“Risparmiata una centrale elettrica e un milione e mezzo di tonnellate C02”

“Grazie alla norma che prevede il 55 per cento di incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie con la riqualificazione energetica sono stati risparmiati in due anni 2500 GWh di energia elettrica, l’equivalente della produzione di una centrale termoelettrica di 400 MW, e prodotte minori emissioni per un milione e mezzo di tonnellate di CO2”: questi i dati resi noti oggi dagli Ecodem ed elaborati dal Ministero per lo Sviluppo Economico,

“Sono numeri significativi – sottolinea Francesco Ferrante dell’esecutivo nazionale degli Ecologisti Democratici – che dimostrano la bontà  della strada intrapresa nella scorsa legislatura e che il governo Berlusconi voleva abbandonare e che siamo riusciti a mantenere”.

“Oltre agli evidenti benefici ambientali il nostro sistema paese – continua l’esponente Ecodem – ha così risparmiato anche il costo di costruzione di una centrale termoelettrica di 400 MW (circa 400 milioni di euro). E’ necessario ora rafforzare e ampliare quelle misure che stimolano l’efficienza energetica a partire al ripristino dell’obbligo della certificazione energetica degli edifici, un obbligo che il governo Berlusconi ha cancellato e che è invece indispensabile per stimolare la qualità  in edilizia e soprattutto nelle ristrutturazioni”.

“Incentivare fonti rinnovabili ed efficienza, stimolare l’innovazione tecnologica: è questa l’unica strada per cercare di centrare gli obiettivi europei del pacchetto ‘20 – 20- 20’ e stimolare il rilancio dell’economia su basi durature e per la creazione di sviluppo e nuovi posti di lavoro”.

I fatti dicono no al nucleare

Ieri il Senato ha completato l’approvazione a maggioranza, col voto contrario del Pd, del complesso di norme che consentirebbero il ritorno al nucleare in Italia. Da quando è nato il governo Berlusconi, questo obiettivo è indicato da molti esponenti del centrodestra, in particolare dal ministro Scajola, come la panacea per i problemi energetici dell’Italia. Forse nel mondo solo il presidente iraniano Ahmadinejad e l’ex-presidente dell’Enel Chicco Testa sono più fissati di Scajola con il nucleare.
Diciamo subito che parlare concretamente di nucleare per il Pd e per noi ecologisti democratici non è una bestemmia. Del resto dal referendum del 1987 moltissimo è cambiato anche rispetto al rapporto tradizionalmente non facile tra ambiente ed energia: allora il nucleare era visto come la minaccia più grande per l’ambiente, oggi c’è una minaccia, meglio un processo già  in atto, ben più temibile e globale come sono i cambiamenti climatici. Oggi ridurre le emissioni che alimentano i cambiamenti del clima, dunque ridurre i consumi di petrolio e di fossili, è una priorità  e un’urgenza assoluta: per l’Italia il nucleare  non serve affatto a questo scopo, ma per esempio è importante che per preparare un futuro senza petrolio, nel mondo e anche in Italia venga intensificata la ricerca per arrivare alla fusione nucleare o a una fissione davvero sicura.
Il punto è che la destra italiana agita la bandiera nucleare a modo suo, cioè per mero spirito di propaganda. Tace del tutto sui problemi irrisolti del nucleare – le scorie, i costi esorbitanti, i rischi di proliferazione -; propone procedure di tipo quasi militare per scegliere i siti e gestirli negando ai cittadini l’accesso alle informazioni che riguardano i nuovi impianti; ignora i veri nodi da sciogliere per dare all’Italia una politica energetica rinnovata ed efficace: come incentivare l’efficienza energetica, come colmare il gap rispetto ai grandi Paesi europei sulle nuove rinnovabili, come spingere la ricerca sulle nuove tecnologie  energetiche dal sequestro di CO2 all’idrogeno.
Negli ultimi mesi questa mancanza di serietà  e questa povertà  di idee sono divenute  ancora più lampanti. Perché dall’agosto 2008 sono successe nel mondo cose importanti. Da gennaio gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente che parla pochissimo di nucleare e invece ha messo al centro dei suoi obiettivi di governo il decollo delle nuove energie e un programma straordinario per il risparmio energetico nell’edilizia e nei trasporti, di cui è parte integrante la stessa scelta di puntare sulla Fiat come partner di Chrisler. E poi da alcuni mesi è arrivata una terribile crisi economica, e tutti i Paesi più grandi ed importanti alla crisi hanno risposto puntando sulla “green revolution” dell’efficienza energetica e delle fonti pulite. Secondo uno studio recente di Hsbc, uno dei maggiori gruppi bancari del mondo, nell’Unione europea oltre metà  delle risorse pubbliche anti-crisi sono finalizzate all’innovazione energetico-ambientale, mentre in Cina la percentuale è del 37% e negli Stati Uniti è di quasi il 15%. Bene, anzi male, perché in Italia solo l’1% dei fondi pubblici anti-crisi è stato impegnato in questa direzione.  
A riprova di questo ostinato immobilismo, ecco un elenco parziale dei passi indietro e dei passi falsi accumulati dal governo Berluscoini e dalla sua maggioranza in tema di energia: il tentativo di cancellare gli incentivi del 55% alle ristrutturazioni degli edifici a fini di risparmio energetico, poi fortunatamente rimangiato; il tentativo di boicottare l’accordo europeo sul clima,  anch’esso fallito ma che certo non ha giovato all’immagine internazionale del nostro Paese; le norme che autorizzano la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle e l’ampliamento di tutti gli impianti a carbone in deroga alle leggi esistenti; la cancellazione della messa al bando decisa dal governo Prodi di elettrodomestici e lampadine a bassa efficienza, che sarebbe scattata dal prossimo gennaio; l’approvazione in Senato di una mozione in cui si dice che i cambiamenti climatici non esistono e che se ci fossero darebbero più benefici che danni.
A fronte di tutto questo, resta come sola proposta in positivo il ritorno al nucleare. Si vuole discutere di nucleare? Bene, ma lo si faccia lasciando da parte la demagogia e badando ai fatti.
I fatti dicono che costruire una centrale è molto costoso e che per questo le nuove centrali si fanno quasi soltanto in Paesi dove gli investimenti li paga lo Stato. Dicono che se l’Italia realizza 4 centrali per un totale di 6400 MW, come annunciato da Scajola, questo costerà  al sistema Paese non meno di 20/25 miliardi e che il contributo di queste quattro centrali ai consumi di energia sarà  inferiore al 5%. Dicono, soprattutto, che ripartire col nucleare non serve a ridurre la dipendenza dal petrolio (il petrolio non viene quasi più utilizzato per produrre elettricità ), non serve a fronteggiare la crisi economica (i cantieri non apriranno prima di cinque anni) e non serve ad affrontare la crisi climatica (i nuovi impianti entrerebbero in funzione dopo il 2020, mentre secondo gli scienziati gli anni decisivi per fermare il “global warming” sono i prossimi dieci/quindici).
La verità  è che per affrontare le tre crisi globali nelle quali anche l’Italia è coinvolta – crisi economica, crisi climatica, crisi energetica – il nucleare per il nostro Paese è un’arma completamente spuntata. Però è un’arma costosissima, per fabbricare la quale dovremo inevitabilmente rinunciare alle cose più utili, più efficaci, più tempestive. Come ha detto recentemente Al Gore, “la buona notizia è che le iniziative di grande portata  necessarie a porre rimedio alla crisi del clima sono esattamente le stesse che occorre intraprendere per risolvere la crisi economica e la crisi della sicurezza energetica”. La cattiva notizia, invece, è che il governo italiano non se n’è accorto.
 

Ecodem: “Il nucleare di Berlusconi è un bluff”

“Con l’approvazione dell’articolo riguardante l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, tra l’altro non autonoma e senza adeguate risorse, il Senato ha completato l’esame delle norme inerenti e compiuto un primo passo verso il ‘ritorno al nucleare’, una vera fissazione ideologica di Berlusconi e Scajola”: questo il commento di Francesco Ferrante, esponente Ecodem. al provvedimento adottato oggi, mercoledì 13 maggio, da Palazzo Madama
 

“Un complesso, quello delle norme sul nucleare, contro cui si è battuto l’intero Gruppo del Pd al Senato, – continua Francesco Ferrante – in cui sono presenti elementi di dubbia costituzionalità . Viene rafforzato il centralismo dello Stato e le Regioni e gli enti locali sono espropriati dei loro poteri; si ricorre all’uso dell’esercito  per consentire la costruzione delle centrali; si affida inspiegabilmente al Cipe la scelta del tipo di impianti. Senza dimenticare l’abuso di potere: come altrimenti si potrebbe giustificare il commissariamento della Sogin proprio nel momento in cui questa società  aveva finalmente avviato le procedure di decomissioning del vecchio nucleare, e lo stravolgimento del ruolo dell’Enea?”
 

“Va poi aggiunto che è stato predisposto il rinvio di sei mesi sulla delega al governo per la localizzazione delle centrali, inizialmente prevista per giugno e rimandandola a dopo l’approvazione complessiva del provvedimento. Questo rinvio è però anche una chiave per capire quale è la reale strategia del centrodestra: continuare ad agitare una bandiera ideologica, quella del ‘ritorno al nucleare’, – sottolinea Francesco Ferrante – con la falsa promessa che questo consentirebbe una riduzione del prezzo dell’energia, senza però procedere alla effettiva costruzione di una centrale che inevitabilmente farebbe perdere consensi sul territorio”.
 

“Si spiegano così le promesse di Berlusconi e Scajola nella recente campagna elettorale in Sardegna, in cui assicuravano ‘mai una centrale nucleare in Sardegna’ o quelle di analogo tenore in Abruzzo e ancora l’intervento del Sottosegretario Urso oggi nell’aula del Senato in cui l’esponente di governo si affrettava a smentire le ipotesi di localizzazione apparse oggi sul quotidiano Repubblica. Insomma molte chiacchiere e grande perdita di tempo e risorse che molto più utilmente si dovrebbero impiegare nelle strade seguite dagli altri paesi: fonti rinnovabili, risparmio energetico, ricerca scientifica, anche sul nuovo nucleare,e non certo pensando di costruire tra qualche anno centrali di vecchia concezione, pericolose e per cui non si è risolto il problema fondamentale dello smaltimento delle scorie”.
 

“Non c’è niente da fare – conclude l’esponente Ecodem – il governo Berlusconi è l’unico esecutivo ancora sordo alle esigenze dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica, che possono rappresentare anche una risposta efficace alla crisi economica mondiale. Secondo uno studio recente di Hsbc infatti, uno dei maggiori gruppi bancari del mondo, nell’Unione europea oltre metà  delle risorse pubbliche anticrisi sono finalizzate all’innovazione energetico ambientale, mentre in Cina la percentuale è del 37 per cento e negli Stati Uniti è di quasi il 15 per cento. Bene, anzi male, perché in Italia solo l’1 per cento dei fondi pubblici anticrisi è stato impegnato in questa direzione”.

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