A vederla da Nairobi, dove in questi giorni si sta svolgendo il Forum Sociale Mondiale, la questione appare ancora più cruda di quello che sa già chiunque non voglia volgere la testa da un’altra parte.
L’Africa, la povertà di chi ci vive, sono la questione etica, ma anche economica, che deve interrogare ciascuno di noi e ogni Governo, specialmente in questa parte del mondo, quella ricca.
Parliamo della capitale di un Paese che è l’unico, insieme al Sud Africa, ad essere in grado di ospitare un vertice internazionale di qualsiasi natura, ma allo stesso tempo di una città dove più della metà degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno. Di città come Kibera, lo slum più grande dell’Africa, e Korogocho, lo slum reso famoso dalla presenza di Zanotelli. Luoghi inimmaginabili per noi pasciuti occidentali.
Dei 36 Paesi più poveri nel mondo 29 sono nel Continente nero con i 2/3 della popolazione che vive, sopravvive, in una situazione di assoluta povertà .
E in questo quadro già disastroso la questione globale per eccellenza, quella dei mutamenti climatici non fa che peggiorare la situazione.
Infatti, per paradosso, a pagare le conseguenze più gravi dell’aumento dell’effetto serra sono proprio quei popoli che nessuna responsabilità hanno nell’aumento delle emissioni di anidride carbonica che ne sono la causa prima.
Il numero dei fenomeni meteorologici estremi è aumentato su scala planetaria e, parallelamente, sono cresciuti gli spostamenti di persone costrette ad abbandonare le loro terre a causa di eventi siccitosi che, nel caso dell’Africa, hanno e avranno un sempre più rilevante impatto sull’ambiente e sull’economia. àˆ il segno più evidente del pericoloso intreccio tra povertà e cambiamenti climatici.
Nelle regioni desertiche la carenza di cibo e le malattie minacciano più di 2 miliardi di persone. Le tempeste di sabbia causano febbre, tosse e infezioni agli occhi, soprattutto nei bambini. La mortalità infantile è 10 volte più alta che nei Paesi industrializzati: 54 bambini su 1000 non arrivano ai cinque anni di età .
In Africa 400 milioni di persone che si trovano a combattere ogni giorno contro il progredire inesorabile dei quasi 700 milioni di ettari di deserti. I dati sulla desertificazione sono impressionanti: in media essa conquista ogni anno il 3,5% delle terre fertili ed è uno dei fattori principali della povertà e del sottosviluppo e, in particolare, la causa prima di un fenomeno che spesso assume connotati biblici: quello dei profughi ambientali.
Se perfino il presidente Bush, nel goffo tentativo di recuperare un consenso ormai in caduta libera, arriva a dire che è necessario ridurre del 20% il consumo di benzina nei prossimi dieci anni, significa che quello del surriscaldamento del pianeta è ormai un tema centrale dell’agenda politica mondiale. Ovviamente ci attendiamo che alle recenti dichiarazioni seguano al più presto fatti concreti a confermare la sua conversione ecologista.
La partecipazione degli italiani al Forum Sociale Mondiale è stata ampia, in particolare numerosissimi erano gli amministratori locali organizzati dalla Tavola della Pace. Un buon segnale che può far sperare in un aumento di quei progetti di cooperazione decentrata fondamentali per aiutare davvero gli africani ad uscire da questa situazione e insieme per combattere la fondamentale battaglia per la democrazia in quei Paesi, senza la quale ogni discorso o tentativo risulterà vano.
Il nostro Governo faccia la sua parte sia in termini quantitativi che qualitativi. L’inversione di tendenza rispetto al Governo Berlusconi c’è ed è evidente. Ma non si devono ripetere più casi clamorosi e indecenti come il mancato finanziamento del fondo globale per l’Aids.