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Le linee guida del Pd sull’acqua

Acqua pubblica e gestione del servizio idrico integrato
Il Partito democratico si è opposto alle norme fatte approvare dal governo a colpi di fiducia e che spingono verso una privatizzazione forzata togliendo agli enti locali la possibilità  di decidere e portando al rischio di monopoli privati nelle mani di poche grandi aziende spesso del tutto estranee ai contesti territoriali in cui viene svolto il servizio; norme presentate sotto il titolo di obblighi comunitari quando in realtà  non c’è alcun atto comunitario o sentenza europea che imponga di forzare l’ingresso dei privati nel servizio idrico integrato.
Il Pd è contro il disegno di privatizzazione forzata imposto dal governo ed è vicino a quanti lo contrastano seguendo le diverse vie referendarie. Combattere, anche con il referendum contro la privatizzazione forzata dell’acqua è una battaglia fondata ma lo strumento referendario da solo non basta, è inadeguato sia per la scarsa efficacia dimostrata negli ultimi anni (24 referendum persi su 24 negli ultimi 15 anni per mancato quorum) sia perché sua natura abroga leggi senza definirne di nuove e più efficaci.
Il Pd vuole formulare una proposta complessiva di gestione del servizio idrico integrato con un percorso di costruzione di un progetto di legge partecipato, che coinvolga amministratori locali e cittadini e che metta al centro la risorsa acqua per sua natura pubblica, da rendere disponibile a tutti e da preservare per le future generazioni.
L’acqua, infatti, è un bene comune dell’umanità , un bene essenziale e insostituibile per la vita. L’acqua non può che essere un bene pubblico e deve essere garantita a tutti nel rispetto dei vincoli ambientali e al massimo livello di qualità , secondo principi di equità  e solidarietà  e con criteri di sostenibilità  per preservarne la qualità  e la disponibilità  per le future generazioni.
L’acqua è quindi necessariamente un bene pubblico e lo sono anche le infrastrutture del servizio idrico che vanno gestite con criteri di efficienza ed economicità  secondo logiche industriali in grado di assicurare costi sostenibili e qualità  del servizio. 
L’acqua è un bene scarso e va preservata attraverso la cura del territorio, la manutenzione dei bacini idrografici, la tutela dei corpi idrici e delle aree di salvaguardia.
L’acqua è un bene fisicamente limitato e come tale va prelevata e gestita secondo criteri efficienti, in particolare assicurando la migliore manutenzione delle reti di distribuzione, combattendo ogni forma di spreco e governando l’uso della risorsa e la sua assegnazione per i diversi usi, potabili, agricoli e industriali, garantendo l’obiettivo della sostenibilità  attraverso incentivi al risparmio idrico e il rispetto di standard di qualità .
Per il Partito democratico sono obiettivi irrinunciabili la tutela delle acque, l’accessibilità  per tutti, un uso razionale della risorsa che operi dal lato dell’offerta e non si limiti a rincorrere la domanda, l’equità  delle tariffe e la massima qualità  ed efficienza del servizio. Irrinunciabile anche l’obiettivo della copertura totale del servizio di depurazione sull’intero territorio nazionale e di una gestione sostenibile della risorsa acqua, con la riduzione quindi di dispersioni, sprechi e usi inappropriati.
Per raggiungere questi obiettivi:
         una forte regolazione pubblica, attuata da una autorità  di regolazione nazionale di cui siano compartecipi Stato e regioni, che consenta di definire standard di servizio, monitorare i risultati, applicare eventuali sanzioni e quindi incentivi qualità , efficienza e risparmio per migliorare il servizio e garantire al tempo stesso equità  e uso sostenibile della risorsa acqua
         ruolo fondamentale delle regioni e degli enti locali nelle scelte di affidamento del servizio idrico integrato nel pieno rispetto dei principi generali, degli standard di qualità , dei livelli minimi essenziali fissati
         gestione industriale del servizio idrico integrato (ossia dell’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue) anche per realizzare economie di scala, assicurare qualità  omogenea e controllabile dei servizi, garantire sicurezza degli approvvigionamenti idrici ed efficienza nella depurazione
         un quadro normativo chiaro e stabile che metta fine alla continua incertezza prodotta dai ripetuti interventi del centrodestra che riparta affidando alle regioni il compito di organizzare il servizio idrico integrato sulla base di ambiti territoriali ottimali definiti secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità  nel rispetto dell’unità  dei bacini idrografici, dell’unitarietà  della gestione e quindi del superamento delle frammentazioni, dell’adeguatezza delle dimensioni gestionali, della riduzione delle sperequazioni tra ambiti limitrofi
         tariffa come corrispettivo del servizio idrico integrato, che preveda una tariffa sociale per dare agevolazioni a determinate fasce di reddito e ai nuclei familiari numerosi e una tariffa che incentivi il risparmio idrico e scoraggi quindi i consumi elevati
         meccanismi che vincolino alla realizzazione degli investimenti necessari per il miglioramento del servizio, stimati in almeno 60 miliardi di euro con un impegno aggiuntivo per garantire lo stesso livello di servizio in ogni area del paese
Iniziamo da oggi un percorso di costruzione di un progetto di legge che si articola intorno a queste linee guida e che vogliamo elaborare con i nostri amministratori locali ed eletti, territorio per territorio, e con il sostegno dei cittadini che vorranno firmare la petizione a sostegno della nostra proposta.
 

Dossier: trivellazioni petrolio off-shore

CON BERLUSCONI PIU’ TRIVELLE NEI MARI ITALIANI.
“Escalation impressionante di attività  petrolifere in 7 regioni italiane”.

In un futuro non troppo lontano i mari che bagnano il nostro Paese potrebbero assumere una fisionomia del tutto nuova, andando a somigliare sempre più al Mar del Nord, costellato di piattaforme petrolifere.

Questo è la scenario che realisticamente si prospetta alla luce delle attività  di ricerca e estrazione petrolifera offshore che l’esecutivo Berlusconi ha autorizzato nei suoi anni di governo.

In particolare il mar Adriatico pare essere avviato ad una pesantissima petrolizzazione: è notizia di pochi settimane fa che il Tar di Lecce ha ordinato la sospensiva del decreto ministeriale su lavori preliminari per la ricerca di idrocarburi nel mare pugliese. La Regione Puglia, insieme col Comune di Fasano (Brindisi), si era associata al ricorso presentato dal Comune di Ostuni (Brindisi) contro un provvedimento del ministero dell’Ambiente sulla compatibilità  ambientale di lavori per l’estrazione di idrocarburi in favore della società  britannica Northern Petroleum.

l Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva emesso pronuncia positiva di compatibilità  ambientale nei confronti della multinazionale inglese all’inizio del 2009  ma l’opinione pubblica ne era venuta a conoscenza solo dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale N. 267 del 16 Novembre 2009. La Northern Petroleum era stata quindi autorizzata a svolgere sondaggi in mare per la ricerca di petrolio a 25 km a est di Monopoli, a sud di Bari.

Il numero delle decisioni di compatibilità  ambientale dei lavori di estrazione di petrolio come dicevamo ha avuto un’escalation impressionante negli ultimi anni: le attività  di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare sottoposti alle procedure di VIA o alla verifica di assoggettabilità  a VIA con i governi Berlusconi che hanno avuto esito positivo sono ben 16. Nel frattempo 10 procedure di VIA e 3 verifiche di assoggettabilità  a VIA sono in corso.

Proprio guardando le verifiche di assoggettabilità  a VIA concluse che, negli ultimi due anni, ovvero da quando è in carica  il Governo Berlusconi, si rimane sbalorditi dalla quantità  di progetti di ricerca di idrocarburi offshore che interessano i nostri mari. In questi casi, e sono ben nove, non è stato nemmeno necessario appunto attivare la procedura di VIA, perché la verifica di assoggettabilità  da il via libera senza la necessità  di passare per la Valutazione di impatto ambientale.

A far la parte del leone sono le aziende petrolifere straniere, Norther Petroleum, Petroceltic e la Puma Petroleum. Il mare più battuto è l’Adriatico ma non sono esclusi altri tratti del Mediterraneo: nel mare incantevole della Sardegna, al largo delle spiagge del Sinis, in un angolo di paradiso che dall’isola di Mal di Ventre corre fino alle coste di Bosa, si stanno per mettere in moto le attrezzature della Puma petroleum di alta tecnologia a caccia di gas e petrolio.

Sempre in Sardegna la Saras ha invece un permesso di prospezione nel golfo di Oristano e nelle acqua a sud dell’isola.

Occorre ricordare che la valutazione di impatto ambientale (VIA) è una procedura amministrativa strumento di supporto per l’autorità  decisionale finalizzato a individuare, descrivere e valutare gli effetti dell’attuazione o meno di un determinato progetto. Con “impatto ambientale” si intende l’insieme degli effetti causati da un evento, un’azione o un comportamento sull’ambiente nel suo complesso .L’impatto ambientale – da non confondere quindi con inquinamento o degrado – mostra quali effetti può produrre una modifica all’ambiente circostante inteso in senso lato (sociale, economico ecc.). Si cerca cioè di prevedere quali saranno i costi ed i benefici nel caso in cui si verifichino delle modifiche di uno stato di fatto. Una ricerca di idrocarburi inizia sostanzialmente da studi geologici seguiti da indagini geofisiche per individuare, su aree vaste, particolari situazioni nel sottosuolo (trappole), che possono risultare mineralizzate ad olio, a gas o ad olio e gas. Le indagini geofisiche si possono fare, oltre che in regime di permesso di prospezione, anche liberamente, invece la ricerca di nuovi giacimenti, comprendente indagini geofisiche ma soprattutto perforazioni di ricerca, si può fare solo avendo ottenuto un permesso di ricerca. La prospezione geofisica è una tecnica di indagine non distruttiva del sottosuolo, che consiste nella misurazione tramite apparecchi di alcune proprietà  fisiche del terreno che possono rivelarne la struttura, così come la presenza di oggetti sepolti.  

La  produzione petrolifera italiana è attorno ai 130.000 barili al giorno, mentre quella gassifera è di circa 17.5 miliardi di metri cubi. Il picco di produzione petrolifera in Italia è stato raggiunto nel 1997, e la velocità  di esaurimento corrente è del 3,1%. La produzione nazionale rappresenta circa il 7% del nostro consumo totale di petrolio, il rimanente 93% è pertanto importato dall’estero; la produzione italiana, infine, corrisponde all’1% della produzione mondiale, con le riserve rimanenti, circa 1 miliardo di barili, che rappresentano lo 0.1% delle riserve mondiali di greggio.

Le procedure di VIA in corso, che hanno tutte  per oggetto il permesso di ricerca, hanno,in sette casi su dieci, come azienda proponente, la Petroceltic Elsa, una  controllata al 100% dalla società  irlandese Petroceltic International PLC, e si concentrano tutte nel basso adriatico, di fronte alle coste abruzzesi e pugliesi, mentre le altre aziende interessate sono la Northern petroleum, con ricerche  nelle acque siciliane, Edison (mare di fronte all’Abruzzo e il Molise) e Consul Service(di fronte alle coste della Basilicata).
Tra le sei procedure di Via concluse tre sono di fronte alle coste dell’Emilia Romagna e contemplano  la concessione di coltivazione, ovvero la vera e propria estrazione di petrolio.
Sempre la Northern Petroleum, molto interessata invece al petrolio nei fondali antistanti la Puglia, ha in quella zona ottenuto altri tre permessi di ricerca.

Un permesso di ricerca può riguardare un’area molto vasta: ad esempio è inerente ad un’area marina di ben  127 kmq., di fronte alle coste abruzzesi quello da cui Petroceltic conta di estrarre 80 milioni di barili di greggio in 3 anni (2009-2001).

Va premesso che quando si parla di petrolio bisogna pensare alla qualità  dello stesso, il petrolio del basso Adriatico è di pessima qualità  perché bituminoso con un alto grado di idrocarburi pesanti e ricco di zolfo (praticamente simile a quello albanese che non ha portato nessuna ricchezza sul loro territorio). Il prodotto di scarto più pericoloso è l’idrogeno solforato (H2S) dagli effetti letali sulla salute umana anche a piccole dosi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità  raccomanda di non superare 0.005 parti per milione (ppm), mentre in Italia il limite massimo previsto dalla legge è pari a 30 ppm : ben 6000 volte di più. In mare addirittura non ci sono limiti in Italia.  Le attività  di perforazione e produzione di petrolio dal fondo marino contribuiscono per il 2% all’inquinamento marino. Questo 2% va sommato al 12% dovuto agli incidenti nel trasporto marittimo, si aggiunge il 33% per operazioni sulle navi relative a carico e scarico, bunkeraggio, lavaggio, scarichi di acque di sentina o perdite sistematiche, che porta al 45% l’apporto complessivo di inquinamento dovuto a perdita dalle navi. Un consistente apporto di inquinamento da petrolio, stimato al 37%, è quello che proviene da scarichi urbani e industriali, sistematici o accidentali, e perdite da raffinerie, oleodotti, depositi. Inoltre le ricadute atmosferiche di idrocarburi evaporati o parzialmente incombusti danno un apporto del 9%, sorgenti sottomarine rilasciano per trasudamento naturale un apporto del 7%.Per potere trivellare nel mare, ed altrove, le compagnie petrolifere hanno bisogno di speciali “fluidi e fanghi perforanti”per portare in superficie i detriti perforati (cutting). Quali sono le caratteristiche di tali materiali? Questi fanghi sono tossici e difficili da smaltire. Lasciano, infatti, tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame. Questi elementi pesanti sono nocivi e si bioaccumulano nei corpi del pesce che mangiamo. Date le condizioni di lavoro in mare, con condizioni spesso variabili e difficili, è lecito porsi alcune domande: quanto materiale si disperde? Chi controlla che il suddetto fango, costoso da smaltire, raccolto in vasconi appositi, non strabordi in mare? Diversi studi redatti da agenzie governative dimostrano i livelli di mercurio è molto alto nei pesci pescati vicino le piattaforme petrolifere. L’estrazione del petrolio e la sua raffinazione comportano, inoltre, un notevole dispendio di acqua, che sarà  prelevata dall’acquedotto pubblico, già  perennemente carente in estate. Queste acque contaminate dallo zolfo e metalli pesanti saranno poi reimmesse nel terreno con un rischio gravissimo di contaminazione delle falde. A tutto questo va aggiunto che con le perforazioni c’è il rischio subsidenza, che è l’abbassamento del terreno a causa delle estrazioni di idrocarburi. Questo fenomeno è qualche volta accompagnato da micro terremoti e dissesti geologici, pericolosi in zone in cui la maggior parte delle abitazioni non sono antisismiche. Il nostro paese, a causa dell’utilizzo delle fonti fossili come gas e petrolio, ha sforato di gran lunga le proprie quote di emissioni. Attualmente noi italiani paghiamo diversi milioni di euro al giorno per lo sforamento delle emissioni di Anidride Carbonica rispetto all’obiettivo previsto dal Protocollo di Kyoto. Invece di pensare ad un aumento dell’offerta e del consumo si dovrebbe pensare di attuare una logica di risparmio energetici e delle risorse. Se si consentirà  l’inserimento di piattaforme petrolifere sul mare pugliese, si avvallerà  l’ennesima operazione che avvantaggia e arricchisce poche lobby a scapito dell’impoverimento collettivo. Altro aspetto è il rischio incidenti, paragrafo spesso omesso in molti progetti. Si individuano tre tipologie di possibili incidenti:- Blow-out di gas durante la perforazione; -Blow-out con fuoriuscita di petrolio incontrollata; -Collisioni di Navi con la Piattaforma. Il rischio subsidenza del terreno,  è così noto nel nord dell’Adriatico da aver portato alla sospensione delle attività  di estrazione per lunghissimi periodi.

l Mediterraneo è già  un’immensa pattumiera marina. E’, difatti, il mare più inquinato da idrocarburi, essendo uno dei mari più solcati da petroliere che lavano le cisterne al largo, sporcando le nostre spiagge a svantaggio del turismo locale. Si spera che il governo nazionale e locale tengano conto non solo degli aspetti economici, che sono marginali considerata la bassa qualità  del petrolio sabbioso ad alto contenuto di zolfo e la difficoltà  di estrazione off-shore, ma anche delle esternalità  negative provocate da questi progetti, ossia il costo che la collettività  dovrà  sostenere per ripagare i danni causati alla salute dell’uomo,  all’agricoltura, al turismo, alla pesca, ecc.

Costi e benefici: per un Paese come L’Italia per il quale il mare rappresenta una delle attrattive turistiche fondamentali l’installazione di numerose piattaforme petrolifere, con il conseguente impatto paesaggistico e le ricadute in fatto di inquinamento da idrocarburi è logico considerare come i benefici per la collettività , per il comparto dell’industria turistica siano assolutamente nulli, mentre sarebbero altissimi i costi.

REGIONE
INTERVENTO
LOCALITA’
AZIENDA
EMILIA ROMAGNA COLTIVAZIONE ADRIATICO – RIMINI ENI
EMILIA ROMAGNA COLTIVAZIONE ADRIATICO – RAVENNA ENI
MARCHE COLTIVAZIONE ADRIATICO – ANCONA ENI
MARCHE COLTIVAZIONE ADRIATICO – PESARO ENI
ABRUZZO POZZO ESPLORATIVO ADRIATICO – FRANCAVILLA AL MARE VEGA
MOLISE POZZO ESPLORATIVO ADRIATICO -ISERNIA- CASTEL DEL GIUDICE ENI
PUGLIA PERMESSO DI RICERCA ADRIATICO – FOGGIA PETROCELTIC
PUGLIA PERMESSO DI RICERCA ADRIATICO NORTHERN PETROLEUM
CALABRIA PERMESSO DI RICERCA MAR IONIO – CROTONE PUMA PETR.
SICILIA PERMESSO DI RICERCA LARGO ISOLA DI LAMPEDUSA PUMA PETR.
SICILIA POZZO ESPLORATIVO CANALE DI SICILIA – LICATA ENI
SICILIA PERMESSO DI RICERCA CANALE DI SICILIA – RAGUSA PEAL PETR.
SICILIA PERMESSO DI RICERCA CANALE DI SICILIA – POZZALLO- RAGUSA PEAL PETR.
SARDEGNA PERMESSO DI RICERCA MAR DI SARDEGNA – CAPO MANNU (OR) PUMA PETR.
SARDEGNA PERMESSO DI PROSPEZIONE MAR DI SARDEGNA – CAPO DI SPARTIVENTO SARAS
SARDEGNA PERMESSO DI PROSPEZIONE MAR DI SARDEGNA – GOLFO ORISTANO SARAS

 

METTIAMO L’AMBIENTE NEL CUORE DEL PD

Documento dell’Associazione degli Ecologisti Democratici per il Congresso del Partito Democratico


1. Oggi l’ambiente è uno dei grandi temi del progresso e della speranza in un futuro migliore.
L’ambiente conta sempre di più nella coscienza individuale e collettiva. Vivere in un ambiente sano
rappresenta una condizione fondamentale del benessere. I cambiamenti climatici non sono più solo
una minaccia, ma una drammatica realtà : si deve cambiare rotta, per passare dall’economia
energivora allo sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile.
Per tutto questo l’ambiente deve contare altrettanto anche nell’agenda della politica. Deve essere al
centro delle proposte e dell’azione del Partito Democratico. Perché l’ambiente non è una politica tra
le altre: è un valore, un interesse generale cui ispirare tutte le scelte della politica, e rappresenta una
straordinaria opportunità  per l’economia.
Al contrario, la marginalità  delle questioni ambientali nell’agenda politica del governo, il loro peso
ancora insufficiente anche nell’azione dell’opposizione, sono il sintomo di un problema che non
investe solo la questione ambientale: nel nostro Paese sono in crisi le nozioni di ‘bene comune’, di
interesse generale, di legalità , mentre viene messa in discussione la stessa unità  nazionale. Ciò
colpisce anche l’ambiente, un interesse generale che richiede scelte coraggiose e lungimiranti.
Siamo nel pieno di una grave crisi economica globale, che si intreccia con quella climatica ed
ambientale. Per affrontare la crisi – affiancando alla difesa dei più deboli che perdono il lavoro e
delle imprese in difficoltà  la scommessa sull’innovazione e sull’economia del futuro – anche l’Italia
deve puntare sulla green economy. Una nuova economia verde capace di produrre più ricchezza con
meno consumo di energia e di materie prime, riducendo le emissioni inquinanti per salvare il clima.
Una nuova economia verde che può creare occupazione e dare competitività  alle imprese. Una
nuova economia verde che investa sulle tecnologie pulite, sull’efficienza energetica e sulle fonti
rinnovabili, sulla modernizzazione e sulla riconversione ecologica di tutti i settori produttivi, su
nuovi sistemi di mobilità  e trasporto.
E’ su questa nuova frontiera che si vince la sfida dello sviluppo sostenibile – uno sviluppo misurato
non solo dal Pil, fondato su diversi stili di vita e sui valori di una società  ecologica – e della lotta
alle povertà  e alle immense disuguaglianze che oggi segnano la vita sul pianeta.
La nuova rivoluzione industriale connessa all’economia verde può e deve innestarsi, in Italia, sulla
qualità  ambientale dei territori e sulla soft economy, sulla valorizzazione di beni di cui il nostro
Paese è ricchissimo – paesaggio, natura, cultura, agricoltura di qualità , prodotti tipici, identità 
territoriali – dando nuovo impulso al made in Italy e alla nostra industria manifatturiera.
2. Per costruire un’alternativa vincente alla destra, per dare all’Italia un futuro, serve un Partito
Democratico coraggioso e netto nei suoi sì e nei suoi no.
Sì alla green economy come risposta alla crisi economica e climatica e come motore di sviluppo,
nuova occupazione, innovazione tecnologica, nel quadro degli impegni europei “20-20-20” e degli
accordi internazionali per il clima. Nel mondo, nel 2008, per la prima volta gli investimenti in fonti
rinnovabili hanno superato quelli nei combustibili fossili: è questa la strada che dobbiamo seguire.
Nel campo delle energie rinnovabili l’Italia è ancora in ritardo rispetto ad altri paesi europei, ma
si è finalmente messa in moto: nel 2008 è stato raggiunto un record nella produzione da eolico e da
solare fotovoltaico. Bisogna ora anche sviluppare un’industria nazionale delle tecnologie per
l’efficienza energetica e le rinnovabili.
No al nucleare, pericoloso e costosissimo. Il Partito Democratico contrasterà  il tentativo del
Governo di rilanciare il nucleare di vecchia generazione, che prefigura la militarizzazione delle
aree destinate ad ospitare le centrali, ignora i poteri di enti locali e Regioni, e scarica i costi
ambientali ed economici di questa scelta anacronistica e insensata sui cittadini.
Sì all’edilizia di qualità , al risparmio energetico, alla sicurezza antisismica, alla mobilità 
sostenibile. Il credito di imposta del 55% per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio
deve divenire permanente e va esteso alla sicurezza antisismica. Va avviato un piano di
investimenti per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici pubblici . Si deve incentivare il
trasporto pubblico. Nelle politiche per i rifiuti si devono adottare misure per ridurne la produzione,
aumentare la raccolta differenziata puntando sul“porta a porta” per raggiungere l’obiettivo del
65%, realizzare gli impianti necessari per il trattamento, lo smaltimento, il recupero di materia e
di energia.
Sì alla tutela e alla piena valorizzazione del paesaggio. Occorre proteggere la grande
biodiversità  del nostro patrimonio naturale, le coste e il mare, i parchi, impareggiabili ricchezze
culturali, identitarie, economiche.
No all’abusivismo edilizio e al consumo illimitato di territorio. Occorre mettere un argine al
crescente consumo del suolo, con regole chiare per la pianificazione urbanistica ed il buongoverno
del territorio, orientando le trasformazioni urbanistiche e territoriali al recupero dei centri storici
e alla riqualificazione delle aree dismesse e degradate e delle periferie urbane.
Si alle opere utili. La più grande opera pubblica necessaria al nostro Paese è la messa in
sicurezza del territorio minacciato dal dissesto idrogeologico, insieme alla modernizzazione delle
reti ambientali ed energetiche: acquedotti, reti fognarie, depurazione. E’ necessario ripristinare i
fondi per le infrastrutture a livello nazionale e consentire agli enti locali di aprire subito i cantieri
per piccole e medie opere di riqualificazione del territorio e delle città , per la manutenzione di
scuole, ferrovie e strade.
No alle illegalità . Il Partito Democratico deve battersi ovunque con forza contro tutte le illegalità :
dalla criminalità  organizzata alle ecomafie (la cui pericolosità  è confermata dalla vicenda delle
“navi dei veleni”), fino alla criminalità  quotidiana che semina insicurezza soprattutto tra i più
deboli. Il Partito Democratico deve essere rigoroso ed intransigente sulla questione morale,
battersi sempre e dovunque per una politica trasparente e responsabile , e deve dare più spazio a
chi nella politica mette passione e competenza e chiudere le sue porte ai disonesti e agli affaristi.
Sì a buone politiche per la scuola, la cultura, la ricerca. Tagliare le risorse per la scuola e la
cultura, come sta facendo la destra, mette una pesante ipoteca sul futuro. C’è bisogno di più
ricerca scientifica, anche per conoscere sempre meglio le dinamiche e i limiti degli equilibri
ecologici e per promuovere un uso sostenibile, non predatorio, delle risorse naturali. Serve più
scienza, una scienza che a partire da un rafforzamento del ruolo delle istituzioni scientifiche
pubbliche (università  ed enti di ricerca) persegua l’interesse generale e non il vantaggio di pochi.
Sì a una riforma fiscale che incentivi le produzioni ed i comportamenti ecologici, alleggerisca il
prelievo su lavoro e imprese, scoraggi lo spreco di materie prime e le produzioni più inquinanti. Sì
ai bilanci ambientali ed agli acquisti verdi da parte delle pubbliche amministrazioni.
3. Per far vivere nella società  queste idee e queste proposte il Partito Democratico deve essere un
partito nuovo, aperto, accogliente.
Un partito che voglia davvero bene all’Italia e sia in grado di dare voce alle energie migliori del
paese: le mille economie territoriali che danno forza al made in Italy, le piccole e medie imprese che
ne sono il fulcro, le eccellenze nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnologica, i tesori di
arte, natura e di cultura del Bel Paese, il volontariato al quale milioni di cittadini regalano ogni
giorno un po’ del loro tempo.
Il PD ha già  al suo interno tante energie espressione dell’ambientalismo italiano. Deve oggi, con
ancora maggior forza, dare voce e rappresentanza alle ragioni di un moderno ambientalismo
riformista – anche riconoscendo sia nel proprio statuto che in ogni territorio l’Associazione degli
Ecologisti Democratici come strumento utile alla costruzione ed al radicamento territoriale del
partito.
Il PD può e deve porsi l’obiettivo di essere la più grande forza ecologista italiana ed europea.
Così sarà  più forte e credibile nel candidarsi a governare l’Italia.

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