Pubblicato su Quale Energia
Riforma del Titolo V. Se ne parla, anche se non c’e alcuna possibilità che venga approvata legislatura, è forse l’occasione per aprire una riflessione sulla parte della riforma del 2001 che riguardava l’energia e trarre un bilancio, tutt’altro che positivo, sulla “concorrenza” delle competenze fra Stato e Regioni. Ciò che sta dietro la richiesta di “marcia indietro” per tornare a competenze tutte centralizzate è l’illusione che sia attraverso questa strada che si possa superare il cosiddetto effetto Nimby che, a parere di questi soggetti, sarebbe ciò che ha impedito lo sviluppo delle infrastrutture energetiche in questo Paese. Anche non volendo considerare la necessaria distinzione che si dovrebbe operare tra effetto Nimby, egoista e negativo, e l’amore, la difesa positiva del proprio territorio, chi propone questa soluzione fa un doppio errore. Il primo di analisi: non è stato l’effetto Nimby a impedire la realizzazione di rigassificatori, per esempio, quanto invece i casi giudiziari (Brindisi), la pretesa di procedere senza VIA, la mancanza di programmazione per cui fiorivano progetti nel Sud quando la richiesta di gas è concentrata al Nord e, più di recente, il calo dei consumi. E non è stato l’effetto Nimby a ostacolare l’adeguamento della rete elettrica, quanto invece le incertezze dell’operatore: e la vicenda del collegamento tra Sicilia e Calabria è esemplare. Il secondo errore riguarda la soluzione in sé al supposto problema: è una sciocchezza pensare che togliere potere alle Regioni, allontanare il luogo della decisione possa essere una scorciatoia utile, rispetto al percorso di confronto che in democrazia si deve fare. Si segua l’esempio del débat public francese piuttosto che quello “cinese”. Ma detto ciò sulle motivazioni non condivisibili della proposta, occorre riconoscere che questi anni si sono incaricati di confermare che la questione energetica ha bisogno di “programmazione” centralizzata, meglio se a livello europeo e che non si può pensare a una frammentazione perniciosa di competenze. Ecco allora che la strada da seguire dovrebbe essere piuttosto quella di rafforzare da una parte le procedure di coinvolgimento dei cittadini e dall’altra invece ricentralizzare le scelte strategiche, magari con un’opportuna devolution di poteri a Bruxelles.
Sen. Francesco Ferrante
Responsabile politiche cambiamenti climatici ed energia del Partito Democratico