pubblicato su huffingtonpost.it
Un sottile ma resistente filo nero collega gli insulti omofobi di Maurizio Sarri, allenatore del Napoli, al tecnico dell’Inter Roberto Mancini (“sei un frocio, sei un finocchio”), con la strenua opposizione alla legge sulle unioni civili dell’Italia bigotta e “benpensante”. In un caso come nell’altro, ciò che si vede con evidenza èl’attaccamento quasi disperato di un mucchio di italiani non tanto a principi etici più o meno discutibili, quanto ad immagini, convenzioni che li fanno sentire al riparo dal mondo che cambia.
In questo senso, l’idea che per giocare a pallone si debba essere “maschi veri” e non “finocchi”, non è lontanissima dai ritornelli che ripetono come un mantra gli avversari delle unioni civili e della “stepchild adoption“: “il legame di coppia tra due maschi o tra due femmine non ha niente a che vedere col matrimonio”, “un bambino deve avere un papà o una mamma”. Entrambi questi concetti sono smentiti non da opposte opinioni, ma dalla realtà: nel mondo intorno a noi vivono migliaia di coppie omosessuali in cui ci si sente legati uno all’altro in modo del tutto analogo a ciò che avviene in una coppia eterosessuale “di fatto” o in un matrimonio; e intorno a noi vivono anche, ormai da anni, centinaia di bambini con due papà o due mamme che come dice l’esperienza e come confermano psicologi e pedagoghi sono equilibrati, sereni, curati e poi saranno etero oppure omosessuali esattamente nella media.
Tutto ciò non significa che il tema delle famiglie “arcobaleno”, nelle quali i due “coniugi” sono entrambi maschi o femmine, non ponga ragioni anche serie di dibattito, di riflessione, in particolare per ciò che riguarda la possibilità per due maschi di diventare genitori ricorrendo a madri cosiddette “surrogate”. È una questione delicata, che interpella soprattutto la sensibilità femminile, ed è una questione che vede a sinistra come a destra, tra i laici come tra i cattolici e tra gli stessi omosessuali posizioni assai diversificate.
Ma nel caso della legge in discussione in Parlamento, la cosiddetta legge Cirinnà, si parla di altro e di molto meno: di un legame formale esplicitamente dichiarato diverso dal matrimonio, che garantisce ai contraenti alcuni fondamentali diritti di coppia; e poi della possibilità per un uomo e per una donna di adottare il figlio biologico del proprio compagno o della propria compagna. Resta il divieto di adozione per una coppia omosessuale, resta il divieto a ricorrere al cosiddetto “utero in affitto”. Insomma, la legge rappresenta in termini di diritti civili per i cittadini omosessuali davvero il “minimo sindacale”. La speranza è che dopo anni di inutili tentativi, questa volta si riesca a mettere un primo punto a capo, a liberare l’Italia dal marchio non proprio entusiasmante di ultimo “ridotto” del medioevo dei diritti in Europa.
Gli ostacoli sono gli stessi di sempre, a cominciare dagli stucchevoli richiami all’ordine di membri autorevoli della gerarchia cattolica; semmai la differenza è che in questo caso le invettive vaticane contro le unioni civili vengano essenzialmente da figure di rilievo della Chiesa “pre-francescana” – Bagnasco, Ruini, manca solo che al coro si unisca dal suo bell’attico in Via della Conciliazione il cardinale Bertone -, quasi a lasciare l’impressione che nel mirino di questi attacchi vi siano, più che la legge sulle unioni civili, le aperture “al mondo” di papa Francesco.
Reggerà il sì a unioni civili e “stepchild” adoption” alla prova del voto segreto in Senato? Oppure la legge cadrà sotto il fuoco concentrico della fronda anti-gay interna ai democratici e dell’interesse strumentale dei Cinquestelle a “collaborare” a un esito che inevitabilmente suonerebbe come sconfitta del Pd di Renzi? Prevederlo è impossibile, quello che si può e si deve fare da oggi e fino al voto è far sentire ai “votanti” la voce alta e forte di quell’Italia, sicuramente maggioritaria, che non vuole più saperne né di omofobia né di negazione di elementari diritti civili ai cittadini omosessuali. Per questo anche noi di Green Italia ci uniremo ai tanti che sabato 23 gennaio si ritroveranno dalle ore 15 a Roma davanti al Pantheon per chiedere che si approvi subito e senza modifiche la legge sulle unioni civili. Lo slogan del sit-in è di sole due parole: “Svegliati Italia!”
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE