Puntare sulla decrepita energia fossile in Sardegna è inutile

“Il decreto Sblocca Italia è un pericoloso strumento di deregulation per trivellare nel Paese scavalcando i territori e le popolazioni, e puntare sull’economia decrepita dell’energia fossile nel caso della Sardegna è tanto più irrazionale in quanto ha già  prodotto in questa terra danni ambientali e fallimenti sociali. La Sardegna per creare lavoro e benessere deve puntare sui suoi talenti – clima, bellezza, paesaggio, clima – che ne fanno un luogo perfetto per affermare le ragioni di un’economia verde e sostenibile.

Lo dichiarano gli esponenti di Green Italia Annalisa Corrado, Monica Frassoni, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, in merito alla bocciatura del progetto Eleonora della Saras, ad Arborea, che potrebbe essere recuperato nel nome di una supposta utilità  pubblica e urgente.

“In Sardegna – continuano – non esiste nessuna rete metaniera a supporto del progetto della Saras, e costruirla sventrerebbe e violenterebbe tutto il territorio. Quindi il metano estratto sarà  portato al porto di Oristano e imbarcato per altri lidi, lasciando dietro di sè l’ennesimo sfruttamento impattante su terreni già  provati dallo sversamento sistematico di liquami, che dovrebbero essere invece oggetto di un progetto di ripristino della salubrità  per puntare, finalmente, sull’agricoltura di qualità .

La Sardegna deve essere liberata dal ruolo di hub petrolifero che le è stato imposto, arrivando persino ad accogliere negli stabilimenti della Saras di Sarroch carichi di petrolio ricavati dalle sabbie bituminose, il greggio più inquinante che esista.

Serve un’operazione verità  sulle ricchezze degli idrocarburi nel sottosuolo in Sardegna, come nelle altre regioni italiane, perchè la macchina della propaganda della lobby fossile diffonde molte frottole, riprese anche dal governo Renzi.

I numeri sulle possibilità  occupazionali sono campati in aria: esperti addetti ai lavori ricordano che in Arabia Saudita gli impiegati nell’industria petrolifera sono 50mila, dunque è risibile pensare che l’Italia, con le ridotte riserve che ha, possa vedere nascere 25 mila posti.

Si tratta, oltretutto, di lavori “a termine” (al contrario di quelli legati alla green economy), perché le risorse potenzialmente estraibili sarebbero sufficienti solo qualche anno, lasciando poi l’ennesima traccia degli investimenti in cattedrali nel deserto che provocano danni indelebili a territori di pregio incommensurabile”.

“Il Governo se ne faccia una ragione, sulla sua strada verso la deregulation delle trivellazioni non troverà  sparuti ‘comitatini’, ma tantissimi cittadini e amministratori locali decisi a far valere le ragioni dell’ambiente e della green economy”- concludono gli esponenti di Green Italia.

 

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