pubblicato su DIAC
UNI/PdR 172: la rivoluzione del Cantiere Sostenibile
Viviamo un momento storico in cui il nesso tra sviluppo economico e sostenibilità sembra entrato in crisi. Prima le critiche al Green Deal dell’Unione Europea che sono venute da ampi settori delle rappresentanze dell’economia e da una parte politica (la destra ma anche lo stesso Partito Popolare Europeo), poi soprattutto con l’accelerazione seguita all’elezione di Trump in Usa. Ma siccome i fatti hanno la testa dura e la crisi climatica, il consumo eccessivo delle risorse naturali e l’impatto ambientale delle attività umane richiedono azioni concrete, e le imprese ne sono sempre più consapevoli e sanno quanto il loro approccio pesi e conti anche la reputation, i comportamenti reali non sembrano seguire questa apparente onda di riflusso. O almeno ci sono importanti segnali che vanno in questa direzione. Un caso emblematico può diventare nel delicatissimo settore delle infrastrutture, la recente definizione di una prassi di riferimento UNI/PdR 172 “Cantiere sostenibile per le opere infrastrutturali – Strategie, indicatori e buone pratiche”, messa a punto in collaborazione con AIS (Associazione Infrastrutture Sostenibili): un passo molto importante nella direzione della trasformazione ecologica del settore delle costruzioni.
Fino a ieri, la sostenibilità nei cantieri era spesso relegata a un insieme di buone intenzioni, senza un vero e proprio strumento di misurazione e verifica. Oggi, grazie alla UNI/PdR 172, possiamo finalmente misurare il grado di sostenibilità reale di un cantiere attraverso un sistema di rating oggettivo e trasparente che premia l’adozione di pratiche ecocompatibili.
Frutto del lavoro di oltre 100 esperti appartenenti ad AIS – Associazione Infrastrutture Sostenibili e dell’opera di elaborazione dell’Ente Italiano di Normazione – UNI, questa prassi, la cui definizione ha coinvolto imprese e stazioni appaltanti, non sembra essere solo un documento tecnico: se le imprese lo adotteranno davvero potrà essere uno strumento di cambiamento che permetterà di meglio tener conto delle ragioni dell’ambiente e delle comunità locali nella realizzazione delle infrastrutture.
AIS è un’associazione tecnico-scientifica di eccellenza, configurata come un Think Tank autorevole e di riferimento per istituzioni pubbliche e private, nonché per l’ampia rete di stakeholder del settore. Riunisce oltre 100 aziende, tra stazioni appaltanti, società di ingegneria, imprese di costruzione, produttori di materiali e tecnologie, e società di servizi, tutte coinvolte nella realizzazione delle principali infrastrutture in Italia, rappresentando complessivamente oltre il 2% del PIL nazionale.
Il Sistema di rating: 32 indicatori per una nuova era
La novità della UNI/PdR 172 sta nell’introduzione di un modello di valutazione basato su 32 indicatori chiave che coprono l’intero ciclo di vita del cantiere, dalla progettazione alla chiusura dei lavori. Viene promossa così una costruzione a basso impatto ambientale, che attraverso l’adozione di tecnologie avanzate consenta la riduzione delle emissioni di CO₂ e di altri inquinanti., consideri adeguatamente la protezione della biodiversità, del paesaggio e delle aree storiche, e misuri i rifiuti prodotti in modo da rendere concreta l’economia circolare evitando rischi di greenwashing. Un aspetto che come sappiamo fondamentale, ma spesso nella realtà bypassato e fonte poi di ritardi, ostacoli, ricorsi e via dicendo, è il coinvolgimento delle comunità locali, che nel metodo indicato dalla prassi viene correttamente individuato tramite il dialogo con gli stakeholder.
Un sistema di valutazione strutturato come questo dovrebbe finalmente consentire alle stazioni appaltanti di premiare chi adotta pratiche sostenibili, inserendo la sostenibilità tra i criteri essenziali nelle gare d’appalto.
Le prime applicazioni: un modello già vincente
Fortunatamente non si tratta di un’idea astratta, ma di un modello che ha già trovato applicazione in alcuni importanti progetti infrastrutturali. Italferr ad esempio ha adottato gli indicatori della UNI/PdR 172 per diverse opere ferroviarie, come la Terni-Spoleto e la Andora-Finale Ligure, mentre SNAM utilizza gli stessi indicatori per selezionare fornitori impegnati nella sostenibilità.
L’approccio della UNI/PdR 172 si inserisce in un panorama globale in cui nonostante la cronaca di queste settimane, la ricerca della sostenibilità resta centrale nello sviluppo economico. Progetti come H2S nel Regno Unito (la ferrovia ad alta velocità che collegherà Londra con Birmingham, Manchester e le East Midlands entro il 2033), il ponte di Copenaghen-Malmö, l’autostrada solare in Francia e la Linea 12 della Metro di Città del Messico dimostrano la rilevanza che la transizione ecologica riveste nella realizzazione delle infrastrutture anche su scala mondiale.
La scelta di realizzare infrastrutture in maniera sostenibile offre infatti una serie di vantaggi concreti non solo in termini ambientali, ma anche economici e sociali. L’impiego di materiali innovativi e soluzioni progettuali avanzate rende le opere più resilienti ai cambiamenti climatici, riducendo i costi di manutenzione dovuti a eventi meteorologici estremi. L’integrazione con il territorio migliora la vivibilità e riduce l’impatto visivo delle opere, rendendole più accettabili per le comunità locali. Il dialogo con gli stakeholder consente di ridurre il rischio di opposizioni e ritardi nei lavori, facilitando l’implementazione dei progetti. Dal punto di vista economico, investire nella sostenibilità porta a una maggiore competitività grazie alla riduzione dei costi operativi e alla valorizzazione dell’infrastruttura nel tempo. Inoltre, molte opere sostenibili possono accedere a finanziamenti agevolati, favorendo la realizzazione di progetti innovativi con minore impatto sui bilanci pubblici e privati.
In conclusione, la UNI/PdR 172 può rappresentare quindi una vera rivoluzione per il settore delle infrastrutture perché le prestazioni di sostenibilità potranno essere misurate in modo oggettivo, incentivando pratiche virtuose che riducono l’impatto ambientale e migliorano il rapporto con le comunità locali. L’adozione di queste pratiche non è solo un dovere morale, ma una necessità strategica per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.
Francesco Ferrante
Vicepresidente del Kyoto Club