pubblicato su huffingtonpost.it
Forse domenica scorsa in Francia – solo in Francia? – è cambiato secolo. Il trionfo dei candidati ecologisti nei ballottaggi delle elezioni municipali (il primo turno s’era svolto il 15 marzo, già in piena emergenza Covid), fa letteralmente a pezzi due “teoremi” considerati a lungo immutabili, entrambi eredità del ‘900. Primo teorema: la sinistra, i progressisti hanno la loro guida immancabile nei partiti socialisti. Secondo teorema: il voto ecologista può andare forte nei periodi di “vacche grasse”, ma quando c’è crisi economica, quando – per usare una metafora di moda in Francia – arrivare alla fine del mese conta di più che preoccuparsi della fine del mondo, il “verde” torna di nicchia, opzione buona per piccoli gruppi di radical-chic.
Partendo da numeri e nomi, quanto accaduto nelle urne transalpine è davvero senza precedenti. Avranno sindache o sindaci ecologisti alcune delle principali città francesi: Lione con Grégory Doucet (46 anni, 52%, tre candidati in corsa), Strasburgo con Jeanne Barseghian (39 anni, 43%, tre candidati in corsa), Bordeaux con Pierre Hurmic (65 anni, 46%, tre candidati in corsa), Poitiers con Leonore Moncond’hui (29 anni, 43%, tre candidati in corsa), Annecy con François Astorg (59 anni, 45%, tre candidati in corsa), Besançon con Anne Vignot (60 nanni, 44%, tre candidati in corsa), Tours con Emmanuel Denis (49 anni, 55%, due candidati in corsa). A Grenoble confermato il sindaco uscente Eric Piolle (47 anni, 53%, quattro candidati in corsa), Verde anche lui, mentre a Marsiglia Michèle Rubirola (63 anni), ecologista a capo di una lista comprendente sia Verdi che socialisti, è arrivata largamente in testa nel ballottaggio (40% su sei candidati, 10 punti in più del secondo) ma per il meccanismo particolare che governa il voto municipale nelle tre principali città francesi (Parigi, Marsiglia e Lione) dovrà attendere per l’elezione a sindaca la riunione del consiglio comunale. Da segnalare, infine, il caso di Lille: qui Martine Aubry, “monumento” della sinistra socialista e sindaca da quasi vent’anni, l’ha spuntata per duecento voti (40% a 39%, 21% al terzo candidato in corsa) sull’ecologista Stéphane Baly, ma solo grazie all’appoggio della destra.
La Francia delle città, dunque, si colora di Verde, e nella stessa Parigi deve molto al voto ecologista la larga vittoria della sindaca uscente socialista, Anne Hidalgo, che tra primo e secondo turno è passata dal 29% al 49% anche grazie all’apparentamento con i Verdi.
In molte delle città dove gli ecologisti hanno vinto i nuovi sindaci – in una metà dei casi le nuove sindache, altro segno di svolta – sono espressione di coalizioni di sinistra, nelle quali però la forza egemone non sono più i socialisti ma i Verdi. E’ la prima volta che succede in una elezione generale di un grande Paese europeo, può essere l’annuncio che oggi i temi legati alla qualità ambientale, dalla lotta alla crisi climatica fino alla rigenerazione ecologica dei centri urbani, sono non soltanto “giusti”, ma fanno vincere la sfida del consenso.
Naturalmente questi Verdi che dilagano in Francia, come i Grünen tedeschi o i Verdi belgi e olandesi accreditati dai sondaggi di percentuali vicine al 20%, non sono gli stessi delle origini. Non solo hanno costruito nel tempo profonde radici civiche nei territori – mettendo in pratica l’antico slogan ambientalista “pensare globalmente agire localmente” – ma la loro cultura politica si è arricchita di motivi, riflessioni mutuate dalla sinistra tradizionale che li ha fatti più forti e popolari: hanno imparato, soprattutto, a proporre l’ambiente, l’ecologia come prospettive che rispondono ai bisogni sociali delle persone e delle comunità, a dimostrare che le ricette per combattere l’inquinamento o scongiurare il collasso climatico sono le migliori anche per creare lavoro, per rafforzare l’economia.
Così, nel mezzo della peggiore congiuntura socioeconomica degli ultimi settant’anni, con il Pil che crolla e la disoccupazione che galoppa, hanno convinto un bel pezzo di Francia che la via per arrivare alla fine del mese è la stessa che serve per scongiurare la fine del mondo.
Ci chiedevamo all’inizio e qui ritorniamo alla fine: l’exploit ecologista di domenica rimarrà circoscritto alla Francia? La risposta, specialmente pensando a noi “cisalpini”, è un grande “boh”. Per ora in Italia non si vede all’orizzonte nessuna offerta politica “green” che abbia le caratteristiche di rigore, rappresentatività, popolarità messe in mostra dall’altra parte delle Alpi. La certezza è che prima o dopo arriverà, che anche da noi la domanda crescente di politiche ecologiche finirà per trovare sbocchi affidabili e coerenti. La speranza è che accada presto, che magari già nella prossima tornata di voto italiano per le città, nella primavera 2021, nascano e si affermino candidature civiche con un esplicito, credibile profilo ecologista.
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE