Centri di raccolta rifiuti al collasso, occorre proroga

“La  Campania  ,  come  è  ormai  chiaro  a  tutti,  è  in  piena emergenza
ambientale; ciononostante lo smaltimento dei rifiuti che non possono essere
raccolti  nei  cassonetti  stradali  risulta  in  una  situazione di stallo
estremamente  rischiosa  per  tutto  il  Paese.  La  chiusura dei Centri di
raccolta  rifiuti  è  un  danno  enorme, che ha come effetto quello di dare
origine  all’abbandono  incontrollato  o  al  deposito illegale di rifiuti,
anche  pericolosi,  con conseguenti rischi per la salute e per l’ambiente.”
Lo dichiarano i senatori del PD Francesco Ferrante e Anna Rita Fioroni, che
hanno  presentato  in  merito  un’interrogazione  parlamentare  al Ministro
dell’Ambiente.
“Il  Governo,  su  impulso di un ordine del giorno che avevamo presentato a
luglio,  –  proseguono  i  due  parlamentari  del  PD – si era impegnato ad
adottare  tutte  le  iniziative  necessarie  per garantire il funzionamento
della  rete  dei  Centri  di  Raccolta rifiuti e per il loro adeguamento ai
sensi  del  D.M.  8  aprile  2008  anche attraverso una proroga del termine
ultimo per l’adeguamento spostandolo almeno sino al 30 giugno del 2011, per
concedere   tempo   sufficiente  all’espletamento  di  tutte  le  procedure
necessarie. Ma ad oggi questo impegno non è stato rispettato”.
“Questo  vuol  dire  –  concludono  Fioroni  e Ferrante – che il sistema di
raccolta e smaltimento dei rifiuti subisce un danno considerevole, perché i
privati  cittadini  non possono depositare i rifiuti ingombranti nelle aree
apposite,  col  rischio ben noto che lavatrici, frigoriferi e altro vengano
semplicemente  abbandonati  per  strada.  Occorre  concedere una proroga ai
Centri  raccolta per l’adeguamento alla normativa, e chiarire la stessa nei
punti  più controversi. Sarebbe paradossale che una normativa confusa e che
impone   obblighi   indefiniti  ai  Centri  di  raccolta,  fosse  la  causa
dell’ennesima emergenza rifiuti nel nostro Paese.”

Nucleare: lista siti scorie nucleari subito pubblica.

Si evitino nuove Scanzano Jonico “La lista dei 52 siti che per la Sogin potranno ospitare il deposito di scorie nucleari va immediatamente resa pubblica. Lo prescrivono regole minime di trasparenza e democrazia, lo impone la necessità  di scongiurare nuovi casi Scanzano Jonico.” Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, preannunciando un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. “E’ scandaloso – aggiungono i senatori del Partito democratico – che la lista preparata dalla Sogin sia tenuta segreta dal Governo. Questo contraddice l’esigenza di procedere nella massima chiarezza e nel coinvolgimento di tutti gli interessi coinvolti alla scelta dei siti nazionali ed è la conferma che il Governo Berlusconi e la sua maggioranza hanno in mente una via militare per il ritorno all’energia atomica, in cui ai cittadini vengono imposte scelte decise da pochissimi senza nessun controllo democratico. La vicenda di Scanzano Jonico, dove un altro governo Berlusconi provò senza successo a percorrere questa strada, dimostra che agire in questo modo è anche controproducente”. “Per tutto questo – concludono Ferrante e Della Seta – chiediamo al Governo di mettere a conoscenza del Parlamento la lista della Sogin”.

Palazzo di Vetro. Ma l’Italia dov’é?

L’annuncio di Ban Ki-moon di uno stanziamento di 40 miliardi di dollari per la salute di madri e bambini è una di quelle belle notizie da prendere con le molle. Troppe volte, sulla pelle dei più deboli, la politica degli annunci è stata crudelmente smentita dai fatti e quindi è difficile non condividere la preoccupazione di chi pensa che, con la crisi economica in atto e considerando che i cosiddetti “Paesi donatori” non hanno mai dato tanto poco quanto fanno adesso, anche questa sarà  un’ennesima promessa mancata. Ed è certamente vero che quasi tutti gli “obiettivi del millennio”, su cui solennemente si impegnarono i grandi del mondo dieci anni fa, nel 2015 non saranno raggiunti e che questo significa  sofferenze e ridotte speranze di vita per milioni di uomini e donne in carne ed ossa. Ma sarebbe altrettanto  parziale non leggere alcuni fatti positivi che il vertice Onu  ha fatto emergere. Non mi riferisco alla teoria di alcuni “neoliberisti”, anche nostrani, per cui sarebbe la globalizzazione in sé che porterà  tutti i cittadini del  pianeta fuori dalla povertà . I cantori di quello che una volta era un “pensiero unico”, per avvalorare la loro tesi fanno riferimento alle percentuali in diminuzione di coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà . Si dimenticano dei numeri assoluti, fanno finta di non vedere le grandi differenze tra paesi quali Cina (e India), in cui veramente milioni di persone escono ogni anno dalla miseria, e gran parte dell’Africa. Sono gli stessi “ideologi del neoliberismo”, per cui anche le diseguaglianze sociali che si estremizzano nei paesi emergenti non costituirebbero un problema. Ritengo, al contrario, che la forbice che si allarga tra i paesi ricchi e quelli più poveri e all’interno dei popoli, tra una minoranza sempre più ricca e una maggioranza che conosce nuove miserie, sia un problema in più da affrontare. Ma stanno invece  altrove le tendenze positive.  Nella proposta di Sarkozy e Zapatero di tassazione delle rendite finanziarie – quella Tobin tax fino a poco tempo fa proposta solo dal movimento altermondialista – che non sarà  accolta in questa fase, ma che ormai è centrale nel dibattito  pubblico internazionale (da noi quelli che rappresentano il sistema economico sono in prima linea nell’opporsi, ma questa non è una novità ). Nell’affermazione, ribadita al vertice da Achim Steiner, il Direttore esecutivo del programma ambiente dell’Onu, per la quale puntare sulla green economy è il modo migliore per affrontare i cambiamenti climatici ma anche per risolvere la crisi economica e dare risposte concrete alle richieste dei paesi più poveri. Nelle notizie che ci vengono dall’Africa, dove tra tanti ritardi, tragedie e in alcuni casi massacri – si pensi solo al Darfur -, in molti paesi si fa faticosamente strada la democrazia, e il referendum recente in uno dei paesi più importanti di quel continente – il Kenya – ne è forse il segnale  più evidente. Perché senza democrazia nei Paesi poveri, non ci sarà  riforma e aumento dei fondi stanziati da quelli ricchi che possa risolvere i problemi. Insomma, pur non negando le ombre, da New York arriva anche qualche luce e Obama nel suo discorso che concluderà  il summit forse sarà  in grado di offrircene qualche altra. L’Italia non c’è. Non c’è fisicamente, perché il nostro premier è affaccendato in altro, non c’è nelle proposte (inesistenti), non c’è negli atti concreti: stanziamenti ridotti ai minimi termini, promesse roboanti dimenticate il giorno dopo. Una per tutte, a Copenhagen alla fine dell’anno scorso il governo italiano si impegnò a mettere 200 milioni l’anno nel fondo destinato ai paesi poveri per affrontare i cambiamenti climatici: spariti!

 

Francesco Ferrante

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