Pubblicato da greenreport.it
Nel dibattito sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie c’è un aspetto ironico , seppur con un sapore amaro per chi milita nella sinistra cosiddetta “riformista” come il sottoscritto. L’ironia consiste nel fatto che, visto lo stato attuale della finanza nel mondo e gli straordinari arricchimenti che si sono consentiti negli anni delle borse ruggenti , sembra quasi che si voglia chiudere la porta della stalla dopo che i buoi son fuggiti, anche se per fortuna invece non è proprio così. L’amarezza invece sta nel ritardo con cui la mia parte politica – non solo nel nostro Paese – ha affrontato il problema con serietà e , lasciatemelo dire, con laica umiltà invece che con la superficiale arroganza con cui per anni si è risposto a chi sollevava questa , a mio parere sacrosanta, esigenza di riequilibrio.
Son passati ormai oltre dieci anni, era il febbraio del 2001, quando incontrai per la prima volta quella che allora si chiamava Tobin Tax: ero a Porto Alegre con la delegazione di Legambiente per la prima edizione del Forum Sociale Mondiale. Non è solo dato autobiografico, del tutto inutile per il lettore, ma simbolo significativo del fatto che in quegli anni solo il movimento no global ebbe il merito di dire no al “pensiero unico” dominante e mettere in discussione quello che allora sembrava un totem: “libero mercato, sempre”. Ricordo bene come venisse liquidata con un’alzata di spalle – è impossibile, è inutile, è velleitario, si diceva da parte anche della sinistra “ufficiale” allora al Governo, e non solo della della destra liberista. Pochi anni prima si era svolto un vertice del G8 in cui, a parte il giapponese, tutti i leader dei paesi più potenti del mondo appartenevano al centro sinistra: da Clinton a Blair, da Gonzales a Schroeder a D’Alema. Una foto simbolo di un periodo, quello appunto a cavallo del millennio, in cui la sinistra aveva rinunciato a criticare il modello economico che si fondava su globalizzazione e liberismo. Oggi fortunatamente non è più così e la richiesta di intervento sulle speculazioni finanziarie è addirittura trasversale , sono numerosi i governi di centrodestra che l’hanno chiesta (Sarkozy) e lo stesso nostro Governo di professori bocconiani ha esplicitamente cambiato la posizione del nostro Paese che con Berlusconi si era dichiarato contrario. Forse a sinistra il recente ripensamento avrebbe meritato una riflessione maggiore e forse attraverso quella si sarebbe finalmente sciolto quell’equivoco da troppi frequentato per cui “riformismo” equivarrebbe a “moderatismo”. Ma tant’è. Accontentiamoci del fatto che quella proposta in questi 10 anni sia uscita dalla nicchia minoritaria in cui era nata, per diventare oggi, almeno nelle dichiarazioni, quasi maggioritaria. Si tratta ora di farla diventare concreta, per questo la campagna 005 è importante e deve avere successo
Le risorse che così si renderebbero disponibili sarebbero importanti, ma forse ancora più significativo sarebbe il segnale di inversione che si darebbe ai mitici mercati: non tutto ciò che è possibile fare Ä— anche auspicabile. E soprattuto si comincerebbe finalmente a far pagare i più ricchi. Quelli che hanno goduto di regimi fiscali che tolleravano quelle stesse speculazioni che hanno poi fatto scoppiare la bolla finanziaria che ha anticipato quella drammatica crisi economica che oggi, al contrario, morde di più proprio chi non ha mai goduto di quei benefici.
Francesco Ferrante