Pubblicato su huffingtonpost.it
Accade spesso nella politica italiana, ancora più spesso in quella romana, e sta accadendo puntualmente anche nella discussione tra i vari decisori istituzionali sulla (eterna) emergenza rifiuti che assedia la capitale: la discussione si fa sempre meno concreta e rigorosa, somiglia sempre di più a una guerra propagandistica e demagogica tra opposte tifoserie, e intanto nulla cambia e la città si degrada sempre di più.
Oggetto della guerra, il sì o il no a una nuova discarica: proposta come soluzione immediata e improcrastinabile dalla Regione Lazio che ha finalmente approvato un piano rifiuti, rifiutata con indignazione dalla sindaca Raggi che agita lo spettro di una nuova Malagrotta, la mega discarica chiusa (meritoriamente) nel 2009 dall’allora sindaco Marino dopo anni di attività fuorilegge in deroga ad ogni norma di sicurezza ambientale e sanitaria.
Il tema-discarica è diventato il terreno di scontro tra il Pd che guida la Regione e i Cinquestelle che governano la città. Ma è un tema male impostato da una parte come dall’altra, il segno di opposte e dannose ambiguità.
Sia i Grillini che i Democratici dicono no, giustamente, a nuovi inceneritori: in Italia ce ne sono in funzione 41, uno anche nel Lazio, più che sufficienti per bruciare quella quota residua – e decrescente se non altro per rispettare le normative europee – di rifiuti irrecuperabili come materia. I primi però, sono anche contrari non solo a una nuova discarica per Roma, ma a realizzare gli impianti necessari al riciclo dei rifiuti prodotti in città: a cominciare dai digestori anaerobici che ricavano biometano dalla frazione umida dei rifiuti urbani, tecnologia ambientalmente innocua e utilissima per ottenere, con il biometano, energia da fonti rinnovabili e dunque contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici. I Cinquestelle da sempre e dappertutto sostengono l’idea dei “rifiuti zero”, ma per i Cinquestelle del Campidoglio zero rifiuti significa caricare la “monnezza” sui Tir e mandarla a bruciare o a smaltire in discarica a casa di qualcun altro.
Quanto al Pd, sembra guardare all’apertura di una nuova discarica come alla “via maestra” per lo smaltimento della spazzatura romana, più permettere in difficoltà i rivali che per ragioni di merito. Ma cavarsela trovando un buco, magari una vecchia cava, dove collocare buona parte delle quasi 5 mila tonnellate di rifiuti che la capitale “sforna” ogni giorno, comporta due rischi e un ulteriore problema. I rischi sono di finire nellavecchia rete del sistema-Cerroni, padrone di Malagrotta e che tuttora controlla più o meno direttamente vari “buchi” potenzialmente utilizzabili, e di scatenare una prevedibile rivolta sociale nell’area prescelta. Il problema è che se venisse aperta una nuova discarica in assenza di adeguati impianti per il riciclo – e, si deve aggiungere, con una raccolta differenziata che a Roma è mediocre per quantità e qualità – questa diventerebbe con quasi certezza “la” soluzione, destinata ad ospitare la massa indifferenziata dei rifiuti romani.
La discarica è il modo meno efficiente e ambientalmente più insicuro di trattare i rifiuti, per questo il recente pacchetto di direttive europee sull’economia circolare impone che entro pochi anni sia smaltito in discarica non più del 10% dei rifiuti urbani, cioè solo la parte che non si riesce a riciclare. In prospettiva Roma potrà avere bisogno di una discarica per “seppellire” frazioni residue dei suoi rifiuti, ma perché questa non divenga, davvero, una nuova Malagrotta, occorrono presto, subito, impianti per il riciclo, come si sono fatti in quella parte d’Italia – Veneto, Lombardia, in parte Emilia e Piemonte – dove la gestione integrata e virtuosa dei rifiuti urbani è da tempo una felice realtà.
La virtù può arrivare pure a Roma, basterebbe che Comune e Regione, dimenticando per un momento le rispettive ed opposte etichette politiche, si decidano a cooperare scegliendo insieme luoghi e procedure trasparenti per la realizzazione delle infrastrutture necessarie a trasformare la spazzatura da drammatico problema socio-ambientale in risorsa al servizio dell’economia circolare: plastica, carta, vetro, alluminio riciclati, compost per l’agricoltura ed energia pulita da biometano. Nel frattempo bisognerebbe in fretta e furia rivoltare come un calzino l’aziendamunicipale, l’Ama, che gestisce – si fa per dire – i rifiuti romani, governata da decenni nel segno del più turpe clientelismo e la qualità del cui servizio sprofonda ogni minuto di più. Tutto questo ha un nome: mettere al di sopra di tutto il bene comune, che poi a occhio e croce dovrebbe essere l’ABC di chi fa politica. E invece. Invece Pd e Cinquestellecontinuano a farsi la guerra (sulla pelle dei romani),in attesa magari che il prossimo sindaco, verosimilmente di destra, finisca il lavoro riconsegnando definitivamente il business dei rifiuti nelle mani opache, non di rado illegali, dei poteri che l’hanno controllato per decenni.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante