Il ministro Bonino si è risentita perché in un articolo su questo giornale avevo scritto che la stessa aveva detto qualche «parola in libertà », senza tener conto del programma di governo di cui pure lei fa parte, sul tema degli organismi geneticamente modificati.
Nel merito, nella sua replica rivendica le sue prerogative di ministro per le politiche comunitarie e cita alcune decisioni «europee » in merito. Elude però il punto politico essenziale cioè che la posizione dell’Italia in questi anni, quella scritta nel programma dell’Unione, e quella ribadita dal ministro competente, sostanzialmente contraria all’introduzione degli ogm in agricoltura, non è una scelta ideologica ed antiscientifica, ma squisitamente politica per sostenere e promuovere la nostra agricoltura di qualità , che incontra il favore dei consumatori europei a differenza dei prodotti transgenici.Per quanto riguarda poi il riferimento alla normativa comunitaria che consente la coltivazione e commercializzazione di prodotti transgenici, Bonino non tiene affatto in considerazione i forti problemi politici che Commissione e Consiglio stanno tentando di risolvere rispetto alla procedura di autorizzazione.In sintesi: dall’aprile 2004 (quando è stata superata la “moratoria di fatto) non è stata concessa ancora alcuna autorizzazione per la coltivazione; la principale ragione deriva dai forti contrasti tra l’Agenzia europea sicurezza alimentare (la cui indipendenza scientifica rispetto alle multinazionali biotech è dubbia) e gli esperti scientifici nazionali che hanno contestato all’Aesa in particolare la mancata valutazione degli «effetti cumulativi a lungo termine» sulla salute umana e l’ambiente, come previsto appunto dall’allegato II della direttiva 2001/18.Per quanto riguarda la coesistenza, va sottolineato che si tratta di un problema ancora tutto da risolvere a livello comunitario. Per il momento la palla è ritornata al livello nazionale. Infatti nelle Conclusioni del Consiglio agricoltura dello scorso 22 maggio si è nei fatti constatata l’impossibilità di raggiungere un accordo tra i 25 governi, per cui semplicemente si rimanda all’applicazione delle linee guida comunitarie attraverso leggi nazionali che consentano agli stati membri la necessaria flessibilità » per venire incontro ai «particolari bisogni» delle singole regioni (una possibile porta aperta all’istituzione di zone ogm-free che per Bonino invece non sarebbero ammissibili).Questo per quanto riguarda la questione di merito (come si vede il neoministro dovrebbe chiedere informazioni più precise ai suoi uffici), ma il punto centrale del mio articolo era un altro: la differenza nell’attenzione dei media sulle esternazioni dei ministri.Pagine e pagine sul “conflitto” tra cattolici e laici (visto che quello è il modo più ghiotto di mettere i bastoni tra le ruote al Partito democratico), prime pagine interamente dedicate a un qualsiasi starnuto (a volte, per la verità , davvero insopportabili) che proviene dall’ala radicale dello schieramento, nulla quaestio se invece l’esternazione pur contraria al programma condiviso è favorevole a un qualche interesse ben insediato.La controprova la fornisce proprio Bonino che, nello stesso giorno del suo articolo su Europa, concede un’intervista al Sole 24 Ore per sostenere la stupefacente tesi che non è giusto sospendere l’entrata in vigore del famigerato codice ambientale. Stupefacente, perché contro quella legge si sono battuti l’intero schieramento, allora all’opposizione e oggi al governo e tutte le forze sociali interessate (tranne una parte di Confindustria che anche oggi continua nella sua operazione di lobbying), ma stupefacente soprattutto perché sostiene che quel testo ci aiuterebbe a superare le tante infrazioni sui temi ambientali che abbiamo accumulato in questi anni nei confronti delle direttive europee. àˆvero l’esatto contrario, come potrà spiegare al ministro qualsiasi funzionario, membro di Commissione o Europarlamentare: quel testo pasticciato aumenterà le nostre infrazioni.A fronte di questa sorprendente intervista nessuno scandalo (visto che appunto era favorevole a quella piccola ma ininfluente parte di Confindustria) e la storia dei due pesi e delle due misure va avanti. Alla prossima.