FRANA TORGIOVANNETTO

A tre anni dalla chiusura della strada provinciale 249, nonostante i soldi a disposizione stanziati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i cittadini della montagna di Assisi non riescono a sapere ancora quando e in che modo potranno tornare ad avere una normale viabilità ”. A prendere posizione sulla questione della frana di Torgiovannetto è il senatore dell’Ulivo Francesco Ferrante, che già  in passato si era interessato della vicenda.

Nonostante sia stato costituito un tavolo interistituzionale che avrebbe dovuto affidare in somma urgenza l’incarico di valutazione delle attuali misure di sicurezza della strada e della progettazione preliminare dell’intervento complessivo sul versante, sono stati accumulati già  notevoli ritardi rispetto ai quindici giorni annunciati dopo l’incontro del tavolo tecnico del 20 dicembre scorso.
“Sollecitiamo quindi le istituzioni competenti a dare finalmente risposta alle esigenze poste dai cittadini che da 3 anni vivono senza una viabilità  regolare e assistono giorno dopo giorno all’inesorabile degrado del loro territorio – ha continuato Ferrante -. La Provincia di Perugia, soggetto attuatore dell’intervento, deve garantire il rispetto degli impegni preannunciati, mentre va presa in seria considerazione la richiesta del Comitato di una immediata riapertura controllata della Provinciale”.
Tanto più che secondo gli ultimi monitoraggi la frana non ha più avuto movimenti anomali e che, come ha concluso anche la Protezione civile al termine degli studi effettuati, sono escluse ipotesi di crollo catastrofico. Per alleviare i disagi per i cittadini, basterebbe poi ripristinare il sistema di allertamento semaforico e audio, così da permettere al progettista di lavorare con maggiore serenità  alla sistemazione ambientale del versante.
La lunga chiusura al traffico ha determinato inoltre l’abbandono della manutenzione della Provinciale, ormai interamente da risistemare, con ulteriore aggravio dei costi per la pubblica amministrazione.
Va ricordato che questa situazione, frutto del grave dissesto idrogeologico dovuto ad una cava dismessa e mai bonificata – uno squarcio di milioni di metri cubi di materiale roccioso nella montagna di Assisi – è conseguenza del grave danno ambientale perpetrato in una zona paesaggisticamente tutelata nonché patrimonio dell’Unesco.

“Il Comitato dei cittadini – ha concluso Ferrante – merita risposte chiare e  deve poter  partecipare formalmente agli incontri del CTI (Comitato Tecnico Interistituzionale) per conoscere modi e tempi della risoluzione del problema che lo riguarda”.

COMPLESSO EDILIZIO NELLA VIA INTERNA DELLE MURA DI SPOLETO

FERRANTE (ULIVO): “NECESSARI INTERVENTI

PER MITIGARE L’IMPATTO SULLA CITTA’ MEDIEVALE”

“Il problema segnalato da Legambiente è reale e richiede interventi mirati a mitigare l’impatto del nuovo edificio sull’antico quartiere”.
Questa la dichiarazione del Sen. Francesco Ferrante intervenuto sulla vicenda per la quale nei giorni scorsi Legambiente Umbria ha inviato una lettera al Ministro dei Beni culturali Rutelli per chiedere “quali sono stati gli elementi e le considerazioni che hanno portato tutti gli organi di controllo competenti e soprattutto la Soprintendenza ad esprimere parere favorevole al progetto (15mila metri cubi per due edifici con tre torri alte fino a 18 metri), estremamente invasivo, localizzato all’interno del nucleo storico della città ”.
“Una città  antica dall’assetto delicato come Spoleto – ha continuato Ferrante – richiede particolari attenzioni e ogni nuovo intervento urbanistico deve essere valutato con serietà  e prudenza. Bisogna considerare però che non sempre le norme esistenti permettono agli organi di tutela di intervenire per bloccare i progetti troppo invasivi e inadeguati per l’eccessivo impatto ambientale. Auspichiamo quindi che vengano messi in campo ora tutti gli interventi necessari a mitigare l’impatto del nuovo complesso edilizio sul centro storico della città ”.

 

 

ENERGIA. BIOCOMBUSTIBILI, TUTTI LI VOGLIONO MA àˆ SCONTRO SUL DOVE

Tutti guardano ai biocombustibili. Dicono si’, occorre produrli e al piu’ presto. Ma e’ scontro sulla ‘location’. Dove farli? Un ampio cartello di soggetti -ambientalisti, coltivatori e alcuni esponenti politici- avanza un imperativo preciso: in Italia. Le aziende (Eni in testa) e il ministero delle Sviluppo economico, invece, ampliano l’orizzonte: l’Italia e’ un’opzione, ma occorre guardare anche all’estero. In particolare, ai paesi in via di sviluppo.
Le sfumature non mancano neanche nella compagine governativa: oggi di biocombustibili hanno parlato i ministri dell’
ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e quello dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani. Il primo chiede che i ‘campi’ da biocarburante siano realizzati in Italia, il secondo rimane possibilista: il Belpaese non puo’ essere una “scelta esclusiva”. Con il capo del dicastero ambientale anche i sottosegretari Paolo Cento (Economia) e Stefano Boco (Politiche agricole con delega proprio alle bioenergie). E alcuni esponenti politici: tra gli altri, il diellino Francesco ferrante e Tommaso Sodano del Prc.

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