Monthly Archives: maggio 2010

Lavoro: l’Inps discrimina le madri adottive. Sacconi e Carfagna intervengano subito

“L’Inps attua verso le madri adottive un’intollerabile discriminazione, un trattamento da maternità  di serie B. E’ incomprensibile che mentre le madri adottive lavoratrici dipendenti hanno giustamente ottenuto, con la legge244 inserita nella manovra Finanziaria 2008, di poter stare a casa 5 mesi pagate (al 100%) le lavoratrici cococo e cocopro, hanno visto riconosciuto loro solo 3 mesi pagati all’80%. I ministri Sacconi e Carfagna intervengano per sanare quest’evidente ingiustizia, 5 mesi di congedo sono vitali per tutte le mamme-lavoratrici e soprattutto per i loro figli”. Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante, che ha presentato un’interrogazione con i colleghi Della Seta, Adamo, Amati, Antezza, Astore, Baio Dossi, Bastico, Carloni, Chiti, De Sena, Del Vecchio, Di Giovan Paolo, Fontana, Garavaglia Mariapia, Incostante, Marino Mauro Maria, Maritati, Mongiello, Perduca, Peterlini, Pinotti, Poretti, Sanna, Sbarbati, Tomaselli, Continua Ferrante – “Una volta equiparato il congedo di maternità  delle iscritte alla Gestione separata a quello delle dipendenti per quanto

riguarda la maternità  biologica (5 mesi), una volta sancito che ‘in caso

di adozione di minore, il congedo di maternità  … spetta per un periodo di cinque mesi dall’ingresso del minore nel nucleo familiare’, così recita la legge, c’è davvero bisogno di una legge o di una circolare dell’INPS ad hoc che ribadisca esplicitamente che tutto questo vale anche per le iscritte alla Gestione separata?

E’ assolutamente evidente che il Governo deve rimediare subito a questo trattamento discriminatorio che finora è stato riservato a chi ha scelto la

strada lunga e tortuosa dell’adozione, affrontando anche ingenti spese

economiche.”

“Non possiamo che attenderci dai ministri Sacconi e Carfagna un intervento risolutore in tempi rapidissimi” conclude Ferrante.

Legambiente: la sfida verde compie trent’anni

Trent’anni fa nasceva Legambiente. E’ passato veramente tanto tempo, basti dire che il suo primo presidente è stato Chicco Testa, a quel tempo comunista convinto e anti-nuclearista duro e puro, e che l’Italia di calcio doveva ancora vincere il suo primo mondiale del dopoguerra.
La sede iniziale dell’associazione fu in  due stanze di un ufficio dell’Arci, l’associazione culturale dei partiti di sinistra, in coabitazione con l’Arci Caccia. Contiguità  forse paradossale, o forse già  un segno dell’originalità , per qualcuno dell’anomalia, del nostro ambientalismo, una prima traccia di ciò che volevamo diventare: un’associazione ecologista molto radicale nelle idee e nelle proposte, ma decisa ad aprire la questione ambientale alla contaminazione con mondi, interessi, bisogni apparentemente lontani. Decisa ad utilizzare la ragione ecologica, come spesso ricorda Ermete Realacci, non solo per denunciare i mali  dell’ambiente maltrattato, ma soprattutto quale leva per un  cambiamento sociale complessivo. Questa ispirazione ci ha spinto, di volta in volta, a condividere analisi e proposte sulla tutela della fauna insieme con i cacciatori, sul no agli Ogm con gli agricoltori, sull’edilizia e l’urbanistica sostenibili con le associazioni dei costruttori, sulla lotta alle ecomafie con l’Arma dei Carabinieri, sul buon governo del territorio con centinaia di sindaci di piccoli comuni.  
Oggi Legambiente è un’organizzazione grande e solida. Non tocca a noi che ne abbiamo diviso gran parte del cammino, tracciare il bilancio di questi tre decenni. Qualcosa invece ci preme dire sul presente e sul futuro dell’ambientalismo. Di fronte a problemi planetari drammatici come il riscaldamento globale, di fronte a una crisi globale che vede saldate crisi finanziaria, economica, energetica, di fronte a problemi italiani che sembrano quasi perpetui come il dissesto di larga parte del nostro territorio o l’estrema difficoltà  del Paese, delle sue classi dirigenti, ad imboccare la via di una vera innovazione industriale e produttiva che nel segno della sostenibilità , chi si batte per le ragioni dell’ecologia non ha che una scelta: moltiplicare gli sforzi perché l’ambiente sia pienamente assunto, nella consapevolezza delle persone e nelle scelte di chi decide anche per gli altri, come pietra angolare del progresso.
Per vincere questa partita bisognerebbe che i “corpi intermedi” – l’associazionismo, il volontariato, il terzo settore, le innumerevoli forme della cittadinanza attiva  -, forse i presìdi principali dell’interesse generale in un Paese che nella politica come nella società  appare sempre più frammentato e ripiegato, prendessero un po’ più di spazio nel dibattito pubblico, che mostrassero un po’ più di civile “arroganza”. Altrimenti si corre il rischio che le mille Legambiente che ci sono facciano egregiamente il loro mestiere, e che intanto l’Italia se ne vada alla deriva. 
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante
 

Federalismo: Decreto vanifica tutela paesaggio e stravolge Costituzione

“Governo recepisca osservazioni e modifichi provvedimento per impedire manifesto secessionista”“Così com’è il decreto legislativo sul federalismo demaniale rischia di vanificare la possibilità  di un’efficace e organica tutela del paesaggio, che la Costituzione assegna allo Stato e che dunque non può essere spezzettata in mille rivoli. Il governo deve cambiare il testo recependo le osservazioni giunte tra gli altri dalle Commissioni del Senato e

contenute in larga parte nello stesso parere della Bicamerale. Un

recepimento tanto più necessario per cercare di dimostrare che il

federalismo è una cosa seria e non un manifesto ideologico di sapore secessionista”.

E’ quanto dichiarano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori Pd, nel giorno in cui la Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale ha votato il suo parere sul primo dei decreti attuativi, quello appunto che riguarda il demanio.

“Vi è stata una collaborazione fattiva alla stesura del parere da parte del Pd, che ha contribuito in maniera decisiva alla riduzione dei potenziali danni che un federalismo demaniale senza freni può causare, ma trasferire a Regioni e Comuni – affermano i due parlamentari ecodem – l’intero demanio marittimo, forestale, idrico, compresi i beni che fanno parte di aree protette nazionali e senza prevedere alcuna garanzia di un uso corretto di questo immenso patrimonio ambientale, vuol dire stravolgere di fatto gli articoli 9 e 117 della Costituzione, che collocano la tutela del paesaggio come un ‘interesse supremo della Nazione e affidano alla competenza esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Diverse

Commissioni parlamentari hanno approvato osservazioni che chiedono

modifiche al decreto proprio su questo punto: ora ci aspettiamo che queste richieste di modifica entrino nel testo definitivo che verrà  licenziato dal Consiglio dei Ministri” concludono i senatori Pd.

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