pubblicato su QualEnergia
Il Superbonus è una misura che deve essere riformata e resa stabile almeno per un medio periodo
IL FUTURO DEL SUPERBONUS
Per discutere del futuro del Superbonus, a partire dalla domanda se sia o meno auspicabile che quel provvedimento abbia un futuro nelle mutate condizioni politiche, bisogna partire dai numeri del passato e dall’analisi corretta degli stessi.
Gli ultimi disponibili alla data di scrittura di questo articolo sono quelli riferiti al 30 settembre.
I NUMERI
A quella data grazie al provvedimento erano stati aperti 300mila cantieri per detrazioni fiscali asseverate di oltre 51 miliardi di euro. Il 40% di tali detrazioni erano destinate ai circa 40mila condomini che hanno fatto o stanno ancora completando i lavori perché la spesa media per un intervento in condominio è stata di oltre 500mila euro, mentre quella in edifici unifamiliari si aggira intorno ai 100mila euro. Si deve anche tener conto che nel mese di settembre c’è stata un’accelerazione per quanto riguarda le asseverazioni negli edifici unifamiliari in quanto scadeva proprio a fine mese l’obbligo di aver terminato almeno il 30% dei lavori che il legislatore ha previsto in seguito alla decisione di non prorogare all’anno prossimo la detrazione per le unifamiliari. E infatti nel solo mese di settembre c’è stato un balzo di circa 8 miliardi per gran parte attribuibile proprio a quella tipologia di abitazioni. Al netto di tale eccezionalità possiamo ritenere più attendibili, come media attesa per i risultati finali al 2022, i dati al 30 agosto per cui la metà delle detrazioni erano riferiti a condomini.
Quindi il primo dato su cui ragionare è che non è vero che il superbonus abbia favorito le “villette”. Un’affermazione che peraltro, malevolmente, confonde “edifici unifamiliari” dove abitano la stragrande maggioranza degli italiani con le “villette” dei più abbienti e le seconde case.
LA GEOGRAFIA
Ma dove sono stati realizzati tali interventi? Al primo posto la Lombardia (senza sorprese visto che ha il doppio degli abitanti di qualsiasi altre Regione italiana) con 47mila interventi, al secondo il Veneto con 37mila e al terzo il Lazio con 27mila. Ma le Regioni del sud non sono lontane: 21mila in Sicilia, 20mila in Puglia, 18mila in Campania. Una misura molto diffusa quindi che ha funzionato in maniera abbastanza omogenea sul territorio nazionale e che ha perciò assolto anche a un funzione di emersione dal nero, che in quel settore soprattutto al Sud è una piaga da sempre con pesanti ripercussioni anche sulla sicurezza e la stessa vita dei lavoratori.
LE TRUFFE
Altro dato fondamentale su cui ragionare e su cui purtroppo, complici dichiarazioni incaute del Presidente del Consiglio Mario Draghi e del suo Ministro del Tesoro Daniele Franco, si è fatta parecchia confusione sono le truffe legate al Superbonus. In realtà poche, appena il 3% del totale secondo la stessa Agenzia delle Entrate, i cui dati spiegano bene che la maggior parte delle truffe si sono verificate invece sull’inutile e dannoso “bonus facciate” voluto dal Ministro Franceschini. D’altronde era semplice prevederlo: mentre sul Superbonus sono previsti le asseverazioni di tecnici che rischierebbero sulla propria pelle dichiarazioni false, nulla di tutto questo è previsto sul bonus facciate che “regala” il 90% di detrazioni e che quindi ben si presta a fatturazioni false e che comunque va a vantaggio di interventi che si sarebbero realizzati probabilmente comunque, che non porta alcun beneficio in termini ambientali e molto pochi in termini occupazionali. Quelle incaute dichiarazioni governative e la campagna stampa conseguente non sono state innocue. Anzi hanno determinato una gravissima stretta creditizia che ha rischiato di mandaregambe all’aria decine di migliaia di imprese del settore (quelle più piccole con le spalle meno larghe delle utilities e dei big del settore energetico). Una situazione paradossale che il Governo ha sanato solo in extremis – solo dopo molte resistenze al suo interno – con il provvedimento che a settembre ha risbloccato le attività delle banche.
IL VALORE ECONOMICO
Come si scriveva all’inizio però il Superbonus sino adesso ha richiesto uno sforzo economico allo Stato molto ingente in quanto il MEF rinuncia alle relative entrate fiscali. E il successo stesso dell’iniziativa (prevedibile peraltro sin dal suo varo) “aggrava” la questione. Infatti le coperture finanziare previste erano”solo” di 33 miliardi. Un impatto quindi insostenibile per il nostro fragile bilancio? Qui volutamente non facciamo riferimennto al PNRR che pure destina, coerentemente con le scelte di Next Generation EU che vuole promuovere Green Deal ed efficienza energetica, importanti risorse alla misura che stiamo esaminando. Vogliamo invece richiamare l’attenzione sulla storia – ormai ventennale – dei bonus fiscali sull’edilizia che nelle loro varie versioni, prima il 50%, poi il 65% nei casi in cui erano previsti interventi a favore del risparmio energetico, secondo il Centro Studi della Camera dei Deputati e il Cresme (qui per esempio con i dati al 2021: http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/am0036c.pdf?_163948534309) ha sempre comportato un saldo positivo nelle casse dello Stato se solo si considerasse il già citato effetto di emersione dal nero e l’aumento del PIL con conseguente aumento di incassi da IRPEF, IVA, ecc. Un aumento del PIL che nel caso del Superbonus è valso da solo l’1% del totale, contribuendo nel corso dell’ultimo anno alla migliore performance del nostro Paese, relativamente a questo parametro, rispetto agli altri paesi europei. Ma chi si preoccupa per il bilancio dello Stato, giustamente peraltro a nostro avviso, fa notare che questa misura per la prima volta arriva a concedere detrazioni per un importo addirittura maggiore di quello necessario per la realizzazione degli interventi. Ance e Nomisma hanno fatto a luglio un approfondito lavoro di analisi da cui emergeva che a fronte di un investimento, le mancate entrate fiscali, da parte dello stato che allora era ancora di 38,7 miliardi di euro la misura generava sull’economia nazionale un valore economico da effetto diretto – cioè il valore della produzione aggiuntiva nel settore stesso e in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo – di oltre 56 miliardi di euro (senza voler considerare i 25 miliardi di euro di valore economico generato per effetto indiretto e i 43 da effetto indotto calcolati dallo stesso studio). Il motivo sta nel fatto che seppur l’investimento Superbonus produce nelle casse dello Stato un effetto negativo rispetto all’intervento eseguito, il contributo alla generazione di PIL nell’intero sistema economico riesce a compensare la spesa e a generare valore aggiunto, e quindi plausibile prevedere nel medio-lungo periodo anche il riassorbimento completo della spesa. Un’analisi quella di Nomisma ed Ance che conferma gli studi precedenti, per numeri allora più piccoli, del Consiglio Nazionale degli Ingegneri che nell’ottobre del 2021 stimava per quell’anno che a fronte di una spesa di 6,4 miliardi di euro, la generazione di Pil avrebbe raggiunto oltre 12 milardi di euro. Inoltre bisogna valutare anche l’incremento del valore immobiliare che che può essere stimato in circa 5 miliardi di euro, anche nell’ipotesi cautelativa in cui tutte le unità immobiliari coinvolte migliorino di appena due classi energetiche (come il minimo di legge)
IL VALORE SOCIALE
Quello che andrebbe sempre premesso nell’analisi dei risultati del Superbonus, e diconseguenza sulle sue prospettive future, è la ratio di quel provvedimento che intendeva sin dall’inizio rivitalizzare un settore che versava in una lunga e profonda crisi, l’edilizia, senza danneggiare l’ambiente con un’iniziativa che avrebbe consentito di lavorare senza consumare un metro quadro di suolo in più e anzi migliorando l’efficienza energetica del nostro vetusto patrimonio edilizio che contribuisce non poco alle emissioni di gas climalteranti. Ebbene da questo, fondamentale, punto di vista il Superbonus non può non considerarsi un successo. Citando di nuovo lo studio Nomisma ed Ance (che essendo l’associazione delle imprese edili questi numeri li dovrebbe conoscere meglio di chiunque altro), la misura ha significato una maggiore occupazione di oltre 400mila persone nel settore costruzioni, cui si aggiungono gli oltre 200mila derivanti dai settori collegati. Totale 600mila occupati in più!
Inoltre molto si è discusso sulla presunta “diseguaglianza” del Superbonus che avrebbe regalato soldi a ricchi che si sarebbero potuti pagare l’intervento almeno in parte da soli senza avere questo regalo dallo Stato. Da qui anche alcuni correttivi proposti collegati all’ISEE del beneficiario, che sarebbero anche condivisibili sino a quando non determinano ulteriori difficolta di applicazione (si pensi all’intervento in un condominio: l’ISEE dei condomini potrebbe essere molto vario), ma che a parere di scrive resta di dubbia efficacia in un Paese con un’evasione fiscale così ampia. Mail punto essenziale che sembra che questa discussione dimentichi è che si è passato dal 65% di detrazioni, previsto sino all’introduzione del Superbonus, alla copertura quasi completa dell’intervento (il 10% che oltrepassa il 100% ma anche di più, viene assorbito, come si è visto chiaramente in corso d’opera, da chi “compra” il credito), proprio per superare il problema degli incapienti, le fasce più povere della popolazione, che dalla detrazione parziale non potevano trarre alcun beneficio. Ma ciò che più rileva in questa discussione, frutto mi pare più di qualche pregiudizio ideologico che non di dati reali, é che già a luglio, e il dato ovviamente é destinato a salire, erano quasi mezzo milione (483.000 per la precisione) le famiglie a reddito medio-basso, sotto i 1800 euro che grazie al Superbonus potranno abitare in una casa più confortevole, risparmiando energia e centinaia di euro in bolletta (quanto importante in questo periodo!) e, per chi ne è proprietario, hanno anche visto aumentato il valore patrimoniale della propria abitazione.
VALORE AMBIENTALE
Sul risultato dal punto di vista dell’efficienza i dati sono purtroppo ancora incompleti. Prima dell’estate Nomisma stimava in circa 1 milione di tonnellate le emissioni di CO2 evitate pari a circa il 50% delle emissioni originarie causate da quegli edifici. Per l’Enea gli interventi hanno comportato un risparmio di energia primaria di circa 5.650 GWh/anno per due terzi connesso a interventi sulle superfici opache e trasparenti e per la restante quota agli impianti termici. Inoltre ha consentito di installare molti pannelli fotovoltaici sui tetti, contribuendo per circa il 50% all’incremento di potenza di fotovoltaico installato sul parco immobiliare italiano. Una quantità come è noto ancora ridotta e insufficiente, ma il Superbonus ha svolto il suo ruolo positivo: sono stati istallati oltre 170mila impianti fotovoltaici cui corrisponde una potenza di circa 1000 MW, e oltre 160mila sistemi di accumulo cui corrisponde una capacità di quasi 4000 MWh e infine 130mila colonnine di ricarica per veicoli elettrici (dati Enea). Numeri ancora piccoli ma nel deserto di altre iniziative volte a promuovere rinnovabili, accumuli ed elettrificazione il Superbonus ha brillato di luce propria
CRITICITÀ E SVILUPPI FUTURI AUSPICABILI
Le criticità sono tre e richiedono interventi indispensabili per potere pensare al futuro di una misura che attraverso le detrazioni fiscali incentivi la riqualificazione del nostro patrimonio edilizio e che richiederebbe un intervento legislativo di riordino che contempli l’abrogazione immediata di quelle inutili e dannose, quali il “bonus facciate”, e l’armonizzazione delle altre premiando progressivamente di più quelle che presentano un maggior grado di efficacia in termini di miglioramento delle classi energetiche.
Prima criticità è consistita nell’abnorme aumento dei costi. Nonostante che alcuni studi comparativi non abbiamo trovato differenze apprezzabili fra ciò che è successo sui prezzi delle materie prime da costruzione nel nostro paese e ciò che avvenuto in altri paesi europei dove il Superbonus non c’era, è indubitabile che un norma che prevede per il consumatore che è “tutto gratis” non aiuti a contenere i prezzi, e quindi aumenti lo sforzo dello Stato per coprire le detrazioni previste. La contromisura più importante è quella di stabilizzare la norma in modo da disincentivare la corsa all’accaparramento di materiali e strutture (i ponteggi in una certa fase erano diventati merce preziosa e quasi introvabile) e esercitare controllo ferreo e dinamico sui prezziari cui si devono attenere le imprese
Seconda criticità è la tipologia degli edifici su cui l’intervento deve essere promosso. Da questo punto di vista non ha davvero senso insistere sulle “seconde case” sia per una questione di equità sociale – in questo caso evidente – sia per il ridotto se non irrilevante risultato dal punto di vista del risparmio energetico di abitazioni poco abitate e con un consumo quindi ridotto. Mentre invece ci si dovrebbe concentrare di più sullo sterminato patrimonio pubblico: dalle case popolari alle scuole, agli ospedali che come è noto sono strutture assai energivore.
Infine quali interventi sono davvero da promuovere. Qui c’e l’errore più grave del superbonus: aver voluto inserire le caldaie a gas tra gli interventi incentivabili. Un non sense dato che nel percorso di decarbonizzazione dovremo fare a meno del gas e perché di fatto cosi si rallenta la necessaria elettrificazione del riscaldamento/raffrescamento degli edifici attraverso le pompe di calore. I dati Enea ci dicono che solo il 40% degli interventi ha riguardato i “cappotti”, l’isolamento cioè delle superfici opache, che invece sono la tipologia di interventi da privilegiare di più; il 20% ha riguardato impianti di produzione di energia termica, e come detto li abbiamo in gran parte “regalati” al gas; il 20% alla sostituzione degli infissi (importante ma che ha davvero senso solo in abbinamento con il cappotto); l’ultimo 20% su fotovoltaico e accumulo che è sicuramente positivo.
In conclusione l’auspicio che formuliamo è che Parlamento e Governo stabilizzino la misura stabilizzandola e riformandola magari confrontandosi finalmente e in trasparenza con operatori e stakeholder come in questi mesi di dibattito confuso e pieno di fake news non si è voluto fare
Francesco Ferrante
Vicepresidente Kyoto Club