Ragusa: capitale italiana del trasformismo

pubblicato su Huffingtonpost.it

Per decenni è stata una specie di “isola rossa” nella Sicilia prima democristiana e poi berlusconiana, oggi Ragusa rischia di diventare la capitale italiana del trasformismo politico.

Al ballottaggio per l’elezione del nuovo sindaco, domenica 21 giugno, a vedersela con il candidato 5stelle Federico Piccitto ci sarà  infatti un signore, Giovanni Cosentini, già  “cuffariano” doc, che dal 2006 al 2012 è stato vicesindaco in una amministrazione di centrodestra e che oggi guida la coalizione di centrosinistra.

La “conversione” di Cosentini è di qualche mese fa: insieme al suo sindaco Nello Dipasquale decise di sostenere la candidatura di Crocetta a presidente della Regione. Dipasquale fu eletto deputato regionale con la Lista Crocetta, ora Cosentini punta a prenderne il posto da primo cittadino.

Il caso ragusano non è certo un “unicum” nell’Italia di questi anni: di “fregoli” nella nostra politica ce ne sono sempre stati tanti, basta ricordare gli oltre 100 parlamentari che nella scorsa legislatura hanno cambiato partito e spesso schieramento. Siamo da sempre la patria del trasformismo – anche l’uso politico della parola è nato in Italia – ma quanto accade a Ragusa colpisce lo stesso per la speciale spregiudicatezza del voltafaccia di Cosentini. Del resto i primi a venirne colpiti sono stati gli elettori ragusani, visto che Cosentini ha ottenuto meno del 30% dei voti contro quasi il 50% delle liste che lo sostengono.

Ma in questo come in tanti altri casi, il problema vero non è del “fregoli” di turno, è del centrosinistra. In Italia e a maggior ragione in Sicilia, il futuro dei “progressisti” è tutto nella forza, nella coerenza del loro progetto di cambiamento. E che credibilità  può avere, ancora di più che efficacia, un cambiamento messo nelle mani di chi, come appunto Cosentini a Ragusa, è il più sicuro garante dello “status quo”?

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

Incentivi alle rinnovabili: la storia di un grande successo

pubblicato su TuttoGreen de La Stampa 

Il 6 luglio finiscono i fondi per il fotovoltaico. Una campagna di stampa parla di “inutili sprechi”, ma i numeri dicono cose diverse

 

Il 6 luglio sarà  a suo modo una giornata storica per le energie rinnovabili in questo Paese. Da quel giorno infatti non è più previsto alcun incentivo per i nuovi impianti fotovoltaici. Questo significa la fine della (breve) storia del fotovoltaico in Italia? Assolutamente no. Ma prima di delineare le possibilità  di sviluppo futuro, questa è ottima occasione per trarre un bilancio degli incentivi e dei loro effetti. Gli incentivi finiscono perché si è raggiunto il limite di 6,7 miliardi di euro l’anno. Una cifra significativa e considerevole che nel dibattito pubblico italiano è diventata sinonimo di “spreco”, nella migliore delle ipotesi “bolla” spesso definita “speculativa” , che “ha favorito gli stranieri”, e “fonte di devastazione del territorio”.  

 

Luoghi comuni che poco hanno a che fare con la realtà . Vediamo intanto la cifra assoluta: se sommiamo a quelli previsti per il fotovoltaico, gli incentivi per le altre fonti rinnovabili elettriche si raggiungono circa 10 miliardi. Tanto? Poco? Utile forse fare il confronto con la Germania – “locomotiva d’Europa” e unico altro paese europeo che può vantare un’industria manifatturiera come la nostra – lì quest’anno arriveranno a spenderne quasi 20. E visto che quello tedesco è un mercato elettrico doppio del nostro, la cifra è analoga. Ma questo costo, si dice, pesa sulle bollette elettriche di imprese e famiglie e contribuisce allo svantaggio competitivo (energia elettrica più cara) del sistema economico italiano. Poco vero anche questo: il delta prezzo con l’Europa (che pagano le piccole e medie imprese e non le grandi e , per la verità , nemmeno le famiglie) è dovuto piuttosto al prezzo del gas. basti pensare che l’anno scorso , appena leggermente svincolato il prezzo dalle rigidità  “monopolistiche” , abbiamo risparmiato senza colpo ferire almeno 4 miliardi, o alle le storture della nostra rete (il mancato collegamento con la Sicilia ci costa 1 miliardo ad esempio).  

 

Molti i risparmi che si potrebbe fare, a partire da togliere oneri davvero impropri sulla bolletta (dismissione nucleare, sconti per ferrovie e altri, IVA) da cui potremmo ricavare circa 2 miliardi. Insomma si incolpano le rinnovabili di delitti altrui, senza considerare i benefici diretti (riduzione del prezzo dell’elettricità  nelle ore di punta quando c’è tanto sole e riduzione delle importazioni di fonti fossili) e quelli indiretti (legati alla riduzione dell’inquinamento e delle emissioni di gas climalteranti): gli studi recenti (Althesys, Irex) calcolano in circa 35 miliardi di euro il saldo dei benefici cumulati nei prossimi anni sino al 2020 grazie alle rinnovabili. E non è nemmeno vero che sia stato un regalo ai cinesi che ci hanno fornito i pannelli. La realtà  anche qui è più favorevole di quel che comunemente si lascia intendere: è vero che i pannelli sono in larga parte cinesi, ma in un impianto il costo del pannello oggi pesa per poco più del 30%, il cuore della tecnologia e del know how sta invece negli inverter. Guarda caso qui siamo i leader mondiali: sono italiani gli inverter del più grande impianto fotovoltaico al mondo che si sta costruendo in Usa e gli stessi cinesi usano i nostri inverter per i loro campi. Recentemente il colosso dell’energia , la multinazionale svizzera ABB ha pagato 1 miliardo per acquisire un’azienda che produce inverter (tra i migliori al mondo) nell’aretino. Insomma quegli incentivi una filiera industriale l’hanno creata anche qui, non solo in Germania e gli effetti sull’occupazione – nonostante gli stop and gol imposti prima da Berlusconi e poi da Passera – si erano iniziati a vedere. 

 

Infine la lamentela sull’impatto sul paesaggio e l’uso del territorio agricolo. La verità  è che grandi impianti “sbagliati” per localizzazione sono davvero pochi e anche se tutti i 17mila megawatt di fotovoltaico attualmente istallato fossero a terra (e così ovviamente non è) occuperebbero 0,03% della superficie agricola. Quindi i supposti effetti negativi non ci sono , o sono assai limitati, restano quelli postivi già  accennati legati a riduzione importazione fonti fossili, diminuzione inquinamento, raggiungimento obiettivi europei, rilancio economia e occupazione. Si fermerà  tutto con la fine degli incentivi? No, a patto di fare politiche nuove e intelligenti. Siamo vicini alla grid parity: già  oggi in Sicilia per un supermercato che ha tanti consumi, spazio sui tetti sufficiente è conveniente realizzarsi il proprio impianto fotovoltaico anche senza incentivi. Si tratta di favorire queste possibilità  agendo su scambio sul posto, sostegno autoconsumo, favorendo l’accumulo. E in questo quadro è utile pensare a sostegno per gli impianti piccoli, quelli familiari da 3 kw, magari collegandoli alle batterie per permettere la sconnessione dalla rete. E poi ovviamente ci sono le altre fonti e quelle termiche. Insomma il futuro resta rinnovabile e l’era del fossile si esaurirà  anche prima che finiscano i combustibili convenzionali.  

 

* vicepresidente del Kyoto Club  

Se al Corriere della Sera la Giornata dell’ambiente diventa la scusa per attaccare gli ambientalisti

Pubblicato su greenreport.it

Sconcertante. La lettura del Corriere della Sera di oggi 5 giugno, Giornata mondiale dell’Ambiente. Sconcerto ancor più che malinconia o rabbia. Queste “giornate” dell’Onu come è  noto non servono praticamente a nulla, sono cerimonie istituzionali più o meno vacue, qualche ong in giro per il mondo coglie l’occasione per organizzare qualche meritoria iniziativa di sensibilizzazione. Ma onestamente non è che si facciano passi avanti concreti in difesa dell’ambiente. L’unico effetto positivo è che, almeno per un giorno si alza il livello dell’attenzione mediatica sulle questioni ambientali. Un effetto tanto più positivo e atteso in un Paese come il nostro, nel quale i direttori dei giornali, gli opinionisti più noti – come d’altronde l’intera classe dirigente, politica ed economica – ritengono tali questioni una nicchia buona per qualche boy scout invecchiato male e non comprendono, con poche eccezioni, né l’urgenza degli interventi contro i cambiamenti climatici, né l’opportunità  che la green economy offre contro la drammatica crisi economica. E’ per questo che l’articolo di Taino che parte in prima e che occupa pagina 2 e 3 del più diffuso quotidiano italiano desta sconcerto. In pratica si da spazio solo alle tesi di due noti “pentiti” dell’ambientalismo, il “nostrano” Chicco Testa , novello “Orlando furioso” contro le rinnovabili, e il più internazionale Lomborg (l’ambientalista scettico per la verità  abbastanza screditato nella comunità  scientifica) per rappresentare le seguenti teorie: il solare è fallito, l’auto elettrica una bufala, il protocollo di Kyoto non è servito a niente, i cambiamenti climatici nel breve periodo hanno un effetto positivo (sic!), e nel medio non ci costeranno mica tanto! Malinconia perché ennesima prova della grettezza dei media? Rabbia per evidenti falsificazioni? O piuttosto sconcerto per l’operazione giornalistica davvero inqualificabile? Voi credete che sia possibile leggere sul New York Times, su Le Monde, o sul The Times (non dico sul Guardian notoriamente “ambientalista”) ma neanche sul Financial Times un articolo del genere che si fa forte dell’opinione solo di una “parte” , peraltro minoritaria nel dibattito pubblico del mondo? Che si scelga di citare solo Lomborg e non Lord Nicolas Stern o i rapporti di noti covi di estremisti ambientalisti, quali la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, sulle conseguenze economiche dei cambiamenti climatici in atto? Che si possa irridere alle politiche sulle rinnovabili della Germania che anche su quelle politiche ha fondato la sua capacità  di essere la “locomotiva d’europa” tanto citata, senza pensare fosse utile ascoltare pericolosi fondamentalisti “verdi” come la Merkel? Si potrebbe continuare. Ma non vale la pena e non vale la pena mettersi a confutare dato per dato il misto di luoghi comuni e parzialità  di cui è farcito quell’articolo. Più utile dismettere immediatamente sconcerto, rabbia e malinconia, tornare a rimboccarsi le maniche e a lavorare affinché anche in questo Paese le proposte di politiche che si fondino su tela ambiente e rilancio della green economy acquistino quella dignità  nel dibattito pubblico che le elites nostrane sembrano ostinatamente voler negare .

 

Francesco Ferrante

 

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