Spendere svariati miliardi di soldi pubblici per la nuova Torino-Lione, come l’Italia e la Francia (con minore entusiasmo) si accingono a fare è dunque un grande, grandissimo spreco. Per l’Italia poi è uno spreco doppio. Il nostro sistema ferroviario fa acqua da tutte le parti, la gran parte dei passeggeri e delle merci viaggia su gomma con inquinamento e consumi energetici altissimi, i treni utilizzati dai pendolari sono pura archeologia industriale. Con le risorse che verranno impegnate per la Torino-Lione si potrebbe accorciare di parecchio la distanza, oggi larghissima, che separa l’Italia dei trasporti da gli altri grandi Paesi europei. E se si vuole davvero ridurre di un bel po’ l’infinita schiera di Tir che affollano i valichi alpini in direzione della Francia – obiettivo sacrosanto – c’è un’alternativa molto più rapida e a buon mercato dell’alta velocità in Val di Susa: basterebbe rendere più moderne le linee che ci sono, da Ventimiglia a Modane, e magari smetterla di sovvenzionare a pioggia l’autotrasporto come fanno tutti i governi di destra e di sinistra da cinquant’anni.
Questo argomenti di banale “buonsenso riformista” finora non hanno avuto alcuno spazio nel dibattito tra favorevoli e contrari alla Torino-Lione. Questa è diventata una guerra di religione tra No-tav duri e puri, per i quali l’alta velocità è il simbolo di tutti i mali del mondo, e Sì-tav ugualmente irriducibili, che ci vedono incarnata l’idea stessa del progresso. La prossima battaglia è in programma domani, sabato 23 marzo, davanti ai cantieri tav di Chiomonte in Val di Susa, con i centocinquanta eletti grillini che arriveranno per dare man forte al popolo anti-tav della valle.
Ma per la sinistra che si vuole riformista è un errore imperdonabile lasciare solo a Grillo la bandiera del no a questo buco nero di denaro pubblico gettato via che sarebbe la Torino-Lione. C’è da sperare che lo capiscano, sia pure in ritardo: magari cominciando da qui una vera, seria, efficace “spending review” che metta ordine nei conti pubblici e consenta di fare alcune cose veramente urgenti che servono all’Italia.