Il futuro delle rinnovabili

Nota uscita sulla newsletter ecodem

Quando, all’inizio di dicembre il Governo emanò lo schema di decreto legislativo che riformerà  profondamente il meccanismo di incentivazioni delle fonti rinnovabili, esprimemmo la nostra soddisfazione sia per il tempismo (la legge comunitaria prevedeva come scadenza il 5 dicembre e raramente in questo paese vengono rispettati i tempi europei) sia perché il decreto prevedeva , a regime, ed entro il 2015, finalmente il superamento del meccanismo dei certificati verdi che molte storture ha determinato in questi anni e quindi tracciava una linea più simile a quella utilizzata nei paesi (Germania innanzitutto) dove i meccanismi di incentivazione hanno funzionato e assicurato percentuali sempre maggiori di produzione di energia da fonti rinnovabili e la costruzione di un sistema economico-industriale con i relativi vantaggi occupazionali. Ma immediatamente segnalammo alcune criticità  che se non corrette avrebbero potuto addirittura vanificarne le “buone” intenzioni. In questi giorni il decreto è all’esame della Conferenza Unificata  e del Parlamento, gli operatori sono stati auditi in Senato, le associazioni ambientaliste (Legambiente, WWF e Greenpeace) e le più autorevoli fondazioni (Kyoto Club, Ises e Istituto per lo sviluppo sostenibile) hanno presentato le loro proposte. Siamo quindi al momento cruciale nel quale auspichiamo, che prima il Parlamento e poi il Governo, che emanerà  il testo definitivo entro febbraio, vorranno correggere ciò che nello schema non funziona.

Le principali richieste – che inevitabilmente entrano nei “tecnicismi”, ma che sono tese ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo politico, del 17% di fonti rinnovabili sul consumo totale di energia al 2020, così come ci siamo impegnati a fare in Europa – di noi ecologisti democratici, che abbiamo fatto in Parlamento e che devono essere oggetto anche di mobilitazione e discussione sul territorio e nelle Regioni sono le seguenti:

         il decreto prevede, nella fase di transizione, un taglio del 30% del valore dei certificati verdi che metterebbe in ginocchio non solo i nuovi interventi ma persino gli impianti già  avviati; il taglio non  può andare invece oltre il 15%, dato che comunque il valore dei certificati verdi in questi anni è già  diminuito e peraltro il risparmio per il GSE è già  assicurato dall’abolizione dell’esenzione per la quota di energia elettrica importata;

         se è molto positivo il ricorso, a regime, al meccanismo feed in, non è proprio comprensibile perché si debba fare ricorso a un complicato e non chiaro sistema di aste al ribasso per impianti superiori a 5 MW; le soluzioni sono due, o si rinuncia a questa “invenzione” e si estende il meccanismo feed in (meglio se “premium”) a tutti gli impianti , a prescindere dalla taglia, o almeno il ricorso a questo strano marchingegno si riservi solo a megaimpianti, oltre i 50 MW;

         del tutto contraddittorio con il conto energia sul fotovoltaico approvato nell’estate scorsa, e con le stesse Linee Guida approvate a settembre, è il sostanziale divieto, previsto dalla bozza di decreto, di istallazioni fotovoltaiche in terreni agricoli; si tratta di una norma “tafazziana” per gli agricoltori, che al contrario dalle fonti rinnovabili possono trarre utili integrazioni al reddito e che non serve affatto a combattere un utilizzo improprio del territorio (per quello ci sono le Linee Guida appunto, che le Regioni stanno recependo peraltro non sempre in maniera corretta); il gran parlare che si fa dello scempio del territorio che sarebbe causato dalle rinnovabili, anche da parte di nostri “amici”,  penso ad esempio a Carlin Petrini, ci pare un segno di vera follia: ben altri sono gli scempi causati al territorio del Bel Paese e continua invece ad essere il cemento (abusivo e legale) il responsabile del consumo di suolo, anche agricolo; noi vogliamo che gli impianti eolici e fotovoltaici siano fatti bene e in armonia con il paesaggio, ma da qui a sostenere la campagna di demonizzazione (utile solo a chi magari vuole il nucleare) ce ne passa!

         Finalmente nel decreto si inizia a dare spazio e valore adeguato al termico e all’efficienza energetica, ma la maggior parte dei provvedimenti viene rimandata a successivi decreti attuativi in cui auspichiamo che il valore e i tempi degli incentivi siano quelli utili al raggiungimento degli obiettivi.

 

Lo diciamo da tempo, nel mondo è in corso una rivoluzione, marciamo verso società  low carbon, dove il ruolo delle rinnovabili sarà  sempre maggiore. Questo Paese ha già  perso un treno all’inizio degli anni 90, ora non dobbiamo ripetere l’errore e dobbiamo continuare la corsa che abbiamo finalmente cominciato negli ultimi due o tre anni (grazie alla riforma che facemmo con il governo Prodi nel 2007: oltre 2500 MW di fotovoltaico istallato, oltre 6TWh di eolico prodotto, ecc.), per questo è assolutamente fondamentale correggere il decreto almeno nei suoi “buchi” più gravi.

 

FRANCESCO FERRANTE