Il panorama energetico italiano

Pubblicato in GreenItaly2023 della Fondazione Symbola

con la collaborazione di Alberto Castelli (Eprcomunicazione)

2.2.1 Panorama energetico italiano[1]

Purtroppo è vero che l’Italia va troppo lenta nello sviluppo delle rinnovabili, che dovrebbero sostituire molto più rapidamente le fonti fossili nell’approvvigionamento di energia se vogliamo raccogliere la sfida della decarbonizzazione per combattere la crisi climatica e tenere fede agli impegni presi a livello internazionale – in ambito Onu – e nell’Unione Europea. Peraltro, in un periodo in cui si moltiplicano gli attacchi politici al Green Deal e alle politiche europee per l’abbattimento delle emissioni carboniche, è utile ripetere che sarebbe una sfida win-win: l’innovazione tecnologica che consente una riduzione sempre più rapida della conversione in energia elettrica delle fonti rinnovabili (sole e vento in primis) e del suo accumulo (importante il calo del costo delle batterie in questi ultimi anni), consiglierebbero di marciare sempre più rapidamente verso l’elettrificazione dei consumi e alla sostituzione dei fossili – a partire dal più inquinante carbone, ma anche tanto progressivamente quanto rapidamente del gas. Otterremo allo stesso tempo risultati concreti nella riduzione delle emissioni ma anche vantaggi competitivi nel mercato globale – stimolando le industrie più innovative[2]–, ridurremmo il costo delle bollette e la nostra dipendenza dall’estero che è strettamente connessa all’utilizzo di fonti fossili. La crisi innestata dall’invasione russa in Ucraina ha infatti dimostrato con la concretezza del caso quanto tale dipendenza sia perniciosa per i conti delle famiglie e delle imprese. E la scelta –probabilmente invitabile nell’emergenza– di sostituire un fornitore (la Russia di Putin) con altri, non ci consente di pensare a un futuro energetico più stabile. La stabilità è invece perseguibile solo ricorrendo a quelle fonti che sono a disposizione di tutti e non dipendono da complicate evoluzioni di questioni che hanno a che fare con la geopolitica.

 

Domanda e offerta di energia: dipendenza energetica dalle importazioni

L’approvvigionamento dell’Italia nel 2021 è stato pari a circa 1666 TWh, di cui solo 278 TWh derivanti da produzione propria. L’Italia è infatti un importatore netto di energia. In media, tra il 2016 e il 2021, l’Italia ha importato l’80% del suo approvvigionamento energetico totale, soprattutto petrolio e gas. La produzione nazionale è costituita principalmente da fonti energetiche rinnovabili come bioenergia, energia idroelettrica, solare ed eolica. La produzione da fonti rinnovabili è aumentata nell’ultimo decennio fino a raggiungere il 74% della produzione energetica nazionale nel 2021, anche perché si è ridotta la quota di fonti fossili (gas soprattutto) estratta a livello domestico, in quanto i costi non erano più competitivi (fig 1).
Il settore energetico italiano dipendeva fortemente dalle importazioni di combustibili fossili dalla Federazione Russa, che nel 2021 rappresentavano un terzo dell’approvvigionamento energetico totale di combustibili fossili. Il gas naturale è stato per il 94% importato e circa il 41% delle importazioni di gas naturale provenienti dalla Russia. Anche per il greggio una quota elevata (92%) è stata importata, di cui il 12% dalla Russia. Tutto il carbone viene importato e più della metà delle importazioni di carbone nel 2021 proveniva sempre dalla Russia.[3]

Guardando all’approvvigionamento totale, l’Italia è il Paese che presenta la maggiore incidenza del gas naturale tra le proprie fonti energetiche (con peso pari a oltre il 40%), seguita dal petrolio e prodotti petroliferi con una quota pari al 33% (37% del consumo finale totale). Tra le altre fonti energetiche sono da segnalare le rinnovabili, con un’incidenza da rimarcare per l’Italia pari a circa il 20%. Il carbone gioca solo un ruolo minoritario – e in continua diminuzione – nel mix energetico italiano, rappresentando poco meno del 5% dell’approvvigionamento energetico totale (fig 1).[4]
 

Fig 1: Panoramica della produzione, dell’approvvigionamento e del consumo per fonti di energia in Italia

Anno 2021, PJ

Fonte: IEA, 2023

*TES (approvigionamento energetico totale), TFC (consumo finale totale).

 

Nel periodo che va dal 2000 al 2021 in Italia si è quindi assistito a un sensibile decremento del peso del petrolio e prodotti petroliferi sulla disponibilità energetica lorda[5] (dal 51,9% al 32,9%) con un contestuale incremento del gas naturale (dal 32,9% al 40,9%) e delle rinnovabili, che si sono più che triplicate (dal 5,7% al 19,5%).[6]
Se si guarda alla disponibilità energetica lorda –  nell’ottica quindi di analizzare l’offerta di energia in base alla provenienza (interna o estera) –   si osserva come in Italia nel 2000 la produzione primaria realizzata attraverso l’estrazione di gas naturale rappresentava il 48,4% del consumo di gas al tempo, mentre nel 2010 tale contributo risultava più che dimezzato con una quota pari al 20,9%, subendo un ulteriore declino negli anni successivi fino a raggiungere la quota dell’8,7% nel 2020.
Quello che è quindi accaduto nell’ultimo ventennio – per cui il gas naturale è arrivato a pesare il 40,9% sulla disponibilità energetica lorda – è da una parte l’aumentato nel ricorso al gas naturale per la produzione di energia elettrica con la realizzazione delle centrali a ciclo combinato che hanno progressivamente sostituito olio (non più utilizzato) e il carbone (assai ridotto); dall’altra però le estrazioni domestiche si sono invece ridotte, non tanto per impedimenti di natura burocratica-autorizzativa e per le campagne ambientaliste ma piuttosto perché i costi di estrazione erano tali da spingere gli operatori a preferire le più convenienti importazioni. Infatti nel periodo 2000-2020, a fronte di un crollo della produzione primaria di gas naturale del 75,9%, le importazioni di gas naturale sono aumentate del 15,6%. In particolare, la quota delle importazioni di gas naturale che rappresentava il 27,0% dei consumi totali di energia nel 2000 ha registrato un significativo incremento raggiungendo nel 2020 il peso del 41,5% sui consumi energetici totali.[7]

In conseguenza di ciò la dipendenza complessiva del nostro sistema energetico dalle importazioni (al netto dei prodotti esportati) e stata nel 2022 dell’81% circa, in crescita rispetto al 75% del 2021, soprattutto in conseguenza della diminuzione della produzione idroelettrica.[8]
Ovviamente nel 2022, con la guerra della Russia all’Ucraina e le conseguenze sanzioni, il quadro è cambiato e, pur non avendo mentre scriviamo tutti i dati disponibili, possiamo descrivere la nuova mappa degli approvvigionamenti di gas dell’Italia che è ancora peraltro in evoluzione. Se nel 2021 il maggiore partner per l’importazione era la Russia con 29,1 miliardi di metri cubi transitati dal Tarvisio verso il nostro Paese, nel 2022 la quota di gas proveniente da Mosca è scesa del 61% a 11,2 miliardi di metri cubi. È cresciuto del 12% il flusso proveniente dall’Algeria, secondo Paese per quantità di gas importato, passato da 21,2 a 23,7 miliardi di metri cubi. Mentre l’Azerbaijan, il terzo Stato da cui l’Italia riceve più gas (attraverso il TAP[9]), ha aumentato l’export verso il nostro Paese, passando nel 2022 a una fornitura di 10,2 miliardi di metri cubi, contro i 7,2 del 2021 (+41%) (fig 3).
Quote minori, seppur sempre più rilevanti vengono dal Mare del Nord (da Olanda e Norvegia) con una crescita del 241%: dai 2,2 miliardi di metri cubi del 2021 si è passati ai 7,4 del 2022. Nel suo piccolo c’è anche il Gnl (gas naturale liquefatto), trasportato via nave con il rigassificatore di Panigaglia (La Spezia) che ha raddoppiato la sua capacità nel 2022 passando da 1,1 a 2,2 miliardi di metri cubi di gas processato (+102%), e quello di Livorno che ha ricevuto 2,2 miliardi di metri cubi nel 2022, contro l’1,4 dell’anno precedente (+70%).[10]
Quote destinate ad aumentare significativamente con le due navi rigassificatrici acquistate da Snam a Piombino e a Ravenna.[11]

Fig 3: Importazioni di gas in Italia e Paesi di provenienza

Anni 2021 e 2022, miliardi m3 e variazioni percentuali

Fonte: elaborazione e stime di Nomisma Energia su dati Ministero dell’Ambiente e Snam

 

Fig 3b: ANDAMENTO delle IMPORTAZIONI DI GAS IN ITALIA per Paese di provenienza
Anno 2022, milioni Sm3
Fonte: Snam

 

 

Consumi e fabbisogno di energia primaria[12]

In termini di fonti, il calo di circa 5 Mtep[13] nel 2022 dei consumi di energia primaria[14] rispetto al 2021 è stato la risultante di una forte contrazione di gas naturale – dovuto alle sanzioni – ma anche di fonti rinnovabili per il calo dell’idroelettrico (- 10 Mtep in tutto), compensata solo per metà dalla maggiore richiesta di petrolio e carbone.
I consumi di gas, dopo la decisa crescita del 2021 (+7% sul 2020), si sono contratti di circa 6 Mtep nel 2022 (-10%), in larghissima parte per la minore richiesta negli impieghi finali, dove si sono registrati cali di circa il 14% sia sulle reti di distribuzione sia nel settore industriale.[15] Oltre la metà del calo è maturato nel corso degli ultimi mesi dell’anno, favorito in primis dal fattore clima (-25% il calo nel IV trimestre) che indubbiamente ha aiutato a superare l’emergenza legata alla riduzione delle importazioni del gas russo.
Il consumo di fonti rinnovabili (biomasse termiche escluse) si è ridotto nell’anno 2022 di circa 4 Mtep (-12% sul 2021), a causa del dato particolarmente negativo della produzione idroelettrica (-37% sull’anno precedente). La conferma, da una parte, che eventi siccitosi – che purtroppo dobbiamo temere sempre più frequenti causa la crisi climatica –  rendono meno sicura la fonte rinnovabile più “antica” nel nostro Paese e con un peso percentuale importante; dall’altra che il sostanziale stop nell’ultimo decennio subito dalle “nuove” rinnovabili – dovuto a miopi scelte politiche, a procedure autorizzative-burocratiche troppo farraginose e vari fenomeni nimby[16] – non ce lo possiamo più permettere. Con questo calo, l’energia primaria da rinnovabili è tornata sotto il livello di cinque anni fa.
Dopo il forte rimbalzo post-Covid del 2021 (+11% sul 2020), nel 2022 è proseguita la risalita della domanda di petrolio, quasi 3 Mtep in più rispetto al 2021 (+5%), fino a quasi 57 Mtep totali. A fine 2022 i consumi di petrolio sono comunque ancora inferiori ai livelli pre-Covid, per 2 Mtep (-3%), confermando d’altra parte un declino progressivo.
I consumi di combustibili solidi (prevalentemente carbone), dopo il +10% del 2021 (sul 2020), hanno segnato nel 2022 una variazione positiva ancora più marcata, superiore al 25% su anno precedente, per il maggior ricorso negli usi termoelettrici (+60% usi secondo i dati Terna). Dopo la netta riduzione del biennio 2019-20, i consumi tornano ai livelli pre-covid. Ma anche il Governo attuale ha confermato la chiusura delle ultime centrali a carbone entro il 2025.

 

Fig 4: Fabbisogno di energia primaria per fonte
Anni 2000-2022, variazione Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) rispetto anno precedente
Fonte: Enea, 2023

Fig 5: Consumi annui per fonte
Anni 2005-2022, Mtep
Fonte: Enea, 2023

 

 

 

 

Fabbisogno elettrico e rinnovabili in Italia

Scendendo nel dettaglio dell’energia elettrica, nel 2022 il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 316,8 miliardi di chilowattora, circa l’1% in meno rispetto al 2021. In tale cornice, le fonti rinnovabili hanno coperto complessivamente il 31,1% della domanda, con un forte calo legato alla produzione idroelettrica (fig 6). La domanda del 2022 è stata soddisfatta per l’86,4% con produzione nazionale e per la quota restante (13,6%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero.[17]

Dal lato della produzione nazionale, la contrazione della generazione idroelettrica (-37,7%), imputabile al lungo periodo di siccità, è stata parzialmente compensata dall’aumento della generazione termoelettrica (+6,1%) e in particolare dall’incremento di quella a carbone, a seguito delle azioni messe in atto dal Governo per fronteggiare la crisi del gas. In questo scenario, il saldo con l’estero è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2021, pari a 13,6% per il 2022. [18]

Fig 6: Composizione fabbisogno elettrico in Italia
Anno 2022, percentuali
Fonte: Terna, 2022

 

Andando ad analizzare le fonti energetiche rinnovabili (FER), – come già detto, nel 2022 coprono il 31,1% del fabbisogno elettrico nazionale –
nel 2022 per la prima volta, la produzione fotovoltaica raggiunge quella idroelettrica, che purtroppo si è considerevolmente ridimensionata a causa della grave siccità che ha colpito l’Italia, passando da circa il 40% sul totale FER del 2021 al 28,4% del 2022. Questo, come abbiamo già ricordato, è il principale motivo per cui la copertura da rinnovabili del fabbisogno nazionale nel 2022 è passata dal 37% del 2021 al 31% del 2022.  Il contributo della produzione fotovoltaica è stato quindi del 28% sul totale FER, seguita da eolica (20,7%), biomasse (17,4%) e geotermica (5,5%).[19]

Fig Andamento produzione da FER e peso FER su fabbisogno nazionale
Anni 2007-2022, TWh e percentuali
Fonte: Elaborazioni ANIE Rinnovabili su dati Terna

 

Fig 8: Produzione e distribuzione della capacità in esercizio* per FER

Anni 2021 e 2022, GWh e MW
Fonte: Terna, 2022

Fotovoltaica

Eolica

Idroelettrica rinnovabile

 

Geotermica

* La capacità in esercizio tiene conto di nuove attivazioni, potenziamenti e dismissioni degli impianti.

 

Focalizzandoci sulle installazioni, nel 2022 l’Italia ha raggiunto una capacità totale installata rinnovabile di circa 61 GW suddivisi in: 25 GW di fotovoltaico, 12 GW di eolico, 19 GW di idroelettrico e 5 GW tra geotermoelettrico e bioenergie, distribuiti a livello regionale. Sono numeri ancora troppo bassi rispetto alle necessità ma anche rispetto a quello che il sistema industriale italiano potrebbe garantire, sia per quanto riguarda i due big del settore  (fotovoltaico ed eolico – on e off shore, con quest’ultimo ancora fermo all’unico impianto al largo di Taranto), ma anche per i più piccoli ma promettenti geotermico (con gli impianti a ciclo chiuso che sfruttano la bassa e la media entalpia)[20] e biogas (da buone pratiche agricole come proposto dal CIB – Consorzio Italiano Biogas). Se andiamo nel dettaglio regionale delle installazioni, in testa si trova la Lombardia, con quasi 10 GW (di cui oltre la metà idroelettrico), seguita a distanza dalla Puglia con 6,5 GW, dal Piemonte con 5,5 GW. Sotto i 5 GW si collocano tutte le altre Regioni, con la Liguria che chiude la classifica con appena 0,4 GW (fig 7).[21]

Fig 7: Potenza totale installata in Italia al 2022

Anno 2022, GW
Fonte:
Elaborazioni ANIE Rinnovabili su dati Terna

 

 

Guardando alle nuove installazioni, nel 2022 si registra l’installazione di 3 GW di fonti rinnovabili. Siamo ancora distanti da quell’obiettivo di circa 8-9 GW/annui individuato come l’unico che ci consentirebbe di raggiungere i target previsti al 2030.  I nuovi impianti sono suddivisi tra 2.318 MW di fotovoltaico, 531 MW di eolico, 60 MW di idroelettrico e 18 MW di bioenergie. Mentre per gli impianti esistenti, si sono registrate dismissioni e potenziamenti pari a +164 MW per il solare, – 5 MW per l’eolico, -29 MW per l’idroelettrico e -21 MW per le bioenergie.
Il fotovoltaico raggiunge quota 2.318 MW di nuova potenza connessa nell’intero 2022. Tutte le regioni hanno conseguito un risultato positivo nel 2022. La nuova potenza entrata in esercizio è costituita per il 44% da impianti di potenza inferiore ai 10 kW (installati 187.688 impianti), per il 36% da impianti di potenza compresa tra i 10 kW e 1 MW (18.416 impianti) e per il restante 20% da impianti di potenza superiore a 1 MW (63 impianti).  Complessivamente sono stati connessi alla rete 206.167 impianti.
Per l’eolico nel 2022 si osserva un trend di crescita deludente con soli 531 MW di nuova potenza installata (+25% rispetto al 2021). Complessivamente sono entrati in esercizio 215 impianti. L’88% della nuova potenza, è installata su 18 impianti di potenza superiore a 5 MW.
A livello regionale, nel 2022 si registra una decrescita di potenza connessa rispetto al 2021 per Basilicata e Calabria e, al contrario, un incremento di potenza in Campania, Puglia e Sicilia.
Per quanto riguarda la diffusione territoriale, la maggior parte della nuova potenza connessa (94%), è localizzata nelle regioni del Sud Italia ed isole maggiori.
Nel 2022 si segnalano per l’idroelettrico 60 MW di nuova potenza connessa. Dal punto di vista regionale, Lombardia, Piemonte e Trentino Alto Adige risultano le più attive sulla fonte della potenza installata di idroelettrico; in Veneto si è riscontrata la maggior diminuzione rispetto al 2021.
Dei complessivi 145 nuovi impianti installati nel 2022, di cui 16 risultano di potenza superiore ad 1 MW, il 79% è ubicato nel Nord Italia.
Le bioenergie hanno diminuito il contributo, con nuova potenza installata nel 2022 pari a 18 MW ( -177% rispetto al 2021) distribuiti su 73 nuovi impianti, confermando l’interesse per gli impianti di taglia piccola.[22]

Come detto, la lentezza nello sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese dipende da molti fattori – il principale resta quello legato alle procedure burocratiche-autorizzative –, ma nonostante ciò è indubbio il merito delle Commissioni VIA[23] nazionali (sia quella ordinaria che quella speciale dedicata ai progetti PNRR) che hanno accelerato moltissimo dando pareri in grandissima parte positivi (seppur con prescrizioni, come d’altronde è normale che sia). I rallentamenti sono connessi soprattutto alla contrarietà pregiudiziale “culturale” dei decisori e alle lentezze delle Regioni. Da questo punto di vista, non desta molto ottimismo la bozza del decreto sulle aree idonee recentemente inviata per il relativo parere alla Conferenza Stato- Regioni: un decreto la cui funzione dovrebbe essere quella di accelerare le autorizzazioni nelle cosiddette aree “idonee” e che invece appare ancora davvero troppo farraginoso nelle procedure da espletare.

 

Filiera produttiva delle rinnovabili in Italia

Le imprese attive e potenzialmente attive nella filiera delle rinnovabili sono 21.378, caratterizzate da una dimensione media di 13,4 addetti, valori superiori di 3,6 volte rispetto alla totalità delle imprese extra-agricole. La distribuzione per grandi settori fa emergere le attività di Installazione e manutenzione (44,1%), commercio (14,1%), manifattura (11,2%), produzione e distribuzione di energia (7,2%) e consulenza, collaudo, monitoraggio (7,1%).
Per il complesso delle 21.378 imprese attive o potenzialmente attive nella filiera delle rinnovabili, quasi un terzo ha la propria sede legale in Lombardia e Lazio. La Lombardia, in particolare, con 3.778 imprese e 17,7% di quota percentuale è la regione con la maggiore presenza di imprese in Italia, seguita dal Lazio con 2.446 e una quota del 10,5%. Al terzo posto si colloca il Veneto (1.995, 9,3%), regione seguita dalla Campania (1.733, 8,1%) e quindi a brevissima distanza dall’Emilia- Romagna (1.703, 8,0%).
Queste cinque regioni costituiscono nell’insieme il 53,6% del totale delle imprese individuate (fig Y).[24]

Fig Y: Distribuzione territoriale delle imprese della filiera rinnovabile
Anno 2022, valori assoluti
Fonte: Fondazione Symbola – Italian Exhibition Group, 2023

 

Conclusioni

Il ritardo nell’emanazione del Decreto FER2 (per incentivare le rinnovabili innovative come la geotermia) è la stessa causa che provoca l’inadeguato sviluppo del biogas, che oltre a poter contribuire molto significativamente alla sostituzione del metano fossile con il biometano[25], se adeguatamente regolato, può contribuire anche con produzione di energia elettrica per 3.200 GWh/anno.
Paradossale poi la questione del solare termodinamico: proprio a causa del ritardo FER2, si è sostanzialmente bloccata una tecnologia dove il nostro Paese – con la presenza di un’industria capace di sviluppare il progetto messo a punto da Enea con il Nobel Carlo Rubbia – potrebbe giocare un ruolo da protagonista.
Gli ultimi due esempi sono la migliore dimostrazione dello scarto ancora esistente tra le potenzialità del sistema industriale –  grazie alla spinta dell’innovazione –  e la lentezza delle scelte politiche che dovrebbero essere conseguenti.
Non abbiamo più tempo da perdere invece per combattere la crisi climatica, ma anche per capire che la transizione ecologica ed energetica è una straordinaria occasione di sviluppo e di nuova occupazione, che può diventare un’occasione persa se continueremo a ignorarne necessità ed opportunità, ostacolandola.

[1] Redatto da Francesco Ferrante vicepresidente Kyoto Club con Alberto Castelli.

[2] Come hanno scelto di fare anche gli Usa con il programma IRA (Inflation Reduction Act), che proprio su queste tecnologie punta per sostenere il suo sistema industriale.

[3] International Energy Agency (2023), Italy 2023 – Energy Policy Review.

[4] ibidem

[5] Produzione energetica primaria (interna) e importazioni.

[6] Ministero della Transizione Ecologica (2022), La Situazione Energetica Nazionale nel 2021.

[7] Ibidem

[8] ARERA (2021), Relazione Annuale – Stato dei servizi 2020, Volume 1.

[9] Il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP).

[10]  Deganello S., Gas, crollo flussi Russia. Ecco le nuove rotte delle forniture. Il Sole 24 Ore, 21 gennaio 2023.

[11] A questo proposito, ricordiamo la scelta del Governo Draghi di acquistare appunto le navi e non ricorrere, come ha fatto la Germania che si trovava nella stessa emergenza, all’affitto delle stesse. Una scelta che appare più lungimirante se vista nella prospettiva della decarbonizzazione che necessariamente comporterà una riduzione del ricorso al gas. In Italia invece si è scelta una strada che rischia di causare un effetto lock in in considerazione del fatto che la spesa per l’acquisto da parte di Snam si ripercuote, come previsto dalla legge, sulle bollette che pagheranno per vent’anni cittadini e imprese.

[12] ENEA (2023), Analisi trimestrale del sistema energetico Italiano – Anno 2022.

[13] Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.

[14] L’energia primaria è qualsiasi energia che esiste naturalmente e non è stata modificata in un’altra forma dagli esseri umani (come invece è per l’energia elettrica, di cui parleremo nel dettaglio nei paragrafi successivi).

[15] Dati Snam.

[16] Con nimby (not in my back yard) si sintetizzano le opposizioni locali a ogni tipo di impianto a prescindere dalla sua utilità.

[17] Terna (2022), Dicembre 2022: Rapporto Mensile sul Sistema Elettrico.

[18] ibidem

[19] ANIE Rinnovabili,  Lo Stato dell’arte delle rinnovabili in Italia 2022. Staffetta online- Rienergia, 18 aprile 2023.

[20] Negli impianti a circuito chiuso il fluido termovettore che trasporta il calore (in genere acqua) circola all’interno di tubazioni – sonde geotermiche- installate nel sottosuolo, attraverso le quali si scambia il calore.

[21] ANIE Rinnovabili, Lo Stato dell’arte delle rinnovabili in Italia 2022. Staffetta online- Rienergia, 18 aprile 2023. https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/35213/Lo+stato+dell%E2%80%99arte+delle+rinnovabili+in+Italia+nel+2022/ANIE+Rinnovabili#:~:text=Lo%20stato%20dell%E2%80%99arte%20delle%20rinnovabili%20in%20Italia%20nel,la%20maturit%C3%A0%20di%20una%20filiera%20che%20vuole%20crescere.

[22] ANIE Rinnovabili (2022),Osservatorio FER -Dicembre 2022.

[23] Valutazione impatto ambientale.

[24] Fondazione Symbola – Italian Exhibition Group (2023), Filiere del futuro – Geografia produttiva delle rinnovabili in Italia.

[25] La potenzialità si è calcolata in 8 miliardi di metri cubi in Italia e l’Europa ha un obiettivo complessivo di 35 miliardi di metri cubi.

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