Presidente Napolitano, per cortesia rientri nei limiti

pubblicato su huffingtonpost.it

Nei sette anni abbondanti del suo doppio mandato, Giorgio Napolitano ha spesso supplito alle mancanze – di responsabilità , di buonsenso, di realismo – della politica.

Questo lo ha reso molto popolare tra gli italiani e molto apprezzato nelle cancellerie di tutto il mondo. Questo, però, lo ha spinto anche ad allargare ogni giorno di più – davvero si può dire: ogni giorno – i confini formali e sostanziali del suo agire istituzionale: oggi noi siamo l’unico caso al mondo di una democrazia compiuta nella quale un sistema di governo parlamentare convive con un presidenzialismo di fatto, l’unico in cui un Presidente della Repubblica scelto dal Parlamento, che dovrebbe svolgere funzioni di “arbitro” e di garante, è protagonista attivo del gioco politico come fosse un presidente eletto dal popolo, meglio da una “parte” del popolo. Così, mentre il Parlamento discute su come dare più efficacia alla nostra architettura istituzionale, mentre discute tra l’altro se confermare l’attuale sistema parlamentare o trasformarlo nel senso di un presidenzialismo più o meno marcato, la Costituzione materiale sembra già  segnata da un’impronta largamente presidenzialista, peraltro in assenza dei contrappesi indispensabili per l’equilibrio di un simile modello.

Il discorso tenuto giovedì scorso alla “cerimonia del ventaglio” è l’ultimo episodio, uno dei più vistosi, di questo progressivo e apparentemente inarrestabile scivolamento di senso del copione presidenziale di Napolitano. Nell’occasione, il Presidente ha detto che Alfano non deve dimettersi perché per i ministri non esiste “responsabilità  oggettiva”, ha ammonito il Pd a non coltivare progetti di altre maggioranze da quella attuale e il Pdl a non confondere il destino giudiziario di Berlusconi con quello politico del governo, ha sostenuto che la caduta di Letta esporrebbe l’Italia a danni irrecuperabili. Insomma, ha parlato da “capitano” di una delle squadre in campo nell’attuale scena politica – la squadra delle larghe intese – molto più che da arbitro.

C’è poi, noi crediamo, un problema ulteriore. Quanto più la presidenza Napolitano acquista una dimensione politica, tanto più essa fa emergere il Napolitano politico. Come ha scritto Michele Serra, la tradizione da cui proviene il Capo dello Stato – cioè la cosiddetta “destra” comunista – era specializzata nell’invocare il “senso di responsabilità ” come freno ad “ogni impennata etica, ogni accelerazione sociale, ogni eccessiva movimentazione del paesaggio politico”. Questa preoccupazione “conservatrice” è chiaramente percepibile nelle scelte e nel discorso di Napolitano. L’idea che i problemi dell’Italia si affrontino meglio mettendo la sordina al confronto politico, riducendo al minimo i conflitti tra visioni e proposte, perseguendo la mai tanto evocata “pacificazione” per superare vent’anni di “guerra fredda” nel nome di Berlusconi, è naturalmente un’idea legittima. E però è un’idea, per l’appunto, tipicamente conservatrice, cui se ne oppone un’altra per la quale a un Paese mal ridotto come il nostro servirebbero piuttosto politiche di radicale cambiamento, di discontinuità  con il passato, berlusconiano e non. Politiche che inevitabilmente impongono scelte radicali, le quali a loro volta possono arrivare solo come risultato di conflitti chiari e netti.

Per queste ragioni di diritto e di fatto, sarebbe bello se Giorgio Napolitano utilizzasse l’ultima parte del suo magistero presidenziale per ritornare nei limiti di un ruolo meno schierato e più “terzo”. Sarebbe un altro buon servizio che egli rende all’Italia, una specie di prova del nove della sua responsabilità , del suo buonsenso, del suo realismo.

ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE

Ilva: incredibile Bondi, per lui colpa mortalità  è di tarantini che bevono e fumano troppo

“Incredibile Enrico Bondi, Commissario di governo all’Ilva di Taranto: per lui la colpa dell’alta mortalità  che si registra a Taranto è dei tarantini, bevitori e fumatori esagerati. Non è una barzelletta, sono affermazioni contenute in una nota inviata da Bondi al Presidente della Regione Puglia Vendola: affermazioni che dimostrano, una volta di più, l’errore di affidare la gestione commissariale dell’Ilva a chi fino a ieri guidava l’azienda su mandato della famiglia Riva oggi agli arresti e sotto processo per avere avvelenato impunemente Taranto per decenni”.

E’ quanto dichiarano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante di “Green Italia”, che chiedono al governo scelte più trasparenti e decise per affrontare il dramma sociale e ambientale rappresentato dall’Ilva: “L’unica via, stretta ma comunque percorribile, per dare risposte adeguate ai cittadini di Taranto e agli stessi lavoratori dell’Ilva €” affermano i due esponenti ecologisti €” è nazionalizzare l’azienda e usare tutti gli strumenti di legge per obbligare i Riva a restituire agli italiani i miliardi accumulati in anni di gestione illegale e truffaldina della fabbrica. Con tutto il rispetto per Bondi, un’opera così complessa e delicata non può essere affidata a chi è stato il più recente fiduciario dei medesimi Riva”.

Se anche il Pd apre le porte al condono edilizio

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Negli ultimi vent’anni la sinistra italiana si è sempre battuta contro i condoni edilizi: ha votato contro le due sanatorie varate dai governi Berlusconi nel 1994 e nel 2003, si è impegnata con successo nella scorsa legislatura per impedire nuove forme più o meno mascherate di condono. Nel frattempo, l’opinione pubblica si è convinta che l’abusivismo edilizio non è un’illegalità  minore: è una malattia sociale maligna ed endemica (nel sud è nato illegale un quarto di tutto il costruito), almeno in Europa è un’anomalia quasi solo italiana, è una piaga che ha procurato danni enormi al paesaggio, ha truffato sia lo Stato che i costruttori e i compratori di case onesti, ha aggravato il dissesto del suolo e l’insicurezza abitativa di chi vive in aree a rischio, ha fatto guadagnare miliardi alle ecomafie del cemento. Altro che abusivismo di necessità : il mattone illegale è stato e rimane, insieme ai rifiuti, uno dei grandi business della criminalità  ambientale.

Ripetiamo: la lotta all’abusivismo e ai condoni è uno dei temi su cui la sinistra si è mossa in questi anni con più rigore e con più coerenza. Per questo, quando alcune settimane fa un gruppo di senatori campani del Pdl ha presentato un disegno di legge che prevede uno stop generalizzato alle demolizioni di immobili abusivi ordinate dalla magistratura, ci aspettavamo da parte del Pd una reazione ferma, di totale indisponibilità  anche a discuterne. La reazione ferma è venuta da alcuni – Ermete Realacci, i senatori Lumia e Casson, Pippo Civati – ma quattro senatori campani del Pd – Capacchione, Cuomo, Saggese, Sollo – hanno invece presentato una proposta che, se approvata, aprirebbe di fatto le porte a un nuovo condono generalizzato: nel testo elaborato dai quattro parlamentari democratici si stabilisce che per sanare un abuso compiuto dieci anni fa basta che anche molti anni dopo, anche oggi, il Comune decida di cancellare “ex-post” il divieto di costruire, e poi si afferma che non sono passibili di demolizione gli abusi fino a 750 metri cubi di volumetria. 750 metri cubi, l’equivalente di una villa di 250 metri quadrati!

Ci auguriamo che questa iniziativa venga rapidamente sconfessata non solo dal Pd ma anche dal Governo a cominciare dal Ministro dell’Ambiente. Ma certo fa intravedere un rischio: che in questa stagione di “larghe intese” destra e sinistra finiscano per “intendersi” anche nel mettere in discussione princìpi, criteri di buon governo che a nostro parere andrebbero considerati come i beni comuni. Indisponibili.

 

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