Il governo Berlusconi sta per fare, per l’ennesima volta, una scelta miope di politica industriale che porterà con sé gravi danni ambientali.
La questione che si trova a fronteggiare è l’emergenza gas, dovuta alla riduzione del flusso dalla Russia. Per risolverla, il consiglio dei ministri approverà un provvedimento che, in deroga alle leggi esistenti, permetterà di bruciare olio anziché metano per produrre energia. Un provvedimento sbagliato politicamente e inutile al fine di trovare soluzioni concrete per il problema. Sbagliato perché risponde a una logica per cui le leggi che difendono l’ambiente sarebbero vincoli che potremmo permetterci solo in periodi di “vacche grasse” e di cui necessariamente fare a meno se la situazione si facesse difficile. àˆ vero esattamente il contrario: limiti ambientali stringenti promuovono l’innovazione e spingerebbero il sistema delle imprese a migliorarsi e competere meglio nel mercato globale. àˆ così in ogni settore ed è così soprattutto nella produzione di energia. Il centrodestra in questi anni ha sempre fatto scelte contrarie: basti pensare all’ultima sul Piano nazionale delle emissioni di gas di serra (un atto dovuto per le leggi europee in rispetto del protocollo di Kyoto) che il governo ha a lungo irresponsabilmente rinviato, per approvare alla fine uno schema che paradossalmente premia i combustibili più inquinanti (il carbone) a scapito di quelli più puliti e delle tecnologie più moderne ed efficienti (i cicli combinati a gas). Ora si vuole bruciare un combustibile che provoca maggiori emissioni del gas e c’è da scommettere che a nulla varranno gli appelli dell’Unione Europea che avverte che tale scelta la pagheremmo anche dal punto di vista economico in quanto comporterà ulteriori sforamenti dei limiti imposti da Kyoto e multe salate per il nostro paese. Tanto le multe si pagheranno nella prossima legislatura… E a nulla varranno nemmeno le grida di allarme degli amministratori locali (persino di centrodestra come Formigoni) che impegnati nella lotta contro le polveri sottili, con i provvedimenti antitraffico di questi giorni, vedono vanificati i loro pur timidi sforzi da un provvedimento il cui effetto sarà inevitabilmente, specialmente in pianura padana dove massima è la concentrazione di centrali, un aumento del Pm10. Ma la scelta del governo è anche inutile se guardiamo i numeri effettivamente in gioco. La riduzione del flusso di gas dalla Russia equivale a circa l’1 per cento della quantità totale impiegata in Italia e si deve considerare che solo un terzo del metano viene utilizzato per produrre energia e che invece la maggior parte è destinata a usi industriali e per il riscaldamento. Insomma il provvedimento del governo sulle centrali, devastante dal punto di vista ambientale, riguarda solo alcuni decimi di punti percentuali degli oltre 80 miliardi di metri cubi di metano che servono al paese ogni anno. Basterebbe utilizzare in maniera intelligente le riserve e ridurre gli sprechi, magari cogliendo l’occasione per attivare finalmente serie politiche di risparmio energetico, per risolvere il problema senza conseguenze sull’ambiente e in modo più strutturale. Infine questa vicenda ha molto a che fare con uno dei nodi essenziali della questione energetica italiana: l’incompleta liberalizzazione che ha lasciato in vita pseudo monopoli nella produzione di energia, nella distribuzione e commercializzazione del gas e che determina il paradosso per cui il colosso del gas (l’Eni) è anche uno dei principali attori petroliferi.