Giustizia: il “processo breve” la nega ai carcerati, e in prigione si continua a morire

“Ogni anno muoiono nelle carceri mediamente 150 persone per cause che non sono sempre certe, ma che anzi, come nei recenti e noti fatti di cronaca, sollevano serissimi dubbi. Cucchi, Saladino, Bianzino, detenuti in vari istituti del nostro Paese, non sono i primi a morire in situazioni poco chiare in un penitenziario e, se il sistema carcerario non cambia, probabilmente non saranno gli ultimi. Ma col ‘processo breve’ il Governo ha pronta la legge che tra l’altro nega giustizia proprio ai detenuti ”. Lo dice il senatore Francesco Ferrante(Pd), reannunciando un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia.
“Il caso del povero Stefano Cucchi – dice ancora Ferrante – ha acceso i riflettori sulle morti sospette che avvengono tra le mura di un carcere, che secondo il dossier di Ristretti Orizzonti ‘Morire di carcere’, sono dal 2000 ad oggi 1531, di cui un terzo classificate sotto la dicitura ‘cause da accertare’. Il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria afferma che vi è una discrepanza tra questi dati e quelli in suo possesso, mentre sono inconfutabili le cifre che lo stesso Dap fornisce sulle presenze in carcere: 65.416 persone sono attualmente detenute negli istituti di pena italiani, il maggior sovraffollamento dal dopoguerra ad oggi, un numero che supera di ben 2000 unità  il limite di tollerabilità . Nel frattempo – continua Ferrante – il numero dei detenuti va aumentando e ci si avvicina inesorabilmente a quello che il Dap ritiene il punto di caduta: quota 70mila detenuti. Tutto questo – aggiunge il senatore Pd – in vista del piano carceri più volte annunciato da Alfano. In questo contesto di vera e propria emergenza il Paese assiste al tentativo della maggioranza di varare la legge Gasparri – Quagliariello sul ‘processo breve’ che dovrebbe abbreviare a sei anni complessivi la durata dei processi. Nelle intenzioni della maggioranza, se l’imputato è incensurato e il primo grado supera i due anni, il giudizio decade; se non si sono commessi reati prima, o semplicemente non si è stati colti in flagranza, in due anni dunque si archivia tutto. Tutto ciò con buona pace del diritto alla precedenza che spetterebbe agli imputati già  detenuti, che dividono celle da due con quattro, sei persone o più, e degli agenti penitenziari sottoposti a difficilissime condizioni lavorative perché impegnati con un drammatico soprannumero di detenuti.” – conclude Ferrante.

Sull’ambiente e sulla questione morale, così non basta

Non poteva parlare di tutto Pier Luigi Bersani nel suo discorso d’insediamento da segretario del Pd. Doveva parlare dell’essenziale, ed è questo che ci preoccupa. Il pochissimo che ha detto sulla questione ambientale e sul peso che essa ha nella sua idea di Partito Democratico (soltanto un breve accenno all’utilità  della “economia verde”) e il quasi nulla che ha detto sulla questione morale e sul suo peso nell’azione politica e di governo del Pd in giro per l’Italia, riducendo il problema a casi spiacevoli e deplorevoli di deviazioni individuali, lasciano temere che per lui questi due temi non siano “l’essenziale”.
Qui c’è una vistosa differenza dalle premesse e dalle speranze da cui è nato il Pd: nelle quali erano centrali tanto l’ambizione di ricostruire il legame di fiducia spezzato tra i cittadini e la politica, quanto il progetto di allargare lo sguardo oltre l’orizzonte delle tradizioni socialiste e cattoliche democratiche, per mettere in campo una prospettiva riformista con la testa e le gambe nel presente, capace di riconoscere e valorizzare bisogni, problemi e ambiti di progresso inediti a cominciare proprio da quelli evocati dall’ambiente.
E qui, soprattutto, c’è una grande distanza dalla consapevolezza che su questi due terreni si gioca una bella fetta del futuro del Pd e del futuro dell’Italia.
Che il Partito Democratico debba sentirsi direttamente e pesantemente interrogato dal crescente appalesarsi di un diffuso e pervasivo  costume politico che nel migliore dei casi replica i modelli del più classico clientelismo e di un rapporto opaco con interessi privati, e nel peggiore sconfina nell’aperta illegalità  o addirittura nella complicità  con interessi criminali, ci pare difficile da negare. E’ un dato  di tutta evidenza, confermato dalle numerose inchieste giudiziarie che in particolare nel Sud ma pure altrove vedono coinvolti nostri eletti ed amministratori, come  da recenti fenomeni di tesseramento abnorme (il Pd che nella provincia di Caserta ha più iscritti che in Lombardia) o da casi eclatanti e raccapriccianti come il killer camorrista di Castellammare candidato a coordinatore del circolo del Pd. Questo problema va guardato in faccia e va preso di petto con scelte coraggiose di discontinuità , che a partire dalle prossime elezioni regionali offrano al giudizio degli italiani un Partito Democratico ripulito da mele marce, capi bastone, feudatari vari: solo così saremo credibili come forza “di alternativa”, solo così avremo davvero le carte in regola per contrapporci a una destra rappresentata in Campania da Nicola Cosentino o in Parlamento dal senatore Fazzone, padre politico della giunta di Fondi che il ministro Maroni avrebbe voluto sciogliere perché infiltrata dalla mafia. Su questo aggiungiamo una postilla: sarebbe paradossale se il Pd, che chiama a votare i suoi elettori per eleggere il segretario e giustamente contesta l’attuale legge elettorale che sottrae ai cittadini e consegna ai leader di partito la scelta dei parlamentari, decidesse senza primarie, dunque per cooptazione, chi saranno i candidati governatori alle prossime elezioni regionali.     

Quanto al posto che deve avere la questione ambientale nel profilo del Pd, ci limitiamo a due banali constatazioni: oggi l’ambiente è un tema di prima fila nel discorso pubblico di tutte le grandi forze riformiste, che si chiamino socialiste, democratiche, liberali o verdi, un tema strettamente intrecciato con le analisi e le proposte sullo sviluppo e sulle stesse strategie contro la crisi economica; e oggi sarebbe impensabile per qualsiasi leader progressista di qualsiasi Paese del mondo presentare la sua visione politica tacendo del tutto che fra poche settimane si terrà  a Copenaghen un appuntamento – la Conferenza mondiale sul clima – considerato da tutti decisivo per la possibilità  di salvare l’umanità  dal collasso climatico.

Per tutto questo noi ci auguriamo che Bersani sappia rapidamente integrare e rendere centrali la questione morale e la questione ambientale nella costruzione del “suo” Pd. Che sappia sorprenderci, e smentire le nostre preoccupazioni, con atti simbolicamente forti. Gliene suggeriamo due fra i tanti possibili: perché non chiede, come altri hanno già  fatto, a Roberto Saviano di candidarsi per il centrosinistra alla presidenza della Regione Campania? E perché tra i suoi primi viaggi all’estero non ne programma uno a Copenaghen nei giorni della Conferenza sul clima, per chiarire che di questo tema, l’impegno per fermare i cambiamenti climatici, il Pd farà  una propria bandiera?  

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

Il Governo rimanda di un anno la messa al bando degli shoppers di plastica

“Con quelli biodegradabili si risparmierebbero in Italia 430mila tonnellate di petrolio”

“Era stata annunciata per il 1° gennaio 2010 nella Finanziaria del 2007 la messa al bando delle buste di plastica, i cosiddetti shoppers. Ma il governo ha rimandato ancora l’impegno al gennaio 2011 e se il divieto definitivo della commercializzazione dei sacchetti ancora non si vede, il cosiddetto ‘inquinamento bianco’ continua ad affliggere il nostro ambiente. Una misura che ci costa ogni anno 430mila tonnellate di petrolio, con un emissione di CO2 in atmosfera di circa 200mila tonnellate.” Lo dice il senatore Francesco Ferrante (Pd), che ha presentato in merito un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Economia, dell’Ambiente e dell’Agricoltura.

“Un sacchetto di plastica disperso nell’ambiente – continua l’esponente ecodem – impiega oltre 400 anni per distruggersi mentre il nuovo shopper biodegradabile pochi mesi. La sostituzione dei sacchetti di plastica potrà  dare un grande contributo all’economia del paese, perché sono italiane le aziende più innovative e all’avanguardia nel settore della cosiddetta ‘plastica biodegradabile’, quella proveniente dal mais. Nella Finanziaria 2007 – ricorda Ferrante – approvando due miei emendamenti che prevedevano la progressiva riduzione della commercializzazione degli shoppers attraverso un programmasperimentale da adottare entro 120 giorni, avevamo posto le basi affinché il nostro Paese potesse essere all’avanguardia. Ora questi continui rinvii rischiano di farci perdere una grande occasione per l’ambiente e lo sviluppo. E’ nell’interesse di tutti – conclude Ferrante- far si che nel gennaio 2011 si possa effettivamente dire addio agli inquinanti e costosi sacchetti di plastica, ed è quindi assolutamente necessario che il Governo avvii immediatamente il programma previsto dalla legge e si eviti ogni rischio di ulteriore proroga”.

1 483 484 485 486 487 643  Scroll to top