Pubblicato su Quale Energia
Quali saranno le politiche energetiche del centrodestra al Governo?
Intanto dobbiamo analizzare il punto di partenza. Veniamo da una legislatura in cui il partito di maggiornaza relativa che è sempre stato al Governo (il M5S) si è sempre dichiarato a favore delle rinnovabili e “nemico” delle fossili, e quando ha ceduto la premiership ha preteso che il Ministero che se ne sarebbe occupato assumesse il beneaugurante nome di “Ministero della trasizione ecologica”. Inoltre anche il premier Draghi sin dal suo discorso di insediatura si era impegnato a rispettare gli obiettivi europei in termini di riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di aumento importante delle fonti rinnovabili.
Nonostante ciò le rinnovabili sono rimaste inchiodate, politiche di efficienza non se ne sono viste (tranne il Superbonus bombardato dallo stesso Governo e da ampi settori della maggioranza), il Ministro della Transizione Ecologica si è distinto piuttosto per la difesa dei fossili e il rilancio del nucleare, e di semplificazioni si è molto parlato ma non abbastanza praticato. Insomma il punto di partenza è assai basso e ci vorrebbe anche poco per fare meglio.
Purtroppo non sembra che l’orizzonte della decarbonizzazione sia quello preferito dalla maggioranza chiamata alla prova di Governo. Se è vero, come ahimè dobbiamo registrare, che dopo avere cancellato la stessa dizione di “transizione ecologica”, che almeno in teoria faceva immaginare una strada seppur progressiva di abbandono dei fossil, a favore della “sicurezza energetica” (alludendo alla sola diversificazione nell’approvigionamento di gas si può immaginare), i primi provvedimenti del Governo sulle politiche energetiche sono state il rilancio delle trivelle alla ricerca del gas domestico e il proseguimento dei bonus urbi et orbi per affrontare il caro bollette, senza distinguere tra coloro – famiglie e imprese – che davvero ne sofforono le conseguenze e chi invece non ne avrebbe nemmeno così bisogno (un errore che persino il capo di Confindustria Bonomi non ha mancato di segnalare).
Anche sul piano delle dichiarazioni degli esponenti del nuovo Governo, sono maggiori gli elementi di preoccupazione che quelli di speranza. Si va dalla premier che prende le distanze dagli “ambientalisti ideologici”, alle solite intemerate di Sgarbi che dice idiozie paragonando le pale eoliche a stupri di bambini, con la novitàgrave che le dice da Sottosegretario al Ministero della Cultura (una postazione che molto potrebbe influire sullo sviluppo concreto delle rinnovabili), al neo Ministro Pichetto Fratin che oltre al solito “rilancio del nucleare” (che sembra più che altro un’arma di distrazione di massa dato che poi nessuno concretamente farà nulla per tornare a una tecnologia obsoleta come quella), ha voluto segnare una continuità con Cingolani (utilizzandolo come consulente fino a portarlo con sé alla prima riunione europea con i colleghi ministri dei 27) che non fa presagire nulla di buono.
D’altra parte volendo ostinarsi a essere ottimisti si può pensare che tutto ciò sia solo un prolungamento fuori tempo massimo della campgna elettorale e che l’inistenza sulle trivelle – ereditata peraltro dall’ultimo scorcio della precedente legislatura – sia solo la mancanza di fantasia che di fronte all’emergenza ha spinto praticamente l’intera classe dirigente di questo Paese a dare risposte vecchie che appartengono a un altro periodo storico. La nostra convinzione, è noto a chi ci segue, è che l’innovazione tecnologica sia più forte dei ritardi, anche culturali, della politica e che quindi i costi sempre più bassi delle rinnovabili saranno la spinta decisiva per la transizione. Allora forse possiamo considerare alcune dichiarazioni di Pichetto in maniera più favorevole. Sia quella per cui in visita a Ecomondo / Key Energy ha confermato la volontà del suo Governo di realizzare 80 GW di nuove installazioni di impianti da fonti rinnovabili in pochi anni, sia forse ancora più importante, il sostegno alla proposta di Massimiliano Atelli, Presidente della Commissione Via/Vas, di rafforzare con personale e risorse adeguate la stessa Commissione. L’accelerazione cui abbiamo assistito dei pareri rilasciati da quella Commissione è infatti l’unica buona notizia degli ultimi mesi. Un’accelerazione che per arrivare a tempi adeguati con il ritmo che si vorrebbe (10 GW all’anno) ha bisogno appunto di più mezzi.
Allora sgombrando il campo da pregiudizi (che invero come abbiamo visto avrebbero una qualche giustificazione), proviamo a prendere sul serio queste ultime dichiarazioni di intenti e di seguito presentiamo un “bignamino” di ciò che servirebbecon tre titoli: investimenti sul gas, semplificazioni per le rinnovabili, promozione dell’efficienza energetica.
Sul gas sarebbe ora di fermare ogni investimento strutturale che si ripagherebbe in alcuni decenni. Se si prende sul serio l’obiettivo europeo di decarbonizzazione per arrivare a net zero entro il 2050 non ha senso continuare a investire su quel fossile, Una cosa – nell’emergenza causata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina – è quella, doverosa e necessaria, della diversificazione dell’approvviginamento, altra è quella di non capire che l’unica “sicurezza energetica” ci può venire dalla produzione di energia da fonti rinnovabili, eolico e solare innanzitutto, ma anche biomasse e geotermia, che sono le uniche di cui diponiamo (in abbondanza peraltro). Se fosse stato chiaro questo già al Governo Draghi per esempio si sarebbe scelta la via tedesca di affittarle le navi rigassificatrici piuttosto che farle comprare (a spese dei contribuenti) da Snam. In modo da utilizzarle per il tempo strettamente necessario,abbattendo così anche le preoccupazioni di quei territori come Piombino che mal sopportano la presenza di quella nave in porto, a superare l’emergenza. Discorso che vale a maggior ragione per le trivelle, non a caso osteggiate anche dallo stesso Governatore Zaia. La riduzione dell’estrazione del gas nel nostro paese (per cui in trent’anni si è passati da da una ventina di miliardi di metri cubi ai miseri 3 attuali) non è stata dovuta – come da narrazione mainstream – da “veti ambientalisti”, ma da pure ragioni di mercato: non era più conveniente, meglio andare a perforare altrove e poi importarlo, così hanno scelto Eni e gli altri attori oil&gas. D’altra parte l’unica norma limitante le estrazioni fu voluta da un Governo Berlusconi (Ministra dell’Ambiente era Stefania Prestigiacomo) che interdisse le stesse entro le 12 miglia dalla costa. Non un grande impedimento. E d’altra parte quando il Governo guidato da Matteo Renzi si fece paladino di nuove estrazioni con la norma “sblocca trivelle”, fece un buco nell’acqua perché, pur essendo riuscito a far fallire il referendum (solo per mancato raggiungimento del quorum perché oltre l’80% dei votanti votò “sì”), nessun operatore si imbarcò in un avventura che ai prezzi correnti appariva un suicidio economico. Ora si vorrebbe puntare a a qualche miliardo di metri cubi di gas senza capire che anche quella ridotta quantità – nella “migliore” delle ipotesi si arriverebbe a 10 miliardi dopo qualche anno, in un Paese che oggi ne consuma oltre 70 – potrebbe essere estratta a un costo elevato che si giustificherebbe solo se i prezzi del gas si mantenessereo al livello abnorme attuale e quindi senza alcun vantaggio per la collettività ma solo per gli estrattori. La scelta quindi non dovrebbe che essere quella di potenziare piuttosto i gasdotti esistenti, usare a massimo regime i rigassificatori che già abbiamo e le due navi per il tempo necessario a superare l’emergenza, promuovere davvero il biometano che potrebbe sostituire sino a 8 miliardi di metano fossile e intanto fare rinnovabili. Tante rinnovabili. Con i relativi accumuli (batterie e utilizzando all’uopo finamente anche i bacini idroelettrici a disposizione.
E per fare le rinnovabili servono le vere semplificazioni, non interventi puntuali e sporadici ma piuttosto una norma quadro che renda facilissimo fare impianti fotovoltaici sui tetti, nelle aree industriali e nelle cave, che non limiti le potenze dell’agrivoltaico per le aziende agricole e che dia tempi certi per le autorizzazioni dell’eolico e del fotovoltaico a terra, limitando la possibilità di espressione del parere alle Soprintendenzze solo nelle aree dove effettivamente pre esistono vincoli. E i termini devono essere perentori, altrimenti deve prevalere il “silenzio-assenso”. E’ questa la vera accelerazione necessaria di fronte all’urgenza delle crisi climatica eper raggiungere la vera sicurezza energetica.
Infine l’efficienza energetica. Di Superbonus abbia gia parlato e sul precedente numero della rivista e non ci torniamo qui. Ma servirebbe davvero una riforma di quello strumento per l’edilizia, spingere sull’elettrificazione del riscaldamento/raffrescamento attraverso le pompe di calore e finalmente affiancare politiche industriali che premino l’efficienza di cui non si ha più notizia dopo la scomparsa dai tavoli del Governo della riforma dei Titoli di Efficienza Energetica. Nom c’è decarbonizzazione possibile senza stimolare l’efficienza nell’offerta tecnologica e il risparmio nella domanda di energia di famiglie e imprese,
Come si vede non sono proposte né di destra né di sinistra in sé, ma di buo senso e utili a stimolare le imprese più innovative. Vedremo se il Governo Meloni sarà in grado di recepirlo
Francesco Ferrante
Vicepresidente Kyoto Club
Vicepresidente Coordinamento FREE