La vicenda dimostra l’incapacità e la superficialità del governo a gestire il problema del nucleare
delle scorie nucleari doveva essere affrontata 15 anni fa, nel 1987, subito dopo l’uscita del nostro paese dal nucleare. Mettere in sicurezza le scorie, fare un nuovo piano energetico basato sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili e puntando nella transizione ad un maggior uso del metano e promuovendo le fonti rinnovabili e il risparmio energetico. Questo è quello che l’Italia avrebbe dovuto fare allora, invece colpevolmente si è lasciato marcire il problema che adesso torna a galla con tutti i risvolti negativi di un ritardo di quasi un ventennio. Ma la difficoltà della situazione non giustifica scelte avventate, né legittima procedimenti poco trasparenti e lineari come quello che ha individuato Scanzano Jonico unico sito possibile per lo stoccaggio di rifiuti ad alta radioattività . Lascia sbigottiti la procedura omertosa messa in atto: nessuno a quanto pare, dal sindaco alla Regione, era stato messo a conoscenza dei fatti, né è stato reso pubblico alcuno dei documenti e degli studi scientifici sui quali si presume la scelta sia stata effettuata. C’è poi un piccolo giallo: se è vero quello che il viceministro Viceconte dichiarava due giorni fa alle agenzie di stampa, il governo sarebbe propenso a riconsiderare la scelta: ma allora, delle due l’una. O la comunicazione interna al governo è talmente lacunosa che al sottosegretario non è giunta la notizia che Scanzano Jonico è, secondo il governo e i tecnici della Sogin, l’unico sito italiano adatto ad ospitare il deposito; oppure dobbiamo dedurne che la solidità dei dati scientifici e degli approfondimenti tecnici sui quali si è fondata la scelta – e che nessuno al momento conosce – è tale da poter essere ribaltata in soli quattro giorni. E poi, ci chiediamo, è stato correttamente valutato il rischio geologico? L’area, infatti, è stata di recente riclassificata, passando ad un livello di rischio III: perché allora non è stata scelta una zona a rischio IV, più basso. E ancora: Scanzano Jonico è quantomeno defilato rispetto agli assi principali dei trasporti nazionali. Trasportare in Basilicata 80mila metri cubi di scorie radioattive sparse in tutta Italia significa far muovere 8 mila vagoni e calcolando che a Scanzano arrivano solo una statale e una linea ferrata a binario unico, ogni convoglio, dati i lunghissimi tempi che richiederà questa operazione, porterà alla totale paralisi. In tutta la vicenda inoltre è stato trascurato il fatto fondamentale che le scorie non sono tutte uguali. I rifiuti nucleari hanno diversa origine e sono di diverso tipo: vi sono scorie a bassa radioattività , derivanti dal ciclo di combustibile che comprendono carta, strumenti, vestiario, filtri e altro; scorie a radioattività intermedia che comprendono essenzialmente resine, fanghi chimici e rivestimenti metallici del combustibile e scorie ad alta radioattività che includono i prodotti di fissione e gli elementi transuranici prodotti nel reattore. Quest’ultime, altamente radioattive, sono le più pericolose e destinate a restare tali per diverse decine di migliaia di anni.