Polemiche: isola in bilico

pubblicato su QualEnergia

Le rinnovabili possono offrire alla Sardegna un futuro di sostenibilità e indipendenza energetica.

Negli ultimi anni, il dibattito sulle fonti di energia rinnovabile ha assunto un ruolo centrale a livello globale, sia perché la crisi climatica sempre più grave ci impone di cambiare, o per meglio dire “rivoluzionare” il nostro sistema produttivo, passando da un’economia lineare, basata sul principio produci-consuma-butta, a un’economia circolare il cui driver principale è l’uso efficiente delle risorse, sia perché la necessaria “decarbonizzazione”, cioè l’abbandono delle fonti fossili a favore di rinnovabili sempre più convenienti, rappresenta allo stesso tempo una straordinaria occasione di modernizzazione, grazie all’innovazione tecnologica, e democratizzazione in quanto si passerà da pochi e concentrati poli di produzione – le grandi centrali termoelettriche – a milioni di prosumers. Certo anche nel futuro prossimo ci saranno grandi players e multinazionali in grado di fare gli investimenti necessari per gradi impianti eolici (on e off shore) e quelli fotovoltaici utility scale, ma l’era delle “sette sorelle” big oil sta definitivamente volgendo al termine. Una vera rivoluzione. Che va ovviamente accompagnata per evitare effetti collaterali negativi. Due fra tutti: l’occupazione e l’impatto sul paesaggio. Sul primo tema dobbiamo evitare la ”sindrome del cocchiere”: quando le auto soppiantarono le diligenze i cocchieri rimasero a terra. Lo stesso rischio che corre chi lavora oggi nel settore dei fossili direttamente o indirettamente (per esempio il settore automotive investito dalla rivoluzione elettrica). Unica strada possibile è la riconversione di quei lavoratori nei settori innovativi e a forte possibilità di sviluppo. Non impossibile: si pensi alla stessa Saipem, leader internazionale nelle trivellazioni off shore che ha iniziato a sviluppare il settore delle rinnovabili (eolico in questo caso). E’ vero che le rinnovabili per loro natura sono meno labour intensive della “grande fabbrica” in cui si concentravano centinaia di lavoratori e che quindi sarà un’occupazione più diffusa sul territorio ma anche di migliore qualità. Bisognerà tornarci su questo aspetto, ma sicuramente non ha senso fare battaglie di retroguardia per difendere produzioni inevitabilmente destinate all’estinzione. Quali per esempio le centrali a carbone che continuano ad operare in Sardegna. Ed è da qui che vorrei partire per approfondire in questo articolo il secondo possibile effetto negativo della diffusione di impianti da fonti rinnovabili che è il loro impatto sul paesaggio. Una problematica che sta facendo discutere dappertutto e che alimenta la crescita di un diffuso fenomeno NIMBY e che ha senza dubbio nella Sardegna il suo epicentro.

La polemica in quella Regione è fortissima: il più diffuso quotidiano (l’Unione Sarda) è in prima linea in una campagna ossessiva contro ogni impianto da rinnovabili, che sia fotovoltaico o eolico (a terra o al largo di 30 miglia nel mare fa lo stesso). Alcuni dicono perché il suo editore immobiliarista sia invece favorevole a una davvero anacronistica metanizzazione dell’isola e alla conseguente realizzazione della “dorsale” per il trasporto di quel metano. Non lo so. Quel che è certo che lo stesso editore interviene spessimmo (con dubbia deontologia) con articoli sul suo giornale per alimentare questa forsennata campagna “contro” le rinnovabili e che il suo editorialista di punta è Mauro Pili (già Presidente della Regione Sardegna all’inizio del secolo e già deputato di Forza Italia dal 2006 al 2018) che si distingue nella prosa velenosa e che condisce la sua contrarietà (ossessiva) con una presunta difesa dell’”identità sarda” minacciata da supposti “poteri colonialisti”. Detto che l’altro quotidiano (La Nuova Sardegna) a lungo ha inseguito a ruota l’Unione in questa ostilità, è solo ultimamente sembra dare spazio anche a chi difende la transizione energetica,  il problema più serio è che la contrapposizione “paesaggio sardo/buono” contro “multinazionali delle rinnovabili/cattive” sembra fare breccia in ampie porzioni del popolo sardo. E’ una fake news, è evidente e daremo alcuni numeri per dimostrarlo, ma intanto fa danni. Tanto che Giunta Todde – sostenuta da partiti che a livello nazionale sostengono la decarbonizzazione e le rinnovabili – come primo atto politico ha imposto una moratoria su tutti i nuovi impianti da rinnovabili in attea di determinare le aree idonee Forse sperando così di conquistare il consenso dei comitati, facendo l’errore che spesso fa chi pensa di “accarezzare” il populismo: ne resta vittima e infatti l’Unione Sarda continua a mobilitare comitati “urlando” che la moratoria è inutile e che non basta.

Un peccato che si debba vivere questa situazione perché la Sardegna, al contrario, con le sue caratteristiche naturali  – vento e sole in abbondanza, rappresenterebbe un territorio particolarmente adatto per lo sviluppo delle energie rinnovabili e potrebbe puntare a essere un’isola 100% rinnovabile e – allora sì – davvero indipendente dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. D’altra parte non si dovrebbe mai dimenticare il fatto indiscutibile che la Sardegna è una delle regioni italiane più vulnerabili ai cambiamenti climatici, proprio a causa della delicatezza dei suoi ecosistemi e la siccità che l’ha colpita questa estate (e che ahimè non potrà più essere considerata un fatto eccezionale data la crisi climatica conclamata) ne è stata la più recente e chiara conferma. Nonostante ciò, l’isola ha tradizionalmente fatto affidamento su fonti energetiche non rinnovabili, come il carbone e il petrolio, per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Questo modello di sviluppo non solo ha avuto un impatto ambientale negativo, ma ha anche esposto la regione a una forte dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, con conseguenti costi elevati e rischi legati alla volatilità dei prezzi internazionali, e ha determinato il non invidiabile record per cui è proprio la Sardegna la regione italiana con il più altro tasso di emissioni di CO2 procapite!

In questo contesto, le energie rinnovabili dovrebbero rappresentare un’opportunità unica per la Sardegna di trasformare il proprio sistema energetico, riducendo le emissioni di gas serra, diminuendo la dipendenza energetica dall’estero e creando posti di lavoro locali in settori innovativi. Invece si fa una campagna terroristica parlando di “assalto (eolico o fotovoltaico a seconda)” facendo riferimento alle richieste di nuovi impianti che in effetti sono moltissime: decine e decine di GW che però non si faranno mai. Il PNIEC prevede per tutta la Sardegna 6,2 GW (forse troppo pochi se pensiamo che dovremo da qui al 2050 elettrificare molti consumi, dai trasporti al riscaldamento/raffrescamento delle nostre case). Se si faranno tutti (auspicabile), e si facessero tutti a terra (poco credibile) occuperanno meno dell1% (uno per cento) dell’intera Superficie Agricola Utilizzabile.

Possibile che un impatto così “relativo” dal punto di vista quantitativo non possa essere affrontato razionalmente discutendo sito per sito la migliore qualità possibile per il suo inserimento nel paesaggio? No, non è possibile: è evidente la strumentalità di chi è protagonista di questa campagna, dispiace per i politici che fino adesso non sono riusciti a governarla. Certo serve una pianificazione territoriale adeguata, che concili le esigenze di produzione energetica con la tutela del paesaggio. Inoltre, è fondamentale garantire che la transizione energetica sia equa e inclusiva, coinvolgendo le comunità locali nel processo decisionale e assicurando che i benefici economici siano distribuiti in modo equo

Ma deve essere chiaro che “si può fare” e noi ci continueremo a battere affiche le opportunità di una Sardegna rinnovabile non vadano smarrite.

Vediamole.

Energia Solare

Il sole è una risorsa abbondante in Sardegna, con un numero elevato di ore di irraggiamento solare annuo, che rende l’isola un luogo ideale per l’installazione di impianti fotovoltaici. Il fotovoltaico, infatti, potrebbe coprire una parte significativa del fabbisogno energetico dell’isola, riducendo drasticamente le emissioni di CO2 e contribuendo a un sistema energetico più resiliente e indipendente.

Gli impianti fotovoltaici possono essere installati sia su piccola scala, su tetti di edifici residenziali e commerciali, sia su larga scala, attraverso la creazione di parchi solari. Questi ultimi, se ben progettati e collocati in aree abbandonate e non utilizzate per scopi agricoli, potrebbero contribuire in modo significativo alla produzione di energia elettrica senza impatti negativi sull’ambiente e sul paesaggio.

Energia Eolica

Il vento è un’altra risorsa naturale di cui la Sardegna dispone in abbondanza. L’isola è esposta a venti costanti e forti, soprattutto lungo le coste e nelle zone montuose, che offrono condizioni ideali per la produzione di energia eolica. L’energia eolica ha il vantaggio di essere una tecnologia matura e già ampiamente utilizzata in molti paesi europei, con costi di produzione sempre più competitivi rispetto alle fonti fossili.

Gli impianti eolici, sia onshore che offshore, possono svolgere un ruolo chiave nella transizione energetica della Sardegna, contribuendo in modo significativo alla produzione di energia elettrica senza emissioni di gas serra.

Biomasse e Bioenergie

Le biomasse rappresentano un’altra risorsa rinnovabile significativa per la Sardegna, in particolare in ambito agricolo e forestale. I residui agricoli e forestali, in filiera corta, possono essere utilizzati per la produzione di energia sotto forma di calore ed elettricità. Le bioenergie offrono anche l’opportunità di gestire in modo sostenibile i rifiuti organici, trasformandoli in una risorsa preziosa piuttosto che in un problema ambientale.

Le centrali a biomasse, se ben integrate nel territorio e dimensionate in base alla disponibilità locale di materia prima, possono contribuire a ridurre le emissioni di CO2 e a creare posti di lavoro locali, sostenendo l’economia rurale e riducendo la dipendenza dalle importazioni di energia.

I Benefici delle Energie Rinnovabili per la Sardegna

Il passaggio a un sistema energetico basato sulle rinnovabili offrirebbe numerosi vantaggi per la Sardegna, che vanno oltre la semplice riduzione delle emissioni di gas serra. Il primo e forse più importante dei principali benefici delle energie rinnovabili è la riduzione della dipendenza energetica dall’estero. La Sardegna, attualmente, importa la maggior parte dell’energia di cui ha bisogno sotto forma di combustibili fossili, carbone per la produzione di energia elettrica e il petrolio per i trasporti. Le rinnovabili, invece, possono essere prodotte localmente, utilizzando risorse naturali abbondanti e riducendo così la necessità di importare energia. Questo non solo riduce i rischi legati alla volatilità dei prezzi internazionali dei combustibili fossili, ma migliora anche la sicurezza energetica dell’isola. Lo sviluppo delle energie rinnovabili può inoltre rappresentare una leva importante per la creazione di posti di lavoro in Sardegna. Le rinnovabili richiedono infatti manodopera locale sia per l’installazione degli impianti sia per la loro manutenzione e la produzione di energia da fonti rinnovabili può stimolare la nascita di nuove imprese locali, specializzate nella fornitura di servizi e tecnologie legate alle energie pulite.

In generale, le energie rinnovabili possono contribuire a uno sviluppo economico più sostenibile per la Sardegna, favorendo la crescita di settori innovativi e riducendo allo stesso tempo l’impatto ambientale delle attività economiche tradizionali. Investire nelle rinnovabili significa anche attrarre investimenti e tecnologie all’avanguardia, che possono rafforzare la competitività della regione e creare nuove opportunità di crescita economica.

Peraltro e forse paradossalmente data la virulenta campagna in atto, la transizione energetica verso le rinnovabili offrirebbe l’opportunità di proteggere l’ambiente e il paesaggio della Sardegna al meglio, riducendo le emissioni di inquinanti atmosferici e preservando la biodiversità. Le rinnovabili, infatti, hanno un impatto ambientale molto inferiore rispetto alle fonti fossili, sia in termini di emissioni di gas serra che di inquinamento locale. Inoltre, la riduzione della dipendenza dal carbone e dal petrolio contribuirà a migliorare la qualità dell’aria e a proteggere gli ecosistemi marini e terrestri.

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