La green economy nel programma del Pd

Pubblicato sul Corriere dell’Umbria

L’Umbria ha bisogno di innovazione. Sarà  il Partito Democratico lo strumento politico che potrà  assicurare a questa Regione e ai suoi cittadini un quadro di regole, nella buona amministrazione, che le permetta un nuovo sviluppo e di uscire dalla crisi, sapendone cogliere le opportunità , con un rinnovato slancio comune? Noi ne siamo fermamente convinti. A patto che il Partito Democratico sappia mantenere le premesse da cui era nato: andare oltre le storie politiche – quella democristiana e quella comunista – da cui provenivano i due partiti fondatori, che comunemente giudicavamo non più sufficienti a leggere e saper affrontare le sfide del nuovo secolo; aprirsi a persone e temi che di quelle storie non erano “parte”, come ad esempio la questione ambientale; trovare nuove risposte ai nuovi problemi che hanno portato con sé questi anni della globalizzazione, prime tra tutte quelle necessarie per costruire un nuovo welfare per i nostri giovani alle prese con una precarietà  che spesso è dramma. Noi però crediamo sia onesto e doveroso ammettere di fronte ai cittadini che in questi due anni che ci separano dalla primarie dell’ottobre 2007, troppo spesso alle parole non sono seguiti i fatti: ci siamo fermati in mezzo al guado, non abbiamo saputo rinnovare il gruppo dirigente – a livello nazionale, ma anche qui in Umbria – premiando quei tanti giovani che invece erano emersi nei nostri circoli durante l’ entusiasmante campagna elettorale del 2008 (ricordiamo che l’Umbria regalò al Partito un bel successo, uno dei migliori risultati in Italia); troppo spesso ci siamo attardati in polemiche interne, incomprensibili all’esterno e troppo centrate sui destini personali di qualcuno – anche qui in Umbria; e ci siamo attardati in risposte antiche non sapendo cogliere a sufficienza le novità  che intanto emergevano nella società . Non c’è più tempo da perdere, e il congresso che si è appena avviato deve essere l’occasione per fare il passo decisivo che permetterà  al Partito di liberarsi di vecchie incrostazioni e di offrire finalmente a tutti i i cittadini una proposta politica seria e nella quale si potranno trovare gli elementi per il rilancio di cui abbiamo bisogno. Noi, insieme a molti altri ambientalisti, abbiamo individuato nella mozione del Segretario in carica quella che meglio rispondeva a queste esigenze e che con più chiarezza indicava nella green economy la ricetta utile per uscire dalla crisi. Una ricetta che è quella scelta da Obama e in Europa, una ricetta che sarebbe perfetta per l’Umbria perché terrebbe insieme la tutela e la valorizzazione di quelle straordinarie risorse di cui l’Umbria è ricca – il paesaggio, le bellezze artistiche, le tradizioni enogastronomiche – con l’innovazione di cui gli umbri hanno dato già  dato belle prove – basti pensare alla “chimica verde” della Novamont a Terni, o alla tecnologia, che ora si applica anche al solare  della Angelantoni a Massa Martana. Franceschini ha saputo indicare quella strada con una serie di netti “si” e altrettanto netti “no”, primo tra tutti il no al nucleare,  (vedi alla voce “qualità ” che è una delle parole chiavi su www.dariofranceschini.it), ed anche questo ci ha convinti: la capacità  di uscire dalle ambiguità  ed essere chiari con la gente.

Il Congresso sarà  quindi una straordinaria occasione di discussione democratica. Il nostro partito d’altronde deve essere questo: una comunità  di cittadini che si ritrova  e che cerca insieme le risposte giuste ai problemi, e che attraverso lo strumento delle primarie sceglie i suoi dirigenti e i candidati alle elezioni. Non dobbiamo però sprecare questa occasione, dando all’esterno un’immaggine di scontro, che sarebbe di nuovo incomprensibile, e per questo in Umbria abbiamo apprezzato la proposta di Alberto Stramaccioni, che ci è sembrata rappresentare adeguatamente questa volontà  “unitaria, e quindi, nonostante la stima che ci lega da tempo a Lamberto Bottini, uno dei migliori amministratori e dirigenti politici di questa Regione, ma che in  questa vicenda congressuale ha ritenuto di spendersi per una causa troppo di parte, sosterremo la candidatura dell’attuale segretario provinciale di Perugia proprio al fine di assicurare al Partito un periodo di concordia interna in cui potremmo dedicarci con più forza al dialogo vivo con la società .

 

Francesco Ferrante
Direttore generale Gruppo Pd Senato
Sergio Santini
Membro Ufficio Politico Pd Umbria

Elogio del moralismo

Qualche anno fa all’ineffabile ministro Lunardi, l’ingegnere famoso per le gallerie che divenuto Ministro delle Infrastrutture finanziò parecchi tunnel in giro per l’Italia, scappò detto che visto che la mafia esisteva, le imprese dovevano farci i conti. Lo scandalo provocato, in alcuni, da quella dichiarazione finì però nel nulla, ed è forse da questa assuefazione del Paese, e comunque della sua classe dirigente, al malaffare, al cinismo della cattiva politica, persino alla convivenza considerata inevitabile con la criminalità  organizzata, che bisogna partire per comprendere sino in fondo molte delle difficoltà  che ha l’Italia nel liberarsi dalle vecchie incrostazioni ereditate dalla Prima Repubblica e che si sono aggravate in questo quindicennio. In nessun Paese del mondo libero, credo, si legge nell’editoriale del giornale più diffuso che la corruzione “va ridotta perché non è conveniente”. Eppure è proprio questo che Panebianco sostiene sul Corriere della Sera in polemica esplicita con quelli che lui chiama “moralisti”. Ma ve la immaginate una tesi simile sostenuta dal New York Times, Le Monde, El Pais, The Times ? Semplicemente impossibile. E certo non è che quei paesi siano immuni dalla corruzione politica, ma lì, la stessa, è considerata una “devianza” da colpire duramente se scoperta, non la normalità . Ed è questo che gli stranieri non capiscono quando guardano alla sostanziale indifferenza con cui i grandi media italiani – a parte la vistosa eccezione del giornale-partito che lo avversa – osservano le vicende “private” del premier. Non certo il fatto che qualche politico, seppur di primissimo piano, sfrutti il proprio potere per ottenere favori sessuali da qualche donna compiacente, ma che questo comportamento non venga considerato talmente vergognoso da doverlo nascondere. Si favoleggia delle “avventure” di molti Presidenti Usa (a partire dal più famoso e venerato Kennedy), ma l’unica volta che quella avventura fu provata insieme alla bugia che la voleva nascondere, Clinton pagò un prezzo politico altissimo e i media (anche quelli della sua parte politica) non gli fecero alcuno sconto. C’è una qualche ipocrisia in questo approccio? Sapere che “tutti lo fanno” , ma farla pagare solo a chi viene scoperto? Ma allora bisognerebbe spendersi in un elogio collettivo a questa ipocrisia! Se non recuperiamo, seppur considerando tutte le “complessità ” che si vogliono, alcune sane discriminanti per cui è chiaro cosa è “bene” e cosa è “male”, sarà  difficile lavorare su un senso di identità  nazionale nuovo che sappia dare speranze e forza a questo Paese: Saviano è “giusto, Pecorella è “sbagliato”; pagare le donne per fare sesso è pratica “umiliante”; mischiare interessi privati, economici con funzioni pubbliche non è “ammissibile”, e ciò vale per Berlusconi ma anche per ogni amministratore; stipendi e consulenze milionarie non sono “compatibili” specie in periodi di crisi.
Parole chiare che il Partito Democratico deve dire per offrire di sé al Paese l’immagine “giusta”, con l’orgoglio di considerale, non patrimonio di una “minoranza”, ma al contrario fondamentali proprio per conquistare il consenso dei nostri concittadini sufficiente per tornare a governare il Paese.

Francesco Ferrante

Il Passante di Mestre: una storia esemplare

Una storia esemplare, ma non c’è peggior sordo di non vuol sentire. Così si potrebbe riassumere ciò che è avvenuto sabato scorso sul Passante di Mestre e i relativi commenti di politici, amministratori e anche molti giornalisti. I fatti: il Passante di Mestre, grande opera pubblica inaugurata poche settimane fa da Berlusconi, Galan e compagni in pompa magna alla presenza di imprenditori e rappresentanti di media e istituzioni varie, l’opera simbolo della “vittoria contro il fronte del no”, l’opera pubblica che sarebbe stata la prima di una serie che avrebbe finalmente messo in pari il nostro Paese con l’Europa sul piano delle infrastrutture, è andata clamorosamente in tilt alla prima prova seria e si sono create file di 30 (trenta) chilometri di automobilisti esasperati. Era difficile da prevedere? No, non lo era affatto (e appare sinceramente ridicola l’inchiesta aperta successivamente dall’Anas): chiunque ne sappia un po’ di trasporti avrebbe potuto prevedere che sabato 1 agosto si sarebbe creato un volume di traffico, che per un’antica ma non superabile legge della fisica – l’impenetrabilità  dei corpi – avrebbe determinato l’ingorgo. E’ inevitabile e peraltro, come dimostra la storia in tutto il mondo – si pensi alle highways di Los Angeles -, che grandi strade chiamino traffico, sono miele per le api (automobili). E davvero si resta senza parole , quando per spiegare il problema si scopre il nuovo “diavolo”: la mancanza della terza corsia sulla A4 (Venezia – Trieste) che avrebbe creato l’imbuto e il fatto (ma che sorpresa!) che le mete marine di Croazia e Slovenia quest’anno sono molto ambite. Di grazia, cosa pensano Tondo, Galan, il suo assessore, ma anche Sergio Rizzo del Corsera? Che con le tre corsie si debba arrivare di fronte al portone dell’appartamento in Slovenia che il nostro concittadino ha deciso di affittare per le sue vacanze di quest’anno? Potremmo spostare l’imbuto più a est o più a ovest, ma se non cambiamo sistema di trasporti, le modalità  con cui scegliamo di muoverci il problema non lo risolveremo mai. Non si tratta qui di discutere se fosse giusto o meno spendere un miliardo di euro per il Passante. Anche Legambiente aveva inserito quell’opera tra quelle utili e “da fare”. Ma ciò che veramente non è più sopportabile è che anche questa piccola storia esemplare non aiuti a capire che non esistono “opere salvifiche”, che non ha senso inseguire gli ingorghi, che bisognerebbe invece fare investimenti straordinari sul ferro e spostare persone e merci dalla gomma alla rotaia, e che solo così si potrebbe “organizzare” meglio il traffico, con la consapevolezza che comunque sabato 1 o anche 8 agosto sono giorni eccezionali e se si vuole (o si deve) partire proprio quel giorno in auto ci si deve rassegnare a stare in coda.
P.S. Abbiamo dovuto leggere in questa occasione anche la solita litania sugli “ambientalisti del no” che avrebbero posto ostacoli, persino impedito di costruire un’area di servizio (sic!). Non mi risulta però che siano stati comitati di ambientalisti a fermare la ristrutturazione della Salerno – Reggio Calabria (altro immancabile luogo di ingorghi). Se per il futuro si potesse dismettere anche quest’altro luogo comune per cui è la sindrome nimby a bloccare lo sviluppo del Paese, forse aiuterebbe.

Francesco Ferrante

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