Articolo uscito su Repubblica
Due bombe a orologeria assediano Roma: gli impianti per il compostaggio dei rifiuti previsti a Cesano-Osteria Nuova (XV municipio) e in Via di Casal Selce (XIII). O meglio, così sembra di fronte alla “rivolta” dei cittadini che vivono nelle zone lambite dai progetti.
La realtà è un’altra: si sta parlando di impianti per ricavare compost dalla frazione organica dei rifiuti urbani; impianti di media taglia – ognuno tratterebbe 50 mila tonnellate di rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata –, di nessuna pericolosità, di semplice e ultra-sperimentata tecnologia, con un impatto ambientale irrilevante. Impianti così sono una condizione indispensabile per avvicinare l’obiettivo dei “rifiuti zero”, cioè per recuperare e riciclare il più possibile della spazzatura che produciamo ogni giorno, senza doverli bruciare negli inceneritori o seppellire nelle discariche.
Le proteste contro i due impianti romani sono l’ultimo episodio di una lunga, lunghissima catena di no a qualunque progetto tecnologico che riguardi il recupero e il riciclo dei rifiuti: no agli impianti di compostaggio, no agli impianti anaerobici che producono biometano (ancora più “green”, perché lavorando in assenza di ossigeno minimizzano la diffusione di odori sgradevoli). E’ una forma paradossale di sindrome “Nimby” – “not-in-my-back-yard”, non nel mio giardino -, che si presenta come difesa dell’ambiente ma nei fatti l’ambiente lo danneggia, ostacolandone un’efficace protezione.
Roma, in questo senso, è un paradigma. Produciamo ogni anno 1 milione e 700 mila tonnellate di rifiuti urbani, quasi 5 mila tonnellate al giorno. Nell’attuale, drammatica carenza di impianti di trattamento, recupero, riciclo, buona parte di questa montagna di spazzatura – anche se raccolta in modo differenziato -viene spedita in giro per l’Italia e persino all’estero: dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto alla Puglia, dall’Emilia a Vienna. Significa che ogni tonnellata di questi rifiuti giramondo non soltanto inquina l’ambiente finendo spesso in discariche e in inceneritori, ma genera un surplus di inquinamento perché viaggia, sui Tir e sui treni, per centinaia di chilometri.
Questo “Nimby” contro natura, bisogna cominciare a dirlo, è nemico dell’ambiente. E i cittadini, le associazioni, i partiti che lo cavalcano sono parte, una parte ingombrante, del problema rifiuti che rischia di soffocare Roma.
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE