pubblicato da Greenreport.it
Il Partito Democratico è in grado di saper cogliere la straordinaria opportunità offerta dalle proposte ambientaliste? Di questo, non di altro, si parla oggi alla Conferenza nazionale sull’economia verde organizzata dal Partito a Roma e che verrà conclusa dal segretario Bersani.
Noi “ecologisti democratici” che siamo nati persino prima del PD, siamo sempre stati convinti che da una parte fosse necessario far “giocare in serie A” l’ambientalismo politico che quindi avrebbe dovuto informare di sé e delle sue proposte il più grande partito riformista italiano e non rinchiudersi mai più in logiche di nicchia. dall’altra che le tematiche ambientaliste, legate all’innovazione e alla green economy, fossero una straordinaria opportunità per conquistare consenso e per contribuire a dar vita a un partito davvero “nuovo” che non si limitasse a voler fondere tradizioni del secolo scorso, gloriose ma in buona parte ormai consunte.
Questo impegno avrebbe dovuto essere agevolato dall’autostrada – per usare una metafora non proprio ambientalista – che si apriva davanti noi grazie a un centrodestra italiano che addirittura continua a lambiccarsi in posizioni “negazioniste” e la cui cultura è davvero ortogonale a ogni ipotesi di cambiamento e innovazione basato su tutela e valorizzazione dell’ambiente, e da una sinistra, cosiddetta “radicale”, che troppo spesso si attarda in ipotesi novecentesche di soluzione del conflitto tra ambiente e lavoro. Due esempi: la posizione del sindacato favorevole alla riconversione a carbone di Porto Tolle, o il diffuso malessere (ospitato anche in queste pagine) ogni qual volta si parli di adeguamento della legge sui parchi , temendo chissà quali devastazioni e rifugiandosi in difesa miope dell’esistente.
Il Partito Democratico, però è onesto ammetterlo, ha percorso quella strada con gravi tentennamenti e non è stato ancora in grado di impugnare la bandiera del “cambiamento verde”.
Certo i documenti approvati dall’Asssemblea nazionale del partito sulla green economy sono quanto di più avanzato si può leggere nelle posizioni dei partiti, non solo in Italia. Ma dire che da lì siano venute le conseguenti azioni e scelte politiche in Parlamento e nel Paese sarebbe davvero demagogico.
Oramai però è suonata la campana dell’ultimo giro: o il Pd si dimostrerà in quest’ultimo scorcio di legislatura in grado di saper cogliere l’essenza profonda di una scelta che metta al centro della propria politica la green economy, gli incentivi per favorire l’innovazione e i disincentivi per penalizzare operazioni inquinanti, oppure quel fallimento sarà forse simbolico di uno più complessivo.