Ancora una giornata di “prime volte”.
La prima volta a Montecitorio, il luogo più simbolico della politica, la prima passeggiata in Transatlantico, entro là da dove ha scritto in questi giorni il mio gemello “neodep”, e soprattutto la prima volta in cui partecipo al più alto rito laico della nostra democrazia: l’elezione del presidente. La sensazione, ormai familiare in queste settimane, che mi accompagna da stamane è quella di dover affrontare una prova importante. Un po’ come prima di un esame anche se in realtà ciò che alla fi- ne ci limitiamo a dover fare è votare scheda bianca, come ci annuncia Prodi in una brevissima riunione di tutti i “grandi elettori” dell’Unione. La comunicazione è talmente breve che qualcuno scherzando un po’ dice che «ci potevano mandare un sms». Il senso però è chiaro e condivisibile: confermare la nostra unità e dare un segnale di disponibilità all’opposizione. Una cosa sembra definitivamente certa ormai da ieri: il prossimo presidente della repubblica sarà un Democratico di sinistra, un dirigente politico che lo è stato anche del Pci, un autentico riformista. Mi pare un’ottima cosa sia per il senso di “chiusura” di una parte della nostra storia, questo lungo dopoguerra, sia per il riconoscimento più o meno implicito che così si dà a una parte importante della sinistra che, pur con tanti errori, è stata in grado di contribuire in maniera originale alla costruzione prima e al consolidamento dopo della nostra democrazia e che, anche se con un qualche ritardo, si è saputa rinnovare. Ma soprattutto mi pare positivo in chiave futura: nel processo di costruzione del Partito democratico il passaggio che ci apprestiamo a fare ne costituisce obiettivamente un rafforzamento. Resta un nodo che, ancora in queste ore, non è definitivamente sciolto. Riusciremo ad eleggere il nuovo presidente con un consenso ampio che vada aldilà della nostra stessa maggioranza? àˆ evidente che il raggiungimento dell’obiettivo dipende anche e soprattutto dal profilo dei candidati concretamente in campo, uno più “istituzionale” e uno più marcatamente di parte, che almeno così appare – forse non qui dentro, nel Palazzo, tra il ceto politico – ma sicuramente là fuori tra la gente. Certo le ultime dichiarazione “eversive” (sciopero fiscale e amenità varie) di Berlusconi non aiutano anzi lasciano veramente sconfortati. Le procedure di voto sono inevitabilmente lente, si passa il tempo disegnando scenari futuri, spiegandoci reciprocamente le proprie prime iniziative legislative. Firmo una mozione che mi propone il collega Nuccio Iovine che impegna il futuro nuovo governo a “farsi sentire” con gli americani per il modo indegno con cui hanno liquidato la morte di Calipari. Attendiamo i risultati dello spoglio che già sappiamo interlocutorio.