Io, pacifista, voterò sì

Articolo uscito sul quotidiano “Europa”

Io, pacifista, e fiero di esserlo voto sì al rifinanziamento della missione militare in Afghanistan. E lo faccio senza tentennamenti e tormenti. Ero contrario a quella guerra e, insieme alla mia associazione – Legambiente – e a tanti altri, scendemmo in piazza per manifestare il nostro dissenso.

Penso oggi come allora che non è con la guerra che si risolvono i problemi: nessuno, nemmeno quello drammatico del terrorismo. Ricordo che dopo l’11 settembre, per un breve periodo sembrò che il mondo volesse fermarsi a riflettere e a capire cosa l’aveva condotto a quella tragedia. Dicemmo che l’attentato alle Torri Gemelle aveva forse il “lugubre merito” di imporre a tutti una seria riflessione sulle cause del terrorismo e che molto aveva a che fare con la questione della giustizia sociale, della povertà , della democrazia. Il mondo aveva bisogno di “interdipendenza”, questo si scriveva sui giornali, questo dicevano molti leader, non solo il movimento pacifista che in quelle settimane cresceva e conquistava tanti alle sue ragioni. Quella breve stagione di consapevolezza, a mio parere, fu bruscamente interrotta, prima ancora che dalla guerra in Irak, proprio dalla decisione americana di intervenire in Afghanistan con l’obiettivo di colpire i talebani complici di Al Quaeda. Quell’obiettivo è stato raggiunto, ma il terrorismo continua, anzi colpisce sempre più diffusamente, la situazione dell’area è peggiorata e anche l’Afghanistan non è affatto pacificato. Fare la guerra è facilissimo, costruire la pace è difficilissimo. Credo che solo ricordando questi presupposti si possa guardare alla situazione con realismo e senso di responsabilità . Ma di fronte a tutto ciò, la domanda da farsi è se sia giusto un “disimpegno” italiano oggi, non cosa si sarebbe dovuto fare cinque anni fa. Se è giusto andarsene e lasciare quel popolo in balia di una nuova guerra civile o piuttosto rimanere per cercare di contribuire al rafforzamento di una democrazia che finora ha emesso solo vagiti. Il miglioramento della condizione femminile non è certo un dato acquisito e purtroppo riguarda solo una porzione piccola di quel Paese, ma verrebbe travolto in assenza di un controllo anche militare. E infatti non credo sia un caso che nei documenti che ci arrivano dalle donne afgane, il Rawa per esempio, pieni di critiche feroci relativamente ai comportamenti delle forze militari Usa, mai si chiede il ritiro delle nostre truppe. Certo la natura della missione deve cambiare radicalmente. Non solo dobbiamo uscire da quella americana Enduring Feedom che continua ad essere condotta in modo irresponsabile, ma dobbiamo adoperarci in tutte le sedi perché il mandato della missione Isaf voluta dall’Onu cui continueremo a partecipare e sulle sue regole di ingaggio sia tale da assicurare che la legittima presenza multilaterale di stabilizzazione e sicurezza rimanga tale e non si trasformi in alcun caso in operazione di guerra. E dobbiamo smetterla, come recentemente hanno richiesto tutte le Ong italiane, di confondere le operazioni di cooperazione internazionale, da sostenere e rafforzare, con quelle militari che sono tutt’altra cosa. àˆ questa confusione che ha portato le ong a rifiutare di operare contigue al Prt italiano nella provincia di Herat, mentre continuano ad essere attive in altre province. Insomma il dibattito di questi giorni si rivelerà  utile se si concluderà  non solo con l’indispensabile decisione di non abbandonare l’Afghanistan, ma se servirà  a un definitivo chiarimento circa la distinzione tra operazioni militari di guerra – vietate dalla nostra Costituzione, ma anche dal diritto internazionale – e autentiche operazione di polizia internazionale (militare e civile). E se, come chiediamo in un recente appello della Tavola della Pace, servirà  a trovare un nuovo slancio per chiedere la riforma e la democratizzazione dell’Onu, che è la vera sfida per costruire un mondo con meno guerre. Infine, in questi giorni di guerra in Libano, questo nostro “sì” alla missione si deve accompagnare ad altri tre “sì”: sì all’immediato cessate il fuoco, sì ad una forza di pace dell’Unione Europea, sì al negoziato politico con tutti.

“IL FUTURO DELLA QUALITA’ ITALIANA” SI DISCUTE A MONTEFALCO

“PUNTARE SUL TURISMO PER COMPETERE CON SUCCESSO”

Tra i Paesi dell’area mediterranea la notorietà  dell’Italia è complessivamente elevata (28,1%) ma risulta comunque più bassa rispetto a Francia e Spagna, che occupano i primi posti rispettivamente con il 35,3% e il 34,7%. Ecco il quadro che emerge da uno studio sull’attrattività  dell’Italia presso alcuni mercati stranieri realizzata da Doxa, Mercuri e Touring per la Direzione generale per il Turismo del ministero delle Attività  Produttive. In questi ultimi anni l’Italia ha perso posizioni su posizioni nella classifica internazionale del turismo. Questo per l’assenza di una politica nazionale complessiva che valorizzasse il nostro straordinario prodotto: paesaggio, cultura, natura… La delega del settore turismo al vice presidente del Consiglio Francesco Rutelli, può rappresentare un’importante inversione di tendenza. “L’Umbria può offrire infinite possibilità  al turista – ha dichiarato Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente e senatore della Margherita eletto in Umbria, al convegno sulla soft economy in corso a Montefalco -. Si può scegliere un viaggio o una vacanza in queste località  per motivi di arte, cultura, natura, gastronomia e tradizione, e questi motivi credo bastino a sostenere la necessità , ma anche la reale possibilità  di far crescere l’industria del turismo che già  oggi fornisce l’11 per cento della ricchezza nazionale e che può essere uno straordinario volano per lo sviluppo economico della regione. Certo che il rilancio del turismo deve andare di pari passo con le politiche di tutela e valorizzazione dell’ambiente. Ad esempio, i positivi dati relativi al riavvio del turismo sul lago Trasimeno vanno collegate ad un miglioramento importante delle condizioni ambientali del lago, dovute ad una migliore manutenzione del territorio e alla giusta scelta di ridurre i prelievi di acqua. Allo stesso modo, sull’altipiano di Castelluccio di Norcia si dovrebbe uscire dalle polemiche di questi giorni, e pensare a strutture che possano far fruire uno dei luoghi più belli d’Italia ai turisti, senza che i loro autoveicoli ne distruggano quella stessa bellezza. Infine, non si può eludere il nodo delle risorse, strumento necessario per esempio, per recuperare e valorizzare le antiche mura di Amelia colpite dal crollo del gennaio di quest’anno”.

Coppa America a Trapani

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE DIRETTA AI MINISTRI DELL’AMBIENTE E DELLE INFRASTRUTTURE 

Il Senatore Francesco Ferrante, Capogruppo dell’Ulivo in Commissione Ambiente al Senato, ha presentato un’articolata interrogazione al Ministro dell’Ambiente e al Ministro delle Infrastrutture in relazione alla clamorosa vicenda delle opere portuali di Trapani, avviate in occasione della Coppa America con procedure straordinarie e senza rispettare i criteri in materia di valutazione di impatto ambientale, proseguite dopo la conclusione dell’evento ed in violazione delle prescrizioni dettate dal Ministero dell’Ambiente ed oggi sottoposte a sequestro dell’Autorità  Giudiziaria. “Il binomio Coppa America – opere portuali di Trapani è diventato, da circa un anno, simbolo di una grande questione ambientale e di legalità  a livello europeo, come dimostrano anche le azioni della Procura della Repubblica e delle Forze dell’Ordine di Trapani. Ha dichiarato il Senatore Francesco Ferrante – In sede di programmazione sono state fatte scelte sbagliate soprattutto per quanto riguarda le grandi opere marittime, che avrebbero avuto bisogno di essere progettate e valutate in maniera meditata ed attenta e realizzate secondo procedure ordinarie. Un mix di violazioni di norme, incompletezze progettuali ed inefficienze gestionali ha ormai determinato una grave situazione sia sul piano ambientale che su quello della legalità . Soltanto realizzando una seria inversione di tendenza ed una chiara discontinuità  con il passato, e soprattutto investendo di responsabilità  nuovi uomini e ridefinendo obiettivi e modi di procedere, si potranno determinare le condizioni per un confronto produttivo sul futuro del porto di Trapani e tentare di risolvere la situazione di blocco che si è determinata”. Al Ministro dell’Ambiente e tutela del territorio è stato chiesto di concludere in termini negativi le procedure di valutazione dell’impatto ambientale delle opere sinora realizzate; di non concedere ulteriori autorizzazioni per la ripresa dei lavori; di promuovere l’azione per il risarcimento del danno ambientale connesso con l’esecuzione dei lavori in difformità  alle prescrizioni ministeriali impartite; di sottoporre a nuova progettazione ogni lavoro relativo alle opere in esame, che dovrà  essere attuativa dell’esito della procedura VIA sul piano regolatore del Porto e dovrà  tenere conto della reale contaminazione dei rifiuti di scavo e dei sedimenti marini. Al Ministro delle Infrastrutture è stato chiesto di disporre un’azione ispettiva sull’operato dell’Autorità  Portuale di Trapani e di alcuni Uffici del Ministero; la revoca del vigente contratto di appalto con le imprese esecutrici – in quanto il progetto originario non è più eseguibile nei termini previsti – ma soprattutto di nominare un commissario ad acta per sottrarre agli attuali organi dell’Autorità  Portuale di Trapani, coinvolti nei procedimenti penali avviati dalla Procura della Repubblica, la competenza sulle opere avviate per la Coppa America e sulle procedure approvative del Piano Regolatore del Porto, per il quale da anni si attende l’avvio della VIA.

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