Intervista a greenreport.it
Green Italia si definisce un «nuovo soggetto politico». Più pragmaticamente di cosa si tratta, di un nuovo partito?
«Non un’iniziativa culturale e senz’altro non un’ennesima associazione ambientalista, ma un movimento politico che si vuole misurare con il consenso elettorale e che quindi ha esplicitamente in programma l’obiettivo di partecipare alle elezioni europee del 2014 o ad eventuali elezioni politiche anticipate. Non abbiamo intenzione di costruire un “partito” tradizionale ma dal 28 inizieremo lo sforzo di radicamento sul territorio con le forme e gli strumenti più flessibili e moderni. La cosa più bella , che si vedrà sin dall’assemblea del 28, è che all’iniziativa stanno aderendo in tantissimi senza esperienza politica pregressa: imprenditori e lavoratori della green economy, operatori della cultura, esponenti di movimenti (come quello interessantissimo della mobilità nuova), con una fortissima percentuale di donne. Lavoreremo anche con loro per costruire una forma originale e più aderente alla vita reale delle persone di quanto lo siano stati i partiti sino adesso».
Entrando nel merito, quali sono o dovrebbero essere i tre o quattro punti fermi del programma per una vera riconversione ecologica dell’economia italiana volta all’uscita dalla crisi anche in chiave europea?
«Per noi greeneconomy non è un settore, ma la strada per rinnovare e rilanciare l’intero sistema economico-industriale. Da qui la scelta di spingere: sulla rivoluzione energetica – no fossili a partire dal carbone , si a rinnovabili ed efficienza – ; puntare su recupero di materia tanto più fondamentale in un paese che vuole restare manifatturiero ma è povero di materie prime; promuovere e sostenere tutte le innovazioni di prodotto a partire da quelle offerte dalla nuova chimica verde; azzerare il consumo di suolo visto che la “risorsa” forse più importante del nostri Paese è il suo paesaggio e la bellezza».
Politicamente dove vi collocate, siete ancora all’interno di una visione di centro-sinistra? In ogni caso, che rapporti volete avere con la sinistra esterna al PD (ad esempio con i Verdi), che ci sembra riteniate “superata”, considerando anche che Della Seta, anche lui tra i fondatori di Green Italia, ha chiarito che il vostro «campo non può più essere solo la sinistra»?
«La destra italiana ritiene l’ambiente un impaccio, il Pd al massimo un tema buono per qualche convegno o un punto del programma, Sel ha deciso di aderire al partito socialista europeo, scordandosi la “e” del suo nome, i pentastellati sembrano più occupati nella “battaglia dello scontrino” piuttosto che provare a trovare le risposte ai problemi seri, i Verdi non costituiscono un punto di riferimento . àˆ da un giudizio assai negativo sull’attuale offerta politica che nasce Green Italia, per questo non credo abbia senso una dichiarazione preventiva di adesione a uno schieramento piuttosto che a un altro. Noi costruiamo un soggetto che ha l’ambizione di parlare a tutti i cittadini e dare una prospettiva di “futuro” generale, non ci chiudiamo in nessun steccato ideologico».
Sembra chiaro che questa esperienza nasca con una forte conflittualità con il Pd, ma vale anche per gli Ecodem?
«Sul Pd ho detto. Non si tratta di “forte conflittualità ” ma di constatazione della marginalità del tema ambientale nelle scelte di quel partito e della sua incapacità di comprensione di cosa è la green economy. L’ipotesi politica su cui son nati gli ecodem stava tutta nella prospettiva di contaminazione del Partito da dentro. Green Italia è invece qualcosa che si muove fuori da quel perimetro. Fin qui la politica, poi è chiaro che dal punto di vista personale io resto legato a molte di quelle persone con cui ho condiviso anni di battaglie comuni, anche se adesso abbiamo fatto scelte diverse».
Quali sono le esperienze europee alle quali fate riferimento, visto che i movimenti politici ambientalisti dell’Ue occupano uno spettro politico molto vasto che va dall’estrema sinistra a partiti quasi centristi?
«Ogni paese ha le sue caratteristiche e sarebbe assai sciocco scopiazzare un modello, ma certamente l’esperienza dei Grunen in Germania è quella più interessante. Una storia di radicalità e insieme di capacità di assumersi le responsabilità istituzionali conseguenti al proprio successo elettorale davvero esemplare. Non a caso il Land più industrializzato d’Europa è governato da un verde tedesco».
Il fatto che Green Italia sia stata un’idea di un ex presidente e di un ex direttore di Legambiente non rischia di caratterizzarla troppo in quel senso oppure, al contrario, di imbarazzare politicamente Legambiente che, nonostante la candidatura nel PD di suoi esponenti di punta, in questi anni è miracolosamente riuscita a tenere al suo interno diverse sensibilità politiche, che vanno dall’estrema sinistra alla destra?
«Intanto l’idea di Green Italia è tanto mia e di Della Seta quanto di Monica Frassoni, Fabio Granata e altri che non cito rischiando di offenderli. Ma poi perché “miracolosamente”? Legambiente ha fatto dell’autonomia il valore fondante della sua mission associativa da sempre. Contrariamente ad altre associazioni ha sempre ritenuto che con la “politica” bisognasse misurarsi anche nel corpo a corpo e da posizioni autonome. Forse proprio questo “match” quasi quotidiano ha portato tanti suoi dirigenti a fare scelte personali che li hanno fatti misurare direttamente in politica, prima nei Verdi e nel Pci, poi nella Margherita e nel Pd. Sempre qualcuno provava a strumentalizzare questi “passaggi” per attaccare l’associazione. Inutilmente perché per chi fa la Legambiente l’autonomia è sacra e ovviamente lo sarà anche in questo caso».
Quale approccio avrà un movimento politico nuovo verso la rivoluzione del M5S che aveva annunciato un rapido cambiamento della politica e che invece sembra già in grosse difficoltà ?
«Ho già detto che consideriamo inadeguata anche l’offerta politica di Grillo e del suo movimento, ma non mi interessa definire Green Italia in contrapposizione ad altre esperienze passate e presenti, quanto piuttosto fare una proposta convincente per cambiare il presente avendo una visone di futuro che oggi la politica italiana sembra non avere affatto. Per questo diciamo no alle trivellazioni e sì a rinnovabili ed efficienza, diciamo basta al modello-Ilva in cui si scambia ambiente e salute con il lavoro, diciamo sì alla tutela della bellezza per farne anche volano economico. Siamo ambiziosi: vogliamo parlare delle cose da fare, non degli altri».