“I dati raccolti dalle Asl di Cagliari e Lanusei non lasciano spazio a dubbi: nella zona adiacente il poligono militare di Salto di Quirra in Sardegna la percentuale di persone che hanno visto il proprio corpo attaccato da leucemia e linfomi negli ultimi dieci anni è semplicemente spaventosa, essendosi ammalato il 65% degli allevatori che vivono e lavorano nell’area. Come membro della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito chiederò che si acceleri immediatamente sull’indagine, predisponendo anche una missione sul posto per approfondire una questione di incredibile gravità ”. Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante.
“Gli studi effettuati dalle Asl su incarico del Comitato di indagine territoriale – continua Ferrante – non solo hanno certificato una percentuale di malati assolutamente abnorme, ma hanno anche rilevato percentuali altissime di animali nati con due teste o sei zampe, conseguenza di un ambiente evidentemente contaminato. Di fronte a questi dati, che verranno comunicati ufficialmente dal ministero della Difesa entro marzo, occorre immediatamente sospendere in via precauzionale ogni sperimentazione e esercitazione di addestramento militare, perché si sta consumando una drammatica strage silenziosa”.“Le istituzioni non possono rinviare oltre il momento della verità , perché da troppo tempo – conclude Ferrante – comitati di cittadini e associazioni come Legambiente chiedono di sapere quello che accade dietro il filo spinato della base di Quirra”.
La “giusta” direzione che aiuta il Pd
Non sappiamo se la scelta del Caffè Letterario di Via Ostiense a Roma come “location” dell’incontro di oggi pomeriggio promosso da Pippo Civati e dai cosiddetti rottamatori – titolo: “La giusta direzione” – sia casuale oppure no. Coincidenza o contrappasso, noi però ricordiamo che questi stessi locali ospitavano anni fa gli studi di Nessuno tv, minuscola emittente “di sinistra” poi assorbita nella Red tv di Massimo D’Alema, che mesi fa ha chiuso a sua volta i battenti mandando a casa tutti quelli che ci lavoravano. Come l’assemblea di novembre alla Stazione Leopolda a Firenze, anche questo appuntamento al Caffè Letterario è rivolto a coloro che credono nel progetto originale del Pd: partito riformista e popolare, innovatore, radicalmente diverso da ciò che c’era “prima”, nel secolo scorso. A considerarlo oggi quel progetto sembra smarrito, quasi rimosso da un gruppo dirigente preoccupatissimo di cercare alleati da tutte le parti e invece disinteressato a dare testa e gambe all’intuizione orginaria da cui il Pd è nato, a credere prima di tutto in noi stessi. Questa crisi d’identità trova perfetta espressione nell’insofferenza di tanti dirigenti verso le primarie: mettere in discussione le primarie è come segare il ramo su cui siamo seduti, smentire la nostra ragione sociale fondativa che è nel mettersi alle spalle l’idea di partito novecentesca – gloriosa ma ormai archeologica – sostituendola con un partito degli elettori, di tutti i cittadini che di volta in volta lo scelgono. Anche sul merito della sua proposta politica, culturale, programmatica, il Pd sembra incapace di offrire al Paese posizioni chiare, autonome. E’ così, con totale evidenza, sulla vicenda Fiat. Come tifosi davanti a una partita di cui abbiamo rinunciato ad essere attori, oscilliamo tra gli osanna a Marchionne, elevato al ruolo surreale di eroe riformista e “salvatore della patria”, e la nostalgia dei bei tempi andati della concertazione quando il conflitto sociale sembrava sepolto. E mentre il dibattito qui da noi resta immobile sull’alternativa tra il ricatto della Fiat – “o accettate le nostre condizioni o ce ne andiamo” – e il conservatorismo di chi considera un tabù qualsiasi ipotesi di riforma delle relazioni industriali, nel mondo chi ragiona sul futuro dell’automobile parla di tutt’altro. Qualche giorno fa, per esempio, il ministro dell’industria francesce Eric Besson ha utilizzato pubblicamente l’espressione “guerra economica” riferendosi ad un clamoroso caso di spionaggio industriale che vede coinvolta la Cina ai danni della Renault, la seconda casa automobilistica europea, e che ha per oggetto la ricerca sull’auto elettrica. Ecco, toccherebbe proprio al Pd ricordare alla Fiat, ai sindacati, al governo che la priorità assoluta se si vuole dare un futuro all’auto prodotta in Italia, e dunque un futuro a chi lavora a Mirafiori e a Pomigliano, è puntare sull’innovazione tecnologica, sui motori ecologici che consumano e inquinano meno, come fanno da anni Renault e Volkswagen. Toccherebbe al Pd dire che se a Mirafiori verranno prodotti, come sembra, Suv e Jeep con motori Chrisler – motori che hanno livelli di consumi e di emissioni inquinanti molto più alti dei pari-gamma europei – questo forse può convenire per qualche anno al Marchionne “americano” ma certamente non è nell’interesse di una Fiat che voglia restare italiana. Di questo, anche di questo si parlerà oggi al Caffè Letterario: non per celebrare la nascita dell’ennesima corrente (ha ragione Matteo Renzi: Dio ce ne scampi), ma per dare un aiuto a rimettere in carreggiata tutto il nostro partito, a fargli ritrovare la “giusta direzione”.
Roberto Della Seta Francesco Ferrante
Minicar: molto grave che il Ministero non le equipari a utilitarie
Le recenti disposizioni introdotte dal codice della strada per la guida delle minicar sono insufficienti. Le microcar devono offrire standard di sicurezza analoghi a quelli delle utilitarie e dunque devono superare crash test e prove di stabilità adeguate, e non essere scatole di plastica senza airbag e abs, con il piantone delle sterzo tenuto da un unico bullone”.
Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, in merito a quanto ha accertato finora l’inchiesta della procura di Roma sulla sicurezza delle micro macchine.
“E’ gravissimo – continuano i senatori del Pd – che migliaia di guidatori, in particolare giovani e giovanissimi, utilizzino dei mezzi che sono, come ha certificato la procura di Roma, ‘notoriamente insicuri’, e che ciò avvenga con il sostanziale assenso del Ministero dei Trasporti, a cui da tempo abbiamo rivolto un’interrogazione parlamentare chiedendo l’introduzione di norme più stringenti, innanzitutto equiparando le minicar alle autovetture di piccole dimensioni in materia di sicurezza.”“Continuare a considerare le microcar alla stregua dei motocicli è semplicemente l’alibi per giustificare i vantaggi di questa equiparazione, ovvero la guida senza patente, l’accesso ai centri storici e la possibilità di parcheggiare negli stalli delle moto, ma è una posizione scriteriata che non tutela minimamente i giovani’automobilisti’.” – concludono i senatori democratici.