La cattiva deregulation

L’ultima uscita del ministro Tremonti – tre anni di totale deregulation per
chi apre una nuova impresa – e le reazioni che ha suscitato in particolare
nell’opposizione, dicono due cose tra le altre.

La prima è che Tremonti assomiglia terribilmente al Peter Sellers-dottor
Stranamore del film di Stanley Kubrik, scienziato nazista riciclatosi negli
Stati Uniti che desiderava più di tutto la guerra e al quale di tanto in tanto
partiva inavvertitamente il braccio alzato nel saluto al Fà¼hrer. Malgrado gli
sforzi di restyling per accreditarsi come paladino dell’anti-liberismo, come
censore del capitalismo mercatista senza regole, anche il Ministro
dell’Economia come Stranamore ha il braccio che ogni tanto parte da solo
riportandolo alle origini, al Tremonti dei condoni, delle cartolarizzazioni a
pioggia, del “tana-libera-tutti” per gli spiriti selvaggi e vitali del
capitalismo. Oggi, appunto, il braccio pavloviano è partito di nuovo, con la
proposta di cambiare l’articolo 41 della Costituzione per consentire
l’azzeramento di ogni procedura autorizzativa per l’apertura di una nuova
impresa.

La seconda cosa è che il Pd, quando non si tratta solo di bocciare questa o
quella proposta della maggioranza ma c’è l’occasione di segnalare un’identità 
culturale e programmatica alternativa a quella della destra, si confonde.

Che in Italia chi vuole dare inizio a un’attività  imprenditoriale si trovi
alle prese con un eccesso, per dirla eufemisticamente, di burocrazia, è un
fatto persino ovvio. Questa sovrabbondanza di regole formali, regole spesso
farraginose e talvolta prive di qualunque valore sostanziale, da una parte
rappresenta un freno per la libera impresa, dall’altra non garantisce né
trasparenza né legalità  nei fatti economici. Semplificare, liberalizzare, sono
dunque verbi importanti da declinare per chiunque governi, di destra o di
sinistra; verbi, tra l’altro, che il centrosinistra al governo ha declinato
più e meglio della destra. Se questo è l’obiettivo, sono già  in campo
iniziative legislative utili ad avvicinarlo, a cominciare dal disegno di legge
Vignali sottoscritto da oltre 100 parlamentari di entrambi gli schieramenti.
Però è altrettanto evidente che la ricetta tremontiana sia peggiore del male
che si propone di curare. La crisi economica di questi mesi ha dimostrato che
un capitalismo deregolato fa male alla società  e fa male anche a se stesso. E
in un Paese come l’Italia dove il rispetto della legge non è proprio un
costume nazionale e dove settori non marginali dell’agire economico sono
esposti a grandi rischi di infiltrazione di interessi illegali e criminali, i
tre anni di “zero-autorizzazioni” per le nuove imprese proposti da Tremonti –
tre anni per esempio nei quali si potrebbe iniziare un’attività  senza bisogno
del certificato anti-mafia – avrebbero effetti particolarmente perniciosi.

Queste a noi sembrano banalità , almeno se il punto di vista è quello di un
partito riformista, ma le dichiarazioni di sostanziale adesione all’idea-
Tremonti venute da dirigenti autorevoli del Pd, tra tutti Enrico Morando,
dimostrano il contrario, dicono che anche su un tema così elementare – se le
regole per chi fa impresa non funzionano, si cambiano e non si tolgono – nel
nostro partito c’è grande varietà  di opinioni.

In molti casi, chi dal Pd si è detto disponibile alla proposta tremontiana, ha
aggiunto di non credere che questo governo e questa maggioranza avranno la
forza e il coraggio di realizzarla. E qui si conferma l’abitudine di una parte
dell’opposizione a contestare la destra non tanto perché ha idee sbagliate, ma
soprattutto perché non mantiene le proprie promesse. Quasi che noi, anziché
rappresentare quegli italiani che la pensano diversamente da Berlusconi e soci
e anziché cercare di convincere anche qualcuno che ha votato per loro che ciò
che propongono è dannoso per l’Italia, ci offrissimo come garanti
dell’attuazione del programma dell’attuale governo, come una sorta di
“partito-Rotondi”.

Se questa diventasse la tattica di tutto il Pd per recuperare consensi,
temiamo che l’Italia rimarrebbe a lungo l’unico Paese del mondo dove, stando
ai sondaggi, chi governa perde consensi e perde consensi, contemporaneamente,
anche il principale partito di opposizione.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE