pubblicato su Agenda Digitale
Per accelerare la transizione bisogna spingere sulle innovazione nei materiali e sullo sviluppo di accumuli. Ecco le nuove celle solari in perovskite e le innovazioni tecnologiche in tema di batterie e fotovoltaico, dai film sottili al fotovoltaico organico, fino alle celle solari sensibilizzate ai coloranti
Molto si discute sui tempi della transizione energetica dai fossili, sul cui sfruttamento si è fondata la nostra economia dalla rivoluzione industriale in poi – carbone, petrolio, gas – alle nuove tecnologie che consentono di trasformare in elettricità fonti pulite e rinnovabili: solare fotovoltaico e termodinamico, eolico, geotermico, ma anche biometano da best practices in agricoltura.
Quel che è certo è che per accelerare la transizione sia necessario spingere sull’innovazione nei materiali e sullo sviluppo di accumuli.
Ecco, ad esempio, le nuove celle solari in tandem in perovskite e le innovazioni tecnologiche in tema di batterie e fotovoltaico.
Sono quattro le condizioni necessarie per accelerare la transizione:
- l’elettrificazione di consumi che lo sono ancora solo in minima parte (la climatizzazione delle nostre abitazioni, i trasporti);
- innovazione nei materiali che innanzitutto nel fotovoltaico ne aumentino i rendimenti, riducano al minimo la propria impronta ecologica e ne aumentino la riciclabilità (in modo da ridurre la richiesta di materie prime critiche);
- lo sviluppo di accumuli che consentano di disporre di energia elettrica in ogni momento anche da fonti per loro natura intermittenti (sole e vento).
Questi ultimi due punti sono quelli forse più interessanti e critici in termini di innovazione tecnologica necessaria.
Le sperimentazioni con le batterie
Sulle batterie la riduzione dei costi cui stiamo assistendo è già impressionate: un
pacco batteria nel 2023 costava 139 dollari per kWh, il 14% di meno dell’anno precedente. E il prezzo delle batterie dal 2010 è crollato del 90%.
Si prevede che continuerà a scendere, almeno di un altro 4% quest’anno per andare sotto i 100 dollari per kWh entro il 2027 (vedi Figura 1).
Nelle batterie sono già numerose le tecnologie che stanno sperimentando materiali
alternativi agli ioni di litio (oggi il più diffuso) e al cobalto. Infatti, si va dagli ioni di sodio (che è più instabile ma più facile da reperire, più economico e sostenibile), agli
ioni di alluminio [1], al magnesio. Ma anche all’impego della sabbia per accumulare il calore, o dell’idrogeno e persino della stessa CO2.
Inoltre, contemporaneamente vanno avanti le pratiche per raggiungere l’obiettivo di riciclabilità al 100% e della stessa efficientizzazione del “tradizionale” litio. Recentemente Nature materials ha pubblicato uno studio con il titolo “Fast
cycling of lithium metal in solid-state batteries by constriction-susceptible anode
materials” che ha dimostrato come una batteria al litio allo stato solido, dopo 6mila
cicli di ricarica, aveva ancora l’80% di capacità residua ed era ricaricabile molto
rapidamente (circa 10 minuti).
È l’innovazione raggiunta in laboratorio da un gruppo di ricercatori della Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (Seas), negli Stati Uniti. Gli autori spiegano che “le batterie agli anodi metallici al litio sono considerate il Santo Graal delle batterie perché hanno dieci volte la capacità degli anodi di grafite commerciali e potrebbero aumentare drasticamente l’autonomia di guida dei veicoli elettrici”.
Sul fotovoltaico a gennaio l’autorevole MIT Technological review (del Massachusets
Institute of Technologies) ha annunciato che due mesi prima, con una particolare
tipologia di tecnologia solare di nuova generazione – le celle solari tandem in
perovskite – era stato battuto il record mondiale di efficienza del fotovoltaico.
Il record precedente esisteva solo da circa cinque mesi e probabilmente non ci
vorrà molto prima che anche quest’ultimo diventi obsoleto.
Questa accelerazione – che appare sorprendente – si ottiene grazie al fatto che queste celle stratificano il silicio tradizionale con materiali che condividono una struttura cristallina unica.
Da dieci anni ci si cimenta con la tecnologia solare a perovskite e l’efficienza
continua a migliorare come si vede a grande velocità. Le perovskiti assorbono
lunghezze d’onda diverse da quelle assorbite dalle celle al silicio, che oggi
rappresentano ancora oltre il 90% del mercato solare.
Quando il silicio e le perovskiti lavorano insieme in celle solari tandem, possono utilizzare una parte maggiore dello spettro solare, producendo più elettricità per cella. I livelli di efficienza tecnica delle celle a base di silicio si attestano al di sotto del 30%, mentre le celle a base di sola perovskite hanno raggiunto efficienze sperimentali di circa il 26%. Ma le celle in tandem di perovskite hanno già superato il 33% di efficienza in laboratorio.
Questa è l’allettante promessa della tecnologia: se implementaste su scala significativa, le celle in tandem di perovskite potrebbero produrre più elettricità delle celle solari
tradizionali a un costo inferiore. A maggio, l’azienda britannica Oxford PV ha dichiarato di aver raggiunto un’efficienza del 28,6% per una cella tandem di perovskite di dimensioni commerciali, significativamente più grandi di quelle utilizzate per testare i materiali in laboratorio, e prevede di consegnare i primi pannelli e di avviare la produzione nel 2024.
Interessante è la rassegna delle tecnologie alternative di fotovoltaico pubblicata di
recente dal Journal of Photonics for Energy: “Status report on emerging
photovoltaics”.
Rimanendo sul silicio si sta rapidamente diffondendo la tecnologia bifacciale. Oggi il monofacciale rappresenta circa l’80% di quota di mercato , ma lo studio prevede che nei prossimi 10 anni il bifacciale conquisterà il 60% del mercato diventando la cella dominante già nel 2025.
Un’altra alternativa promettente per ridurre al minimo le perdite ottiche presenti in tutte le applicazioni fotovoltaiche è quella del silicio nanostrutturato (il cosiddetto “silicio nero” per il suo colore scuro) che elimina la riflettanza superficiale in un’ampia gamma di lunghezze d’onda e aumenta l’assorbimento delle lunghezze d’onda lunghe, raggiungendo efficienze di conversione ben superiori al 20%.
I film sottili
Il report del Journal passa in rassegna anche i film sottili. Quelli, tra gli attualmente
commercializzati, che hanno il record di efficienza (23,6%) sono i moduli in
seleniuro di rame, indio e gallio (CIGS). I materiali impiegati nei CIGS hanno bassi
costi, basso contenuto di carbonio incorporato e possono essere utilizzati su plastiche
flessibili e fogli metallici rendendoli molto utili in diverse applicazioni a cominciare
da quelle architettoniche. E la possibilità di fabbricarli in bobine ne consente una
produzione rapida e una commercializzazione efficiente. Peraltro, si sta studiando la
possibilità di impiegarli in celle solari tandem con la perovskite di cui abbiamo detto i
vantaggi.
L’handicap che fino adesso non ha consentito una maggiore diffusione dei CIGS è dovuto al fatto che le prime applicazioni non erano sufficiente affidabili. Ciò ha lasciato negli investitori una qualche diffidenza che finalmente però si sta superando.
I film sottili in tellurio di cadmio (CdTe) sono invece quelli più competitivi rispetto al silicio per gli impianti utility scale, nonostante abbiano una minore efficienza che andrà migliorata, ma negli Usa hanno già conquistato il 40% di quel mercato. Anche i materiali usati per questi film hanno bassi costi, inoltre si possono deporre sul film ad alta velocità, presentano un basso grado di degradazione e una bassa quantità di carbonio incorporato.
Fotovoltaico organico (OPV)
Siamo invece ancora nella fase di sperimentazione per il fotovoltaico organico (OPV). Infatti, nonostante i progressi significativi nell’efficienza che ormai consentono di raggiungere il 20%, ci sono ancora da risolvere problemi non banali sui metodi di rivestimento per consentirne l’utilizzo in impianti di grandi dimensioni e quelli intrinseci, in quanto materiali organici, quali la degradazione termica e la fotoreazione.
Le celle solari sensibilizzate ai coloranti
Le celle solari sensibilizzate ai coloranti (DSSC) che potenzialmente offrirebbero elevate efficienze
di conversione e funzionano bene anche in condizioni di luce diffusa e a temperature
più elevate di quelle ottimali per le tecnologie tradizionali. Secondo le ricerche più
recenti le DSSC oltre a raggiungere il 20% di efficienza nella conversione della luce
solare potranno raggiungere persino uno straordinario 45% per la luce ambientale. Ed
è proprio questa l’ultima sfida della ricerca: la conversione in elettricità della luce
interna che ovviamente presenta spettri di illuminazione assai differenti da quelli
della luce del sole.
Siamo all’inizio ma non sembra più fantascienza potere produrre elettricità convertendo la luce della nostra lampada a Led. Più economia circolare di
così non è possibile.
Bibliografia
[1] Lo studio apparso su Nature “Advancing battery design based on enviomental impacts using an aqueous Al-ion cell as a case study“.