come ministro, e avevo rivolto a lui un’interrogazione parlamentare per chiedere se la nomina di Ambrosio di cui da tempo si vociferava fosse opportuna, in considerazione dei cinque processi pendenti. 

Il ministro Catania non ha mai ritenuto opportuno rispondere all’interrogazione, mentre oggi dichiara che si adoperò per trovare una sistemazione ad Ambrosio che non fosse all’interno del Ministero, ma in una struttura di grande importanza e dipendente da esso. 

Provvidenziale, viste le accuse, è stato l’intervento della magistratura” – conclude Ferrante. 

Corruzione Mipaaf: inquietante, ma i segnali erano noti da tempo

“Ora ministero si costituisca parte civile”

“Lo scenario diffuso di ‘privilegi, malaffare e corruzione’, descritto dagli inquirenti in merito all’arresto di funzionari e dirigenti del ministero delle Politiche agricole e forestali è francamente inquietante, ma purtroppo non può stupirci totalmente. La posizione  dell’ex capo di Gabinetto dei ministri Zaia e Galan, Giuseppe Ambrosio,  era stata oggetto infatti di due mie interrogazioni parlamentari che chiedevano conto della posizione giudiziaria del funzionario, già  da tempo sotto inchiesta, e dell’opportunità  che venisse nominato Direttore Generale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), quando era già  coinvolto in cinque procedimenti penali”. Lo dice il senatore del Pd Francesco Ferrante.
“La sua vicenda giudiziaria – continua Ferrante –  era collegata alla funzione svolta di Capo del Dipartimento delle politiche di sviluppo del Ministero, e sarebbe stata  inerente anche  a un concorso del 2005 per sei posti di dirigente al Ministero delle Politiche Agricole,  per il quale sono risultate vincitrici sia la moglie che la segretaria, che avevano presentato però due lauree fasulle della Link Campus University of Malta.
Attendiamo l’evolversi della vicenda col dovuto rispetto delle garanzie di ognuno di fronte alla legge,  ma ci chiediamo se  il Mipaaf si sia costituito parte civile nei procedimenti penali pendenti in merito ai reati contestati. Il nostro auspicio è, infatti, che il ministro,  il quale nonostante le nostre interrogazioni non aveva ritenuto di intervenire, si costituisca parte civile adesso che è stata scoperchiata questa cupola che dall’interno del ministero si arricchiva appropriandosi di soldi pubblici

Nessuna scorciatoia per Nimby su titolo quinto

Pubblicato su Quale Energia

Riforma del Titolo V. Se ne parla, anche se non c’e alcuna possibilità  che venga approvata legislatura, è forse l’occasione per aprire una riflessione sulla parte della riforma del 2001 che riguardava l’energia e trarre un bilancio, tutt’altro che positivo, sulla “concorrenza” delle competenze fra Stato e Regioni. Ciò che sta dietro la richiesta di “marcia indietro” per tornare a competenze tutte centralizzate è l’illusione che sia attraverso questa strada che si possa superare il cosiddetto effetto Nimby che, a parere di questi soggetti, sarebbe ciò che ha impedito lo sviluppo delle infrastrutture energetiche in questo Paese. Anche non volendo considerare la necessaria distinzione che si dovrebbe operare tra effetto Nimby, egoista e negativo, e l’amore, la difesa positiva del proprio territorio, chi propone questa soluzione fa un doppio errore. Il primo di analisi: non è stato l’effetto Nimby a impedire la realizzazione di rigassificatori, per esempio, quanto invece i casi giudiziari (Brindisi), la pretesa di procedere senza VIA, la mancanza di programmazione per cui fiorivano progetti nel Sud quando la richiesta di gas è concentrata al Nord e, più di recente, il calo dei consumi. E non è stato l’effetto Nimby a ostacolare l’adeguamento della rete elettrica, quanto invece le incertezze dell’operatore: e la vicenda del collegamento tra Sicilia e Calabria è esemplare. Il secondo errore riguarda la soluzione in sé al supposto problema: è una sciocchezza pensare che togliere potere alle Regioni, allontanare il luogo della decisione possa essere una scorciatoia utile, rispetto al percorso di confronto che in democrazia si deve fare. Si segua l’esempio del débat public francese piuttosto che quello “cinese”. Ma detto ciò sulle motivazioni non condivisibili della proposta, occorre riconoscere che questi anni si sono incaricati di confermare che la questione energetica ha bisogno di “programmazione” centralizzata, meglio se a livello europeo e che non si può pensare a una frammentazione perniciosa di competenze. Ecco allora che la strada da seguire dovrebbe essere piuttosto quella di rafforzare da una parte le procedure di coinvolgimento dei cittadini e dall’altra invece ricentralizzare le scelte strategiche, magari con un’opportuna devolution di poteri a Bruxelles.

Sen. Francesco Ferrante
Responsabile politiche cambiamenti climatici ed energia del Partito Democratico

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