pubblicato su TuttoGreen
Si dice che è triste quel paese che ha bisogno di santi ed eroi. Senz’altro dimostra inadeguatezza totale la classe dirigente di un Paese che ha bisogno dell’intervento della magistratura per affrontare l’indispensabile riconversione industriale.
Purtroppo è quel che succede in Italia.
Il caso più noto ovviamente è l’Ilva, ma recentemente la magistratura ha disposto la chiusura di una centrale a carbone in Liguria e sono sempre più numerose le inchieste giudiziarie che riguardano impianti industriali e i loro dirigenti per i quali l’ipotesi di reato consiste nell’avere inquinato e gravemente danneggiato la salute dei cittadini.
Non si vuole qui discutere il merito delle varie inchieste o, tanto meno, il diritto/dovere dei magistrati di intervenire. Peraltro, come è noto, se per esempio a Taranto non ci si fosse trovati di fronte a quella decisa, drastica, radicale azione della magistratura che aveva sequestrato impianti e produzioni è lecito ritenere che la politica avrebbe continuato a menar il can per l’aia.
Ma il punto è proprio questo: ci voleva la magistratura per avviare procedure e controlli e verificare la possibilità di continuare a produrre acciaio in quel sito senza avvelenare cittadini? Perché in Italia ci vuole un’ordinanza del Gip e poi una serie di decreti legge (onestamente ho perso il conto) per iniziare a progettare la copertura dei parchi minerari che si fa normalmente non solo nelle acciaierie tedesche, ma persino in quelle coreane? E’ normale dover rivedere l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), una procedura che nasce in Europa e si fa dappertutto, a distanza di un solo anno perché si scopre la prima era sostanzialmente dettata dalla proprietà ? La verità , molto amara, è che avere perso decenni, in cui la complicità tra istituzioni, politica (ma anche Chiesa e sindacati) con la famiglia Riva ha reso adesso molto più difficile la possibilità di riconvertire quell’acciaieria. Un caso unico? Senz’altro il più rilevante in termini di inquinamento e impatto ma purtroppo solo punta di un iceberg assai più vasto.
La questione del carbone è parente stretta dell’Ilva ad esempio. A Vado Ligure il magistrato chiude una centrale e intanto il Parlamento approva ennesima norma fantasiosa (oneri che si scaricherebbero sulle bollette elettriche dei cittadini) per tenere in vita un’attività decotta, pericolosa e massacrante quale la miniera di carbone del Sulcis in sardegna. Un carbone di bassissima qualità peraltro che non vuole nessuno.
Non sarebbe meglio pensare a una vera Strategia Energetica che, sul modello della Energiewende tedesca, ci traghettasse fuori dall’era del fossile riducendo dipendenza dall’estero e inquinamento invece?
Possibile che le bonifiche son ferme al palo un po’ dappertutto e ritornano agli oneri delle cronache quando qualche magistrato individua truffe e corruzioni come recentemente in Lombardia?
Purtroppo la serie di domande potrebbe continuare a lungo. La si può fermare solo se si riuscisse ad affermare la consapevolezza che, oltretutto, lavorare, progettare una seria riconversione ecologica delle nostre attività industriali, non è solo necessario per ridurre impatto ambientale, ma conviene. E’ infatti unico modo per tutelare quella vocazione manifatturiera del nostro sistema economico che è unica speranza di futuro, di lavoro, di coesione sociale.